La dieta chetogenica come supporto nel trattamento delle sindromi epilettiche refrattarie alle terapie farmacologiche

Valeria Sgarbi, Antonio Consiglio, Mariarosanna De Fina, Daniela Scala

Area SIFO Informazione Scientifica, Educazione e Informazione Sanitaria

Con il termine epilessia (dal greco ἐπιλαμβάνομαι ovvero “essere colto alla sprovvista”) si fa riferimento a un complesso insieme di manifestazioni neurologiche più o meno invalidanti, accomunate dalle caratteristiche di imprevedibilità e ricorrenza. Più che di epilessia, si preferisce parlare di sindromi epilettiche, data l’ampia varietà di segni e sintomi clinici con cui vengono contraddistinte e classificate.

La farmacoterapia a base di farmaci definiti antiepilettici (Anti Epileptic Drugs, AED), rappresenta la prima strategia di trattamento delle sindromi epilettiche (tra le quali sono ricomprese, per esempio, le assenze, le crisi tonico-cloniche generalizzate, il grande male epilettico, etc.). Nonostante gli AED si rivelino per la maggior parte dei casi efficaci nell’arginare il ripresentarsi di questi disturbi neurologici, approssimativamente il 30% dei pazienti si dimostra refrattario ad essi.1

Ciò rende quindi necessaria la ricerca di approcci alternativi in grado di controllare, se non addirittura estinguere, le crisi convulsive.

Tra i vari trattamenti alternativi, la dieta chetogenica (Ketogenic Diet, KD) si sta rivelando uno strumento di supporto nel trattamento di varie forme di epilessia refrattaria. Le prime osservazioni sono correlate agli studi di Hugh Conklin, un ricercatore che descrisse l’epilessia come la diretta conseguenza di un’intossicazione del Sistema Nervoso Centrale (SNC) causata da sostanze provenienti dall’intestino.2 Conklin sottopose i suoi pazienti ad una dieta a base di sola acqua (la cosiddetta Water Therapy), e notò che il digiuno comportava un effetto anticonvulsivante. Negli anni ’20 la KD, volta principalmente a replicare lo stato di digiuno nei pazienti aumentando la concentrazione ematica di corpi chetonici, cominciò a essere utilizzata soprattutto nel trattamento dell’epilessia refrattaria nei bambini, ma con l’avvento dei primi AED fu presto accantonata. Solamente intorno al 1990 riprese a riaffiorare l’interesse per questo particolare approccio terapeutico nutrizionale; al giorno d’oggi, la KD rappresenta l’extrema ratio per poter gestire le epilessie difficult-to-treat farmacoresistenti, ma anche altri disordini neurologici, come ad esempio alcuni tipi di emicrania.3

LA DIETA CHETOGENICA: CHE COS’È E QUAL È IL SUO MECCANISMO D’AZIONE

Per KD si intende una particolare tipologia di dietoterapia volta ad incrementare nell’organismo la produzione dei corpi chetonici (acetone, acido acetoacetico e acido β-idrossibutirrico), composti di natura acida normalmente presenti nel sangue in piccole quantità, e sintetizzati dall’epatocita in caso di eccesso di acetil Co-A.4

Essa è caratterizzata da una parte dall’assunzione di cospicue quantità di lipidi (generalmente acidi grassi a catena medio-lunga) e proteine, dall’altra da un ridotto introito di carboidrati, accompagnato da restrizione di liquidi e calorie; il rapporto lipidi: proteine - glucidi generalmente è pari a 4:1, ovvero per ogni 4 grammi di lipidi, si assume 1 grammo di carboidrati e proteine combinati.1

È proprio il basso contenuto di zuccheri, associato al contenuto elevato di grassi assunti con questa tipologia di dieta, ad innescare nell’organismo la formazione di corpi chetonici, impiegati, in particolar modo dall’encefalo, come principale fonte di energia, in assenza o in caso di scarsa disponibilità del primo “combustibile”, rappresentato appunto dai carboidrati.

