Il farmacista del SSN nella medicina di genere:
lo sviluppo delle nuove competenze per il terzo millennio

VALERIA PRELLA

Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera, Università di Genova

Socia SIFO Regione Liguria

In data 19 ottobre presso la Sala Sicilia della Mostra d’Oltremare di Napoli, in occasione della XLV edizione del Congresso Nazionale SIFO, si è svolta la Focus Session pomeridiana dal titolo: “Il farmacista SSN nella medicina di genere: lo sviluppo delle nuove competenze per il terzo millennio”.

I moderatori, Claudio Pisanelli, Amelia Filippelli e Andrea Angelo Nisic, hanno introdotto la sessione dando una definizione di “medicina di genere”. Essa si configurerebbe come un sotto-insieme di quella che è la medicina personalizzata, un tipo di approccio terapeutico in cui si attua una personalizzazione del processo di cura sulla base delle caratteristiche del singolo individuo, che sono uniche.

È cosa nota, infatti, che a livello inter-individuale vi siano differenze consistenti in quella che è la risposta farmacologica e farmacocinetica ai farmaci, nonché agli interventi chirurgici, quindi tanto più saranno accentuate tali differenze nella risposta terapeutica, sia per quanto riguarda l’efficacia che la sicurezza, tra sessi differenti.

A tal proposito, Filippelli cita la gender blindness o “cecità di genere”: questo concetto si può definire come un bias che deriva, tra le altre cose, dall’errato pregiudizio che alle donne non siano riconosciute alcune malattie, quando in realtà il fatto che possano avere un differente modo di manifestarle non significa assolutamente che non ne siano affette. La cecità di genere, quindi, si può tradurre anche nella mancata attenzione al genere durante le sperimentazioni cliniche.

Viene evidenziato, infatti, come si abbia una prevalenza di genere maschile nei trial clinici e come anche il fatto che i dati maschili e femminili siano presentati in modo aggregato determini inevitabilmente dei bias nei risultati, per esempio, in quella che è la determinazione della dose, che viene quindi tarata senza porre accento alle caratteristiche metaboliche e ormonali dei singoli generi.

Ancora, Filippelli sottolinea come anche le adverse drug reaction (ADR) possano avere una diversa incidenza in funzione del genere del soggetto, in particolare per alcune categorie di farmaci, come per esempio i farmaci ad azione immunologica o i vaccini: questo si giustifica perché le donne hanno una diversa risposta immunologica. Tale diversità di risposta, quindi, è di importante rilevanza anche per quella che è l’immunoterapia in ambito oncologico.

In questo senso, Nisic evidenzia come la farmacovigilanza offra l’opportunità di cogliere e studiare ulteriori differenze nella risposta ai farmaci tra i due generi, ma come anche le condizioni socio-economiche e culturali possano avere un forte impatto in quella che è l’efficacia terapeutica, nell’approccio alle cure, nonché nel riconoscimento di segni e sintomi di alcuni disturbi.

Maria Gabriella De Silvio, vicepresidente del Gruppo Italiano Salute e Genere (GISEG), nell’intervento “Medicina di genere oggi” ha fatto riferimento alla Legge 3/2018, in particolare all’articolo 3, con il quale il Ministero della Salute si è impegnato a predisporre il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio. Con l’approvazione di questa legge l’Italia si è configurata come il primo paese in Europa a formalizzare il concetto di “genere” in medicina.

Tale Piano, mediante un approccio interdisciplinare, si pone l’obiettivo di attuare dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) che tengano conto delle differenze tra i generi, anche in ambito di ricerca, promuovendo l’informazione e l’insegnamento della medicina di genere, anche inserendo specifici corsi universitari sul tema. A questo scopo, grazie alla Legge 3/2018 è stato istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità un “Osservatorio sulla Medicina di Genere” avente il fine di monitorare l’applicazione di quanto previsto dal Piano.

De Silvio sottolinea l’importanza di incrementare la consapevolezza della medicina di genere, in quanto infatti, per quanto riguarda l’infarto acuto del miocardio, le donne hanno una diversa sintomatologia rispetto all’uomo, ma i libri di testo, in taluni casi, hanno ancora dei profili di malattia costruiti sul sesso maschile, nonostante le affezioni dell’apparato cardiocircolatorio siano la causa più frequente di morte anche per le donne. Perché i programmi di prevenzione siano massimamente efficienti, è di conseguenza fondamentale attuare la corretta informazione relativamente al rischio cardiovascolare femminile.

