Nuove frontiere per le malattie virali

Beatrice Mainero

Scuola di specializzazione in Farmacia Ospedaliera, Università di Genova

Socia SIFO Regione Liguria

Durante il XLV Congresso Nazionale SIFO, tenutosi a Napoli il 18 ottobre 2024, è stata organizzata la Focus Session “Nuove frontiere per le malattie virali” moderata da Francesca Vivaldi, Dirigente Farmacista dell’ASL Toscana Nord Ovest, e da Micaela Spatarella, Direttrice della Farmacia dell’Ospedale Cotugno.

La sessione si è aperta con una riflessione relativa all’attuale diffusione dei virus: a oggi, il 25% dei decessi a livello mondiale è imputabile a malattie infettive.

Il primo intervento è stato tenuto da Giovanni Rezza, professore straordinario di Igiene presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che ha effettuato un excursus delle epidemie nella storia, a partire da un’epidemia di Dengue ad Atene nel 1927-1928, per proseguire con l’epidemia di Chikungunya nel 2007 nella provincia di Ravenna, fino a quella laziale nel 2017.

Nel 2022 nel Sud della Francia sono stati diagnosticati 65 nuovi casi di Dengue e nel 2023 circa 80 nuovi casi in Italia.

L’Italia, nel periodo estivo, ha delle condizioni metereologiche simili a quelle tropicali; nel futuro, il cambiamento climatico influenzerà moltissimo la comparsa di queste nuove virosi: infatti, la zanzara tigre si sta espandendo in varie zone europee.

È intervenuto poi il prof. Piero Colombatto, dell’UO Epatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, con un focus sulle epatiti virali. L’epatite è causata dalla risposta del sistema immunitario, che cercando di eliminare il virus, crea un infiltrato infiammatorio nel fegato con conseguente necrosi degli epatociti.

L’epatite A ed E si trasmettono per via alimentare, causano forme acute che tendono a limitarsi e regredire spontaneamente.

Le forme croniche di epatite dovute al virus dell’epatite B, delta e HCV, necessitano di molti anni per determinare uno stato cirrotico e solo nel 30% dei casi si arriva ad una malattia grave.

Il vaccino dell’epatite B ha cambiato la storia della malattia, infatti, ad oggi, la prevalenza è decisamente ridotta.

I farmaci utilizzati per l’epatite B sono gli analoghi nucleosidici: entecavir, tenofovir alafelamide: sono altamente efficaci, inibiscono la polimerasi virale e riducono l’HBV DNA ematico. Tuttavia, tali farmaci non hanno effetto sulla molecola base del virus a livello nucleare, matrice della replicazione virale e, dunque, non influenzano la sintesi delle proteine. È fondamentale trattare l’infezione precocemente, i farmaci non garantiscono la guarigione, ma permettono al sistema immunitario di controllare l’infezione.

La nuova frontiera farmacologica riguarderà gli anticorpi monoclonali, che catturando HBsAg, sono capaci di riattivare la risposta immunitaria tramite i macrofagi.

Per quanto riguarda l’epatite delta, è un virus a RNA che necessita del virus dell’epatite B per circolare nel sangue ed infettare nuove cellule. I soggetti HBV portatori, in assenza di malattia, raramente sono portatori di epatite delta, mentre il rischio aumenta moltissimo in pazienti con cirrosi.

Ad oggi esiste il farmaco bulevirtide, che blocca NTCP (recettore sulla superficie dell’epatocita che consente l’ingresso del virus dell’epatite B e delta nella cellula) e l’interferone, che blocca la replicazione, ma che ha molti effetti collaterali.

Per l’epatite C ad oggi la terapia è molto efficace. Gli obiettivi OMS sono relativi alla diagnosi di almeno il 90% dei pazienti infetti da HCV entro il 2030 ed il trattamento di almeno l’80% dei malati, ma non si è così vicini al target.

In seguito, ha preso la parola Francesca Vivaldi, coordinatore della ASC infettivologia della SIFO, che ha effettuato un excursus sulla terapia per l’HIV per arrivare alle ultime novità.

Infatti, il virus è stato scoperto nel 1983, il primo farmaco a essere commercializzato nel 1987 per tale patologia è stata la zidovudina, che aveva una soppressione virologica limitata.

La svolta è arrivata con la terapia di combinazione antiretrovirale a 3 farmaci, grazie all’introduzione in commercio della classe degli inibitori della proteasi. All’epoca i pazienti dovevano assumere molte compresse nella giornata, l’evoluzione successiva è stata il single tablet regimen, una sola compressa al giorno. Man mano sono entrati in commercio nuovi farmaci come gli inibitori dell’integrasi.