Sebbene diversi studi abbiano dimostrato l’efficacia clinica della KD, i meccanismi che ne evidenziano gli effetti antiepilettici sono stati compresi soltanto parzialmente.5

Molte teorie sono concordi nell’affermare che il principale meccanismo con cui agisce la KD si basa su una modifica del ciclo degli acidi tricarbossilici, finalizzata all’aumento della sintesi di acido-γ-amminobutirrico (GABA) nel cervello, alla limitazione nella formazione di radicali dell’ossigeno e alla riduzione dell’apporto di glucosio a livello neuronale: in tal modo, i neuroni hanno a disposizione minor “carburante” per raggiungere la soglia epilettogena ed innescare quindi le crisi convulsive. L’iperpolarizzazione neuronale che consegue a questa serie di meccanismi stabilizzerebbe la funzionalità sinaptica ed incrementerebbe la resistenza alle crisi epilettiche a livello dell’intero encefalo.6

Molti studi clinici tentano di associare metaboliti o neurotrasmettitori/modulatori mobilitati dalla KD al successo della terapia. I corpi chetonici, come il β-idrossibutirrato (BHB), l’acetoacetato e l’acetone nel fegato hanno ricevuto la maggior attenzione come mediatori degli effetti antiepilettici, neuroprotettivi e antinfiammatori della KD.7

È noto che livelli elevati di BHB nel sangue sono correlati all’esito positivo del trattamento: questo metabolita è infatti considerato il principale effettore dei benefici terapeutici della terapia KD, dotato di effetti pleiotropici e in grado di favorire l’endocitosi a livello sinaptico.8 Nei neuroni, il BHB può competere con il glucosio per la generazione di energia, inibendo il flusso glicolitico a monte della piruvato chinasi. I prodotti della KD possono quindi attivare il metabolismo ossidativo dei chetoni nel cervello, migliorando anche la capacità di produrre aminoacidi come l’acido-γ-aminobutirrico (GABA), un noto neurotrasmettitore di natura inibitoria.7

Oltre a dimostrare un effetto anticonvulsivante tecnicamente di tipo indiretto, il BHB può anche agire in via diretta fungendo da ligando endogeno del recettore 2 dell’acido idrossil-carbossilico (HCA2). L’attivazione di HCA2 su un sottoinsieme di macrofagi induce un fenotipo neuroprotettivo, mentre l’ablazione genetica di HCA2 è connessa a un’abolizione della neuroprotezione indotta da BHB in un modello di ictus murino.8

Analogamente, un aumento della colecistochinina-8 (CCK-8), un peptide con proprietà antiepilettiche, e una diminuzione della leptina sono associate alla soppressione delle convulsioni nei pazienti con epilessia refrattaria. A livello aminoacidico, è stato riscontrato che i cambiamenti nella lisina (Lys) e nell’arginina (Arg) del liquido cerebrospinale sono associati a una riduzione delle crisi in più del 50% dei casi in uno studio condotto su 60 bambini.9

A livello genomico, i polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) possono essere utilizzati per associare diverse varianti geniche al successo o meno del trattamento: difatti, varianti in due proteine geniche, ovvero Potassium Voltage-Gated Channel Subfamily J Member 11 (KCNJ11) e B-cell lymphoma 2 (Bcl-2), che corrispondono a due principali regolatori metabolici, non prevedono la risposta alla terapia con KD.10

DIETA CHETOGENICA: I NUTRIENTI CHE LA COMPONGONO

Acidi grassi a catena media

I trigliceridi a catena media (medium-chain triglycerides, MCT) sono comunemente usati per il trattamento dell’epilessia refrattaria durante l’infanzia. È importante sottolineare che una varietà di acidi grassi a catena media, selezionati singolarmente e confrontati ciascuno con acido valproico, un antiepilettico convenzionale, hanno mostrato tossicità ridotta rispetto a quest’ultimo in uno studio in vitro e in saggi in vivo.11

Gli MCT, come l’acido eptanoico, l’acido ottanoico o l’acido decanoico, esercitano effetti anti-convulsivanti pleiotropici, e sono stati pertanto considerati come componenti aggiuntivi della KD. L’acido eptanoico può fornire al ciclo degli acidi tricarbossilici sia l’acetil-CoA, necessario per la produzione di energia, sia il propionil-CoA, per reintegrare il ciclo stesso.12

