Il valore delle competenze del counselling alla professione del farmacista


A cura di Daniela Scala
Componente CURE SIFO;
AORN “A. Cardarelli”, Napoli



Il XXXV Congresso Nazionale SIFO si è aperto con due sessioni pre-congressuali pensate per i farmacisti del Sistema Sanitario Nazionale: uno dedicato al counselling, cioè al miglioramento dell’approccio con il paziente per imparare a relazionarsi con chi affronta la malattia quotidianamente; e l’altro all’Hospital Based HTA (Health Technology Assessment) con l’obiettivo di sviluppare un modello per il processo decisionale e di gestione delle risorse cliniche, quale parte integrante dei processi operativi dell’ospedale.
Il valore delle competenze del counselling
alla professione del farmacista
Tutor:
Daniela Scala - Area Informazione Scientifica,
Educazione e Informazione Sanitaria
Il corso è stato organizzato in maniera da garantire la massima interazione con i partecipanti, creando un setting “informale” dove i colleghi si sono potuti confrontare mettendo in gioco dinamiche che lavorano su diversi piani di apprendimento: cognitivo, emozionale ed esperienziale. Il corso si è posto l’obiettivo di stimolare i partecipanti a ragionare sull’utilità/necessità di acquisire tali competenze nella loro pratica professionale.
Il role play iniziale, che ha utilizzato un esempio tratto dalla pratica professionale, semplificato per permettere a tutti i partecipati di essere coinvolti indipendentemente dal loro background formativo e professionale, ha confermato l’alto grado di competenza tecnico scientifica del farmacista.
Il farmacista è l’esperto del farmaco e di tutte le problematiche ad esso connesse; il suo ruolo si è trasformato nel corso degli anni adeguandosi alla realtà che cambiava: da preparatore e dispensatore del farmaco, attività orientata alla gestione del prontuario, alla logistica e alla galenica tradizionale, a farmacista clinico, attività orientata alla patologia e quindi all’ottimizzazione della terapia, a farmacista clinico erogatore di pharmaceutical care, attività volta alla presa in carico della terapia del singolo paziente. Come sottolineato dalla vice presidente della SIFO, Maria Grazia Cattaneo, nel Talk Twitter, nella giornata inaugurale del XXXV Congresso, egregiamente e brillantemente condotto dalla giornalista Paola Saluzzi, il farmacista del futuro deve essere sempre più specialista e altamente competente; e allo stesso tempo deve essere capace di ascoltare il paziente e rispondere alla persona e non solo al sintomo, come puntualizzato dal presidente dell’European Association of Hospital Pharmacist (EAHP), Roberto Frontini. È necessario integrare la disease, malattia in senso biomedico, con l’illness, malattia come vissuto, esperienza personale del paziente: il counselling può essere lo strumento giusto. Ma cosa è esattamente il counselling?
Cosa si intende con il termine counselling?
I partecipanti sono stati invitati a rispondere individualmente, scrivendo la propria personale idea/definizione.
Il termine counselling non è facilmente traducibile nella nostra lingua, non significa consigliare, come spesso accade di sentire. Il termine inglese counselling deriva dal verbo to counsel che, letteralmente, significa “dare consigli”. L’aderenza stretta al significato originario ha gradualmente indotto un misconcetto sulla complessa attività che la parola counselling indica, un pregiudizio per cui nel counselling si danno consigli. Il counselling non è un intervento identificabile con la psicoterapia, ma può avere effetti profondamente terapeutici. Non è identificabile con un affettuoso sostegno, ma se manca l’empatia e il desiderio di sostenere non produce nessun effetto. Non è semplicemente un dare consigli o consulenza, è fatto di ascolto e disponibilità. Non è però nemmeno puro ascolto, ma ha bisogno di fasi direttive, di un metodo e un progetto che lo indirizzi.
E il counselling in ambito sanitario?
Secondo l’OMS il counselling è un processo che, attraverso il dialogo e l’interazione, aiuta le persone a risolvere e gestire problemi e a prendere decisioni; esso coinvolge un “cliente” e un “counsellor”: il primo è un soggetto che sente il bisogno di essere aiutato, il secondo è una persona esperta, imparziale, non legata al cliente, addestrata all’ascolto, al supporto e alla guida” (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1989).
L’idea di base è che se una persona si trova in difficoltà la miglior cosa da fare per venirle in aiuto non è quella di dare dei consigli e dirle cosa fare, quanto piuttosto di metterla in condizione di comprendere appieno la sua situazione e di gestire il suo problema da sola prendendosi la piena responsabilità delle scelte. Tale approccio parte dal presupposto rogersiano (Rogers C. La terapia centrata sul cliente. Bari: Edizioni la meridiana, 2007) che la persona abbia le risorse, emotive, affettive e cognitive necessarie per risolvere il suo problema. Compito del counsellor è di agevolare la riorganizzazione di queste risorse e di creare le condizioni per farle emergere. Alla base di un buon intervento di counselling vi è un insieme di abilità, atteggiamenti e tecniche per aiutare la persona ad aiutarsi, attraverso la relazione.
