Lettera al Direttore.
Farmacista Ospedaliero: dove sei?

Roberto Langella, Francesca Decannas, Mariagiovanna Del Pizzo

Area Giovani SIFO

Una categoria coesa, che tuteli i diritti degli specializzandi e che ne valorizzi le proprie funzioni;

Percorsi formativi omogenei tra le Università italiane;

Tutor che riescano a dedicare tempo e risorse e che concepiscano la formazione come un percorso di crescita bidirezionale.

Inizialmente avevamo pensato di scrivere un articolo che trattasse questi temi e riassumesse gli ultimi passaggi normativi riguardanti le Scuole di Specializzazione. Siamo convinti che le SSFO rappresentino il pilastro portante su cui si fonda la professione del Farmacista Ospedaliero e l’esperienza ci ha insegnato che per (cercare di) risolvere i problemi degli specializzandi è importante mantenere alto il livello d’attenzione su questo tema. Poi, dopo aver letto i commenti all’articolo pubblicato lo scorso 29 maggio sul blog di Concita De Gregorio (http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2018/05/29/1se-lavorare-in-ospedale-e-cosi-difficile/) abbiamo deciso di cambiare il contenuto del nostro contributo sul Bollettino SIFO. L’articolo in questione è una lettera aperta scritta da due colleghe specializzande, la Dr.ssa Giannina Sanna e la Dr.ssa Mariassunta Miscio, dal titolo “Se lavorare in ospedale è così difficile”. La lettera in sé è diretta e spiega in modo chiaro e conciso la realtà vissuta dagli specializzandi in Farmacia Ospedaliera ad un pubblico “estraneo” al nostro settore, affrontando la mancanza di contratti di formazione e le relative ripercussioni sulla qualità del percorso formativo. Dalla riforma del 2015, è la prima volta che i problemi dei nostri specializzandi vengono citati su uno spazio informativo nazionale come quello di laRepubblica.it. Un plauso va fatto alle due colleghe e alla ReNaSFO (Rete Nazionale degli Specializzandi in Farmacia Ospedaliera) per questa iniziativa: hanno dato grande risonanza al tema e hanno dimostrato cosa può emergere quando la questione dei nostri specializzandi viene esposta all’opinione pubblica. Per comprendere il nostro discorso, invitiamo innanzitutto a leggere l’articolo e i commenti del pubblico scritti in calce.

Per semplicità, riportiamo due commenti molto esplicativi:

1. […] Fammi capire, tu, farmacista, vorresti mettere il placet finale alla prescrizione che io, medico, faccio al paziente, in base alla mia diagnosi e al mio percorso di cura?! Io lavoro in Inghilterra da anni, il farmacista del mio ospedale non mette la bocca sulle mie prescrizioni, al massimo un paio di volte è successo che facesse presente che le scorte di tal farmaco erano finite e mi dava l’alternativa. Scusa ma gli obiettivi dei due percorsi di studi, medicina e farmacia, sono totalmente differenti, e portano a due mestieri molto diversi tra di loro. A ognuno il suo. (…) Non è mai successo che il farmacista dell’ospedale in cui attualmente lavoro giudicasse opportuna o no una mia prescrizione. E sinceramente non vedo perché lo debba fare. Una prescrizione farmacologica è solo la punta dell’iceberg di un percorso diagnostico-terapeutico per il quale il farmacista non è formato perché ha studiato altro. […]

2. Ci mancherebbe ancora avere il Farmacista di reparto. La responsabilità GLOBALE per la terapia dei pazienti è del Medico, e SOLO di questo professionista. Il Farmacista ha importanti funzioni per l’approvvigionamento dei farmaci, l’economicità della gestione, il rispetto delle leggi sulla conservazione e smaltimento dei farmaci, etc. Ma certo NON sulla terapia. Poi, naturalmente, se il Medico responsabile lo richiede, può svolgere una preziosa funzione CONSULTIVA riguardo alle sue competenze. Per il resto, i due lavori sono chiaramente separati. Per essere franco, se qualche Farmacista aspira ad avere status e retribuzione da Medico, non si capisce perché non si sia laureato in Medicina. (…) lo stipendio dei Farmacisti Ospedalieri è uno dei tanti miracoli dell’impiego pubblico e del sindacalismo (…) dopo aver dato un’occhiata ai contenuti, è facile capire che si tratta dell’ennesima marchetta dell’Università per moltiplicare i propri posti di lavoro, in quanto sarebbe ampiamente sufficiente avere un secondo biennio delle normali lauree in farmacia orientato verso la farmacia ospedaliera.

Supponiamo che tali commenti non siano dovuti solo all’analfabetismo funzionale di chi li ha scritti, ma principalmente a convinzioni radicate nell’immaginario di medici, di altri professionisti sanitari e di cittadini in generale. Sono frasi dure che, dopo una prima reazione istintiva di irritazione, ci hanno condotto ad alcune riflessioni.

Fino ad oggi, pensavamo che l’evidenza normativa (leggi, norme, regolamenti), unita al buon senso e ad una idea basilare dei diritti essenziali, fosse un supporto più che sufficiente per favorire gli appelli degli specializzandi agli occhi delle istituzioni politiche e dell’opinione pubblica. Ci sbagliavamo.

Non basta citare diritti negati per convincere i politici e le Istituzioni a finanziare i contratti di formazione. Non bastano elenchi didascalici di leggi per far inserire Farmacia Ospedaliera in decreti strategici come quello sugli Standard (il D.I. n. 402/2017 – da cui siamo stati esclusi). Non basta citare le nuove funzioni del Farmacista Ospedaliero per farle metterle nero su bianco (in legge), raggiungendo la stessa dignità professionale, contrattuale ed economica dei medici.

Perché tutto questo non basta? Perché i politici, le Istituzioni e l’opinione pubblica non ci conoscono. Non conoscono quello che i Farmacisti Ospedalieri sono diventati negli ultimi venti anni. Perché quando parliamo delle nostre attività e dei nostri “ruoli”, lo facciamo, spesso, in modo autoreferenziale. Siamo magazzinieri specializzati? Siamo utili ma non indispensabili? Abbiamo funzioni ancillari – e mai indipendenti - a quelle dei medici? Noi siamo convinti del contrario. Citando l’appello dell’EAHP: Hospital pharmacists – Show us what you can do!

Per raggiungere questi obiettivi è necessario continuare a sviluppare una capacità di narrazione sul nostro presente professionale che sia aperta, condivisa e documentata, utile a scardinare i preconcetti che limitano la nostra crescita professionale. Il prossimo Congresso Nazionale SIFO (Napoli, 29 novembre – 2 dicembre 2018), sarà un importante banco di prova: la volontà, emersa fin dal primo incontro tra il comitato scientifico ed organizzatore, è di mettere il presente dei giovani al centro del dibattito, dedicando ampio spazio al mondo delle specializzazioni, al mercato del lavoro e alle prospettive professionali ed occupazionali. Citando le parole del Dr. Adriano Vercellone, Presidente del Congresso, “l’apertura al confronto sarà la chiave di volta del Congresso di Napoli”. Auspichiamo che tale apertura restituisca una nuova visione della professione anche agli occhi degli altri professionisti, delle Istituzioni e dell’opinione pubblica.

“Mi chiedi qual è stato il mio progresso?
Ho cominciato ad essere amico di me stesso.”
(L.A. Seneca)