A tal fine, sono state organizzate survey da parte di società scientifiche dedite al tema, come GISEG e ARCA, sul grado di conoscenza che hanno le donne sul rischio cardiovascolare, con l’obiettivo di incrementare l’empowerment femminile ma anche quello della popolazione in generale.

Al fine di rispettare il comma 2 dell’articolo 3, sono state inoltre predisposte delle linee di indirizzo per la stesura di protocolli di ricerca che tengano conto delle differenze di genere, in particolare relativamente ai fattori ormonali, all’immunità, e al periodo di vita in cui si trova la donna (per esempio se in periodo fertile o in menopausa); per ognuno dei fattori vengono dati dei suggerimenti su come attenzionare la differenza di genere.

Ancora, proprio con il fine di richiamare l’attenzione della popolazione sull’argomento, hanno preso piede diverse iniziative come newsletter con cadenza trimestrale a cura del GISEG, canali social, poster e congressi sul tema.

L’intervento “Aspetti sociosanitari e socioeconomici della medicina di genere” di Eugenio Di Brino, economista e ricercatore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha richiamato l’attenzione sul valore inestimabile della salute ma anche sulla scarsità di risorse del nostro SSN, che risulta suscettibile all’invecchiamento della popolazione, all’incremento delle malattie croniche e alla maggiore innovazione delle terapie, che si traduce in un maggior costo. Circa il 90% del finanziamento del SSN deriva dal gettito fiscale e il fatto che la quota di giovani in età lavorativa sia in diminuzione ha inevitabilmente un impatto negativo sulla sostenibilità del sistema. Ragion per cui sono necessarie applicazioni economiche in ambito sanitario, anche in ottica Health Technology Assesment (HTA), in grado di fare una comparazione tra i costi e le conseguenze (studi di cost of illness, costo/efficacia, di impatto sul budget); tra le tecniche applicate vi è la Quality-Adjusted Life Year (QALY), che pone in comparazione il costo della terapia rispetto all’aspettativa di vita, trascorsa con una certa qualità. Uomo e donna presentano un divario in termini di aspettativa di vita e inoltre le cause di malattia colpiscono in modo sproporzionato i due sessi; un esempio possono essere anche le sedi tumorali, colpite con differente frequenza nei due sessi. Anche i contesti socio-culturali in cui essi si trovano, ma altrettanto il reddito, risultano avere un impatto sugli anni di vita, basti pensare che in aree diverse della stessa città vi possono essere delle differenze anche di anni. La conoscenza della costituzione della popolazione territoriale, quindi, può portare a una diversa programmazione regionale; pertanto, l’applicazione della medicina di genere si rivelerebbe necessaria anche nell’ottica di ottimizzare le risorse a disposizione.

Durante la tavola rotonda “La medicina di genere oggi in Italia, prospettive per il futuro e coinvolgimento del Farmacista nell’appropriatezza di genere”, rappresentata da Adriano Cristinziano, Emma Giordani, Antonella Cingolani, Antonella Guida, Gabriele Coppa, Paola Ferrari e moderata da Walter Gatti, giornalista presso l’Ufficio Stampa SIFO, sono emersi vari spunti di riflessione, in particolare relativamente al ruolo del farmacista nell’appropriatezza di genere.
La medicina personalizzata richiede il coinvolgimento di varie professionalità e in questo contesto il farmacista si pone come punto di unione, come “soggetto scambiatore”. Con la sua stessa professionalità e conoscenza delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche associate al farmaco determina un fondamentale valore aggiunto nella personalizzazione delle terapie, nello sviluppo di PDTA e nello svolgimento dei trial clinici.

Viene ribadito, inoltre, come la medicina di genere debba necessariamente essere applicata non solo nel contesto terapeutico ma anche in quello preventivo, istituendo percorsi di prevenzione specifici in collaborazione con i medici di medicina generale (per esempio per la prevenzione di tumori alla prostata o al testicolo), e in quella che è la programmazione della spesa.

A termine della tavola rotonda viene posto il quesito se l’appropriatezza di genere sia un diritto esigibile e quali siano gli ostacoli che possono impedire un approccio positivo alla medicina di genere e si condivide che almeno tre siano i fattori che potrebbero essere coinvolti: la resistenza culturale, la mancanza di formazione sull’argomento e infine i problemi di gestione.

In conclusione, l’applicazione della medicina di genere apporta un forte beneficio terapeutico, adattandosi alle esigenze fisiologiche dei pazienti. Conseguentemente, si ottiene un incremento dell’efficacia delle cure, nonché un grande vantaggio per l’ottimizzazione dei percorsi terapeutici e della programmazione sanitaria.