Si ritiene quindi che gli MCT modulino il metabolismo degli astrociti fornendo lattato e chetoni come combustibile per i neuroni vicini attraverso il sistema gliale/neuronale; essi hanno anche dimostrato di influenzare il metabolismo degli aminoacidi, innescando un aumento del triptofano nel cervello, a cui si associa una ridotta eccitabilità dell’ippocampo.8;12

Infine, un recente studio di Chang e colleghi ha identificato un nuovo meccanismo attraverso cui l’acido decanoico riduce direttamente l’eccitabilità neuronale, inibendo l’attività del recettore ionotropico AMPA del glutammato; in particolare, è stato dimostrato che esso agisce come un antagonista non competitivo del recettore AMPA, e pertanto in grado di interagire con un sito di legame diverso da quello di un altro AED, il perampanel. L’acido decanoico determina, inoltre, un aumento della trascrizione dei geni correlati al metabolismo degli acidi grassi, e al contempo una riduzione della regolazione dei geni coinvolti nel metabolismo del glucosio.13 Questi risultati suggeriscono l’esistenza di un potente meccanismo anticonvulsivante delle diete chetogeniche a base di MCT, che fa leva sull’inibizione diretta della neurotrasmissione eccitatoria, mediata in primis dall’azione dell’acido decanoico.

Acidi grassi polinsaturi

Componenti classici della KD consistono principalmente in trigliceridi saturi a catena lunga, ma anche gli acidi grassi polinsaturi (polyunsatured fat acids, PUFA) possono ridurre l’eccitazione neuronale e fornire neuroprotezione. Essi inducono l’apertura dei canali del potassio a livello neuronale attraverso un sito di legame specifico per i PUFA appena identificato, quando il canale si trova nello stato aperto.8 Tuttavia, un recente studio ha evidenziato come una dieta ricca di PUFA, o una KD integrata con PUFA, non ha ridotto le crisi ricorrenti spontanee in un modello di epilettogenesi murino indotto dall’acido kainico rispetto alla dieta di controllo o alla classica KD.14

Ridotto apporto di proteine

Va tenuto presente che un rigoroso regime KD limita non solo la fornitura di carboidrati, ma anche di proteine. È dimostrato che la stessa restrizione proteica ha comportato l’aumento della produzione del fattore 21 di crescita dei fibroblasti (FGF21) del segnale endocrino nel fegato. L’FGF21, a sua volta, può aumentare l’assorbimento del glucosio da parte degli adipociti, riducendone i livelli ematici, un ulteriore effetto benefico che potrebbe essere attribuibile al basso contenuto di proteine in alcune KD.8

La Tabella 1 riassume gli effetti dei vari componenti della KD sull’organismo e sull’attività neuronale.




MECCANISMI DISEASE MODIFYING E MECCANISMI EPIGENETICI DELLA DIETA CHETOGENICA

Una serie di dati recenti suggerisce che la terapia con KD eserciti effetti in grado di modificare il decorso dell’epilessia, e potrebbero essere coinvolti meccanismi epigenetici. Sorprendentemente, si è scoperto che la terapia con KD pospone la progressione della malattia, ritarda l’insorgenza di gravi convulsioni e aumenta la durata della vita in un modello murino di epilessia progressiva. Nello studio condotto da Simeone e collaboratori è stato evidenziato come un aumento predominante della metilazione del DNA risultasse associato all’epilessia cronica nel ratto, e che la terapia con KD, riducendo la metilazione del DNA tramite cambiamenti nell’espressione genica, fosse in grado di attenuare la progressione delle convulsioni.15

Uno studio successivo condotto dal Lusardi e colleghi16 ha dimostrato come una terapia transitoria con KD fosse in grado di ripristinare i livelli normali di adenosina e i livelli globali di DNA metilati nei ratti epilettici, nei quali altrimenti sarebbe risultata carenza di adenosina ed iper-metilazione. In particolare, la terapia transitoria con KD è stata effettivamente in grado di ridurre l’attività convulsiva a lungo termine. Poiché la terapia con KD determina accrescimento dei livelli di adenosina, e poiché quest’ultima blocca la metilazione del DNA, è probabile che essa eserciti i suoi effetti modificanti la malattia attraverso un meccanismo epigenetico dipendente proprio dall’adenosina.8