Fino ad arrivare all’attualità: la maggior parte dei pazienti assume l’inibitore dell’integrasi, il rapporto OsMed dimostra come più dell’80% della spesa degli anti-retrovirali sia allocata in regimi single tablet; è stato raggiunto il target del 95% di soppressione definito dall’OMS.

Ad oggi, l’aspettativa di vita è aumentata; ci si auspica di arrivare a una terapia efficace per tutti, anche per coloro i quali hanno delle resistenze, con meno effetti collaterali (per donne in gravidanza o bambini) e con nuove modalità di delivery al fine di migliorare aderenza e qualità della vita dei pazienti.

Infatti, ad oggi esistono farmaci long-acting: cabotegravir e rilpivirina (im ogni due mesi) per paziente soppresso e lenacapavir (sc ogni 6 mesi) per paziente non soppresso.

Inoltre, sempre per pazienti che stentano ad avere un regime efficace, è da poco commercializzato il fostensavir orale, inibitore dell’attachment, contatto tra il virus e la cellula ospite.

Per quanto riguarda la popolazione pediatrica sono commercializzate formulazioni congrue, in quanto il numero di nuove infezioni non è pari a zero.

Nel futuro avremo nuovi farmaci appartenenti a vecchie classi e nuove classi di farmaci, ad esempio islatravir, un NRTTI, inibitore nucleosidico della trascrittasi inversa con azione anche sulla traslocazione, in associazione a lenacapavir, inibitore del capside, che agisce in più punti del ciclo replicativo virale.

Nelle formulazioni once a daily vi sono nuove combinazioni in studio, per esempio islatavir con doravirina per paziente soppresso, oppure bictegravir con lenacapavir. È in studio anche il cabotegravir ultra-long acting.

La nuova frontiera sarà l’auto-somministrazione.

Infine, si stanno studiando le terapie iniettive anche nella PrEP; attualmente, nei Paesi in via di sviluppo si sta già utilizzando la dapivirina come anello vaginale (1 volta al mese) o impianti con cambi annuali di TAF. Si sta studiando anche la combinazione con terapie anti-concezionali.

A proposito di PrEP è poi intervenuto Andrea Antinori, Direttore del Dipartimento Clinico dell’Istituto Spallanzani di Roma. La profilassi farmacologica prima dell’esposizione all’HIV in persone a rischio è importante in quanto è l’unico strumento che permette di ridurre l’incidenza di nuovi casi di infezioni. Nel mondo, nel 2023, 3 milioni e mezzo di persone hanno iniziato la PrEP.

Tra gli obiettivi dell’OMS: accesso a strumenti di prevenzione per ridurre l’incidenza di nuove diagnosi per il 95% delle persone a rischio; tuttavia, a oggi siamo molto lontani in tutte le aree del mondo.

Dallo studio “ITa-PrEP” è emerso che in Italia, i pazienti in trattamento sono quasi tutti uomini con scolarità elevata e occupati, in quanto, fino al 2023, in Italia la PrEP non era rimborsata dal SSN. A maggio del 2023, con Determina AIFA, è stata autorizzata la rimborsabilità della PrEP in pazienti con determinati criteri di inclusione: maggiore età, comportamenti sessuali ad alto rischio o pregressa assunzione di PEP. Si deve eseguire ogni 3 mesi un protocollo di monitoraggio con visita, test HIV e controllo delle infezioni sessualmente trasmissibili.

Ad oggi, in Italia il numero dei pazienti in PrEP, dopo l’autorizzazione alla rimborsabilità, è salito a 9.000 persone.

La PrEP è efficace se assunta regolarmente; tuttavia, vi è un problema di persistenza e aderenza. I gruppi critici sono quelli più vulnerabili come gli adolescenti, le minoranze etnico-raziali che portano con sé un problema di natura socio-economica, le donne cis-gender, le persone trans-gender e coloro che utilizzano sostanze per via endovenosa.

Le barriere sono di tipo sociale ed economico.

La popolazione femminile è quella in cui la PrEP ha funzionato meno bene, ma non per un cofattore di natura biologica quanto per un problema di aderenza. Le nuove innovazioni di PrEP long-acting potranno forse ridurre il problema: nel 2023 è stato approvato dall’EMA il cabotegravir per la PrEP ma al momento non è rimborsabile in nessun Paese europeo.

Dal punto di vista del rapporto costo-efficacia, per la PrEP per via orale è assolutamente favorevole, tuttavia, non è così per quella iniettabile.

TAKE HOME MESSAGE

Il futuro riserverà molte innovazioni sia nell’ambito farmacologico che farmaceutico, si sfrutterà l’incremento dell’efficacia e della tollerabilità delle nuove terapie per arrivare alla completa personalizzazione della terapia antivirale, anti-retrovirale e della PrEP. Sarà imprescindibile una collaborazione multidisciplinare a tutti i livelli: azienda, regione, stato e società scientifiche per crescere tutti insieme.