E il counselling per la professione del farmacista?
La definizione più calzante è quella, a mio avviso, riportata in uno dei libri di testo adottati dagli studenti di farmacia nella formazione universitaria di base negli USA: “It means pharmacists talking with patients and listening to them about the medications and the lifestyle modifications they are intended to take, in order to educate them about medications and lifestyle related issues and to help them get the most benefit from therapy… There are both helping and educational goals of patient counselling in pharmacy…” ( Melanie J. Rantucci. Lippincott Williams & Wilkins, 2007)
Si riconosce facilmente l’educational goal, c’è dimestichezza e familiarità con esso perché ha a che fare con la expertise tecnico-scientifica: ma questo è sufficiente? Funziona? Prendiamo ad esempio le patologie croniche: il paziente informato, che ha compreso bene le indicazioni per il trattamento è aderente? La letteratura riporta che solo un terzo dei pazienti lo è. Qui interviene l’helping goal, abilità comunicativo-relazionale alla quale il farmacista italiano non è formato nel suo corso di studi. L’helping goal ha a che fare con la capacità di costruire la fiducia, la relazione, l’alleanza terapeutica.
Come si fa? Certamente dimostrando interesse genuino (concern and care) per il paziente, attraverso il suo ascolto, la sua narrazione che permette al farmacista, così come agli altri professionisti della salute, di entrare nel suo mondo di valori, di scoprire le sue emozioni.
Il corso ha previsto un laboratorio dell’ascolto, nel quale i partecipanti divisi in due gruppi hanno sperimentato una modalità “altra” di ascoltare. Per creare l’alleanza terapeutica, per costruire la fiducia è importante acquisire la capacità di prestare ascolto al contenuto del colloquio e al flusso inespresso dei sentimenti che stanno dietro le parole. Si tratta di “ascoltare empaticamente” quanto l’altro sta dicendo, cercando la sintonia con il suo vissuto emotivo, senza confondersi con esso. L’ascolto è dato dalla capacità di comprendere una prospettiva diversa dalla propria, di considerare le caratteristiche dell’altro e i suoi attributi di ruolo, di tenere presente la prospettiva durante l’interazione.
Dopo il feedback sull’esperienza del laboratorio, il corso ha fornito alcuni spunti e riflessioni sull’utilità dell’acquisizione della abilità comunicativo-relazionali del counselling non solo nella relazione farmacista-paziente, ma anche nella relazione farmacista-farmacista e farmacista-altri professionisti della salute.
Sempre di più si parla di team multidisciplinare, di farmacista di dipartimento: anche in questo ambito trovano utile applicazione le competenze del counselling. Abbiamo assistito al passaggio da una attività centrata sul farmaco ad una orientata alla patologia/clinica per finire ad una attività centrata sul paziente individuale. È chiaro che questa trasformazione dell’attività del farmacista lo ha inevitabilmente avvicinato ai suoi interlocutori: il farmacista non resta più confinato (si spera!) nella farmacia dell’ospedale, ma si muove e va in reparto a contatto con medici, infermieri e pazienti; o ancora fa parte di un team di Cure Primarie e quindi interagisce con tutti i membri del team oppure “incontra” i pazienti nella farmacia di comunità dove fornisce oltre al farmaco anche una consulenza sulla terapia e sui comportamenti salutari da adottare.
Il corso si è concluso con la compilazione di un brevissimo questionario di gradimento. I farmacisti iscritti erano 26, la metà ha partecipato (problemi di ritardo riportati da alcuni treni non hanno consentito ad alcuni di loro di arrivare in tempo per la sessione). L’82% dei partecipanti ha valutato gli argomenti trattati molto rilevanti; il restante 18% rilevanti. La qualità educativa della sessione è risultata molto rivelante e rilevante rispettivamente per il 64% e il 36% dei rispondenti. L’utilità della sessione ha riportato gli stessi risultati (molto rilevante per il 64% e rilevante per il 36%). Tutti i partecipanti (100%) sono interessati ad un corso di approfondimento. La decisione di aver inserito questa sessione nell’ambito del XXXV Congresso SIFO ha ricevuto un punteggio medio pari a 9 in una scala da 0 a 10. Tra i commenti: “troppo breve”, “molto interessante”, “maggiore divulgazione”, “inserimento nella sessione congressuale”, “richiesta del materiale didattico e di una bibliografia ragionata”.
Il counselling per il farmacista consente di integrare la consulenza, ossia l’intervento nel quale vengono messe in gioco le competenze specifiche di un professionista (educational goal) con la relazione di aiuto ovvero, un processo nel quale un soggetto attraverso l’offerta di tempo, attenzione e rispetto, talvolta col sostegno di specifiche metodologie, aiuta un altro che è in difficoltà a ritrovare risorse e modi per condurre in modo produttivo la sua esistenza (helping goal). L’apprendimento/perfezionamento delle competenze di base del counselling permette di attuare interventi non improvvisati dal punto di vista relazionale, ma piuttosto ispirati a principi e strategie centrati sui bisogni e sulle richieste dei singoli, nonché sulle loro specifiche risorse e potenzialità.