STUDI A FAVORE DELLA DIETA CHETOGENICA

Nello studio condotto da Lambrecht e collaboratori sono stati reclutati 15 pazienti (7 uomini e 8 donne) con un’età media di ventotto anni (range 18-41). La frequenza delle convulsioni su un range di base tra 4 e 128 crisi al mese per i pazienti reclutati presentava una media di 27,6 crisi al mese, e molti di essi soffrivano di crisi parziali complesse o secondarie generalizzate.1 Prima dell’inizio della dieta, erano stati utilizzati circa 8 AED, e due pazienti erano stati trattati con stimolazione del nervo vago. A dieta iniziata, sono stati mantenuti in terapia tra i due e i tre AED. Undici pazienti (74%) sono stati trattati con KD a MCT, due (13%) sono stati trattati con KD classica e altri due (13%) con entrambe le tipologie di dieta. In questi ultimi è stato necessario switchare dalla KD a base di MCT alla KD classica a causa di problemi gastrointestinali. Quattro pazienti (26,6%) hanno ottenuto una riduzione delle crisi superiore al 50% dopo solo un mese di trattamento. A quattro e a sei mesi dal trattamento, un paziente ha ottenuto una riduzione delle crisi del 50-90% mentre, a dodici mesi dal trattamento, due pazienti hanno ottenuto una riduzione della frequenza delle crisi dal 50 al 90%. A sei mesi dal trattamento, cinque pazienti hanno mostrato un aumento della frequenza delle crisi e, di questi, due hanno interrotto la terapia precocemente; negli altri tre, la riduzione della frequenza delle crisi è stata evidenziata oltre i sei mesi. Per i cinque pazienti che hanno continuato la dieta fino ai dodici mesi, si è riscontrata una significativa riduzione delle crisi rispetto al baseline e, di questi, due hanno ottenuto una riduzione delle crisi dal 50 al 90%, mentre tre pazienti una riduzione inferiore al 50%.

Durante tutto il periodo di trattamento (corrispondente ad un anno e mezzo) non sono stati riscontrati cambiamenti significativi nella severità delle crisi. Tra gli effetti collaterali più frequenti sono stati riscontrati problemi gastrointestinali come vomito, diarrea e costipazione in due pazienti su tre. Il 47% ha riportato una sensazione di estrema fatica durante il trattamento, e il 60% ha perso più di 2 kg di peso. Due pazienti, inoltre, hanno riportato disordini lipidici.

In un altro studio condotto da Klein e collaboratori sono stati reclutati dodici pazienti (otto donne e quattro uomini) di età compresa fra i 24 e i 65 anni. Il trattamento è durato fino a ventisei mesi.17 Tre pazienti hanno interrotto il trattamento dopo quattro mesi per motivi psicologici correlati a scarsa efficacia clinica, mentre quattro pazienti lo hanno interrotto rispettivamente dopo sette, otto, ventiquattro e venticinque mesi a causa di una gravidanza non programmata, e per il desiderio di tornare ad una dieta normale. I pazienti attualmente in terapia sono invece cinque.

Dieci dei dodici pazienti in terapia con la KD hanno mostrato un miglioramento nel controllo delle crisi epilettiche: di questi, uno è risultato clinicamente stabile, mentre l’ultimo è andato incontro a peggioramento del quadro clinico. Per gli undici pazienti trattati per più di una settimana, la frequenza delle crisi è calata del 38,4% per i primi quattro mesi di terapia, e del 44,1% per tutta la durata della terapia. Quattro pazienti (33%) hanno ottenuto una riduzione della frequenza delle crisi maggiore del 75%, mentre per cinque di loro (42%) la riduzione è stata superiore al 50% nei primi quattro mesi di terapia, e di circa il 50% per tutta la durata del trattamento.

In tutti i soggetti in cui la riduzione della frequenza delle crisi ha raggiunto il 75%, l’efficacia si è potuta riscontrare già dopo il primo mese di trattamento.

La terapia con AED è proseguita costantemente in nove pazienti: un paziente è passato dalla terapia con quattro alla terapia con tre antiepilettici nel giro di sei mesi di terapia, mentre un altro paziente ha interrotto spontaneamente l’assunzione di entrambi gli AED con cui era in trattamento, continuando solo con la KD. Gli effetti collaterali più comuni si sono verificati a livello gastrointestinale (con comparsa di nausea, vomito, crampi e costipazione), e principalmente nella fase iniziale della terapia.

Raccomandazioni nutrizionali connesse alla KD

Preservare un adeguato apporto energetico e proteico, prediligendo alimenti ricchi di aminoacidi essenziali, per consentire un adeguato accrescimento staturo-ponderale;

Prevenire carenze vitaminiche e di oligoelementi con adeguata supplementazione;

Ottimizzare l’eccesso lipidico per ridurre i rischi cardiovascolari da dislipidemia, prediligendo alimenti ricchi di acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi.18

Effetti collaterali

Di seguito sono riportati i più comuni effetti collaterali alla KD:18

Metabolici (acidosi, scarso accrescimento staturo-ponderale, iperlipidemia, deficit vitaminico, ipoglicemia, iperuricemia).

Durante la transizione verso un regime di alimentazione KD, aumenterà il livello dei corpi chetonici nel sangue, il cui monitoraggio contribuisce a garantirne il raggiungimento di un livello terapeutico, scongiurando nel mentre il rischio di insorgenza della tipica sintomatologia da eccesso di corpi chetonici. I chetoni possono essere misurati con un prelievo di sangue o tramite un campione di urine. L’iperchetosi è definita da livelli ematici uguali o superiori a 5 mmol/l, e deve essere trattata con la somministrazione da 2 a 4 g di carboidrati. I chetoni nel sangue devono essere ricontrollati dopo 15 e 20 minuti e, se non si nota miglioramento, il trattamento dovrebbe essere ripetuto.19

Cardiaci (cardiomiopatia, sindrome QT lungo);

Gastrointestinali (nausea, vomito, stipsi, peggioramento reflusso gastroesofageo, pancreatite acuta).

Problemi gastrointestinali come vomito, nausea, diarrea e dolori addominali sono effetti collaterali comuni dovuti alla KD, tuttavia possono di solito essere alleviati modificando leggermente la dieta, o iniziandola gradualmente. Pazienti con reflusso gastroesofageo pre-esistente potrebbero incorrere in una sintomatologia aggravata da un regime ad alto contenuto di grassi, in grado di ritardare lo svuotamento gastrico. I farmaci anti-reflusso contribuiscono ad alleviare i sintomi.

La costipazione è la complicanza più comunemente segnalata, e anch’essa potrebbe essere già presente prima dell’inizio della dieta. Una somministrazione graduale della KD aiuta a ridurre il rischio di sviluppare questo tipo di eventi avversi.19

Renali (nefrolitiasi, disidratazione).

La presenza di ipercalciuria, unita al rischio di disidratazione, aumenta il rischio di sviluppare calcoli renali: questo problema può essere risolto assumendo un corretto quantitativo d’acqua giornaliero, oltre a farmaci in grado di alcalinizzare le urine.19

È importante sottolineare che il rischio di effetti collaterali è assolutamente ridotto se ci si attiene con precisione ed accuratezza al protocollo stilato, che prevede accertamenti diagnostici nella fase preparatoria per escludere gravi controindicazioni, e un monitoraggio completo di glicemia e chetonemia durante tutto il corso della dieta (ogni quattro ore e prima dei tre pasti principali in regime ospedaliero). Successivamente, a domicilio, il paziente compilerà un diario clinico su cui annoterà: comparsa di eventuali crisi epilettiche, valori di chetonuria e chetonemia giornalieri, comparsa di eventuali effetti collaterali. Il follow up clinico, che prevede l’effettuazione di esami ematochimici a cadenza mensile per i primi tre mesi, trimestrale fino a sei mesi, e successivamente ogni sei mesi, il monitoraggio dell’elettroencefalogramma e dei valori nutrizionali, il dosaggio degli AED più ulteriori accertamenti (test neuropsicologici, ecografie addome, test cardiovascolari), è eseguito fino ad un anno dall’inizio della dieta. È importante sottolineare come la somministrazione di supplementi vitaminici sia fondamentale e debba essere eseguita durante tutto il corso della terapia. È tuttavia da ricordare che molti degli effetti collaterali sopra citati sono estremamente rari, e descritti in singoli casi.18

SOSPENSIONE DEL TRATTAMENTO

La KD viene in genere somministrata per almeno due anni consecutivi in quei soggetti che si mostrano rispondenti al trattamento, e per i quali il controllo delle crisi epilettiche si dimostra efficace.

Dopo due anni liberi da crisi, è possibile la sospensione della dieta reintroducendo lentamente alimenti più ricchi di proteine e zuccheri, e monitorando dal punto di vista clinico il paziente. Esistono evidenze che dimostrano che il controllo delle crisi dopo il ritorno ad una normale dieta viene mantenuto con efficacia in quei soggetti che hanno risposto bene al trattamento.19 Il rischio di ricorrenza delle crisi dopo la sospensione è di circa il 20% (valore inferiore rispetto ai farmaci antiepilettici e alla terapia chirurgica). Solo in una minima percentuale di casi, la ricaduta non risponde al secondo trattamento con la dieta o ai comuni AED. È possibile che sia necessaria una sospensione della dieta conseguente a rifiuto della stessa da parte del paziente, o semplicemente in seguito a constatazione di una scarsa efficacia clinica; rare risultano invece le sospensioni correlate al manifestarsi di effetti collaterali, se il protocollo viene seguito scrupolosamente.18

CONCLUSIONI

Dalle evidenze scientifiche ad oggi disponibili in letteratura è stato evidenziato che la dieta chetogenica combina diversi meccanismi che insieme concorrono alla riduzione dell’eccitabilità neuronale. L’identificazione di meccanismi specifici può portare allo sviluppo di trattamenti in cui una KD rigorosa potrebbe essere sostituita da integratori alimentari contenenti le molecole responsabili dell’effetto antiepilettico. Questa ricerca è dovuta anche al fatto che spesso la dieta risulta poco palatabile ai pazienti a cui viene somministrata, pertanto l’assunzione della terapia mediante una pillola o una compressa aumenterebbe la compliance generale. L’identificazione delle proprietà modificanti la malattia tipiche della KD può offrire speranza per risultati terapeutici di lunga durata, anche in seguito all’interruzione della dieta stessa.8

La KD è una terapia altamente specifica per il trattamento di determinate patologie, tra cui l’epilessia refrattaria; va pertanto somministrata sotto stretta supervisione medica. Si contraddistingue per essere una dieta ad alto contenuto di grassi e sbilanciata di altri nutrienti. L’inizio della dietoterapia viene concordato ed effettuato in ambiente ospedaliero e, solo una volta dimostrate la sua stabilità clinica e tollerabilità, essa può essere proseguita a domicilio. Per come essa è strutturata, l’apporto di vitamine e minerali è essenzialmente ridotto: questi micronutrienti vanno quindi integrati nel regime terapeutico per non rischiare di incorrere in deficit di nutrienti essenziali e ipovitaminosi. In parallelo al supporto minerale e vitaminico, è inoltre necessario un adeguato livello di idratazione.

In conclusione, la KD si dimostra un trattamento pressoché sicuro, con parametri di efficacia favorevoli ed effetti collaterali di non frequente insorgenza, nel caso in cui venga rispettato meticolosamente il protocollo terapeutico assegnato ed il paziente risulti ben monitorato. Sebbene gli studi su soggetti adulti siano ancora limitati e condotti su campioni non significativamente numerosi, i risultati ottenuti evidenziano una discreta risposta clinica, anche se molti meccanismi e dati sull’efficacia effettiva restano ancora da approfondire.

Le reazioni avverse più frequenti includono problemi gastrointestinali, causati dall’aumento del contenuto di grassi nel regime alimentare; nei casi più gravi sono stati proprio questi eventi ad aver indotto alcuni pazienti ad interrompere il trattamento.

La terapia può essere proseguita per oltre due anni nei soggetti responder, e può essere in seguito interrotta reintroducendo gradualmente tutti i componenti di una dieta normale, garantendo comunque il mantenimento dell’efficacia terapeutica e un buon controllo delle crisi.




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