LabCare: la relazione efficace presupposto indispensabile per la professione del farmacista del futuro

Sessione pre-congressuale del XXXVIII Congresso della Società Italiana
di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO)

Antonio Consiglio,1 Barbara Andria,2 Mariarosanna De Fina,3 Sonia Parazza,4 Maria Vittoria Lacaita,4 Daniela Scala,5 Maria Ernestina Faggiano6

1Università di Roma La Sapienza, Facoltà di Medicina e Farmacia, Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera
2Area Gestione Servizio Farmaceutico di Trani ASL BAT
3Dipartimento Scienze della vita Università Magna Grecia, Catanzaro
4Dipartimento Farmaceutico Area Sud AUSL Modena
5Medicina Nucleare AORN “A. Cardarelli” Napoli
6AOU Policlinico Consorziale di Bari

Nell’era della globalizzazione, con lo sviluppo di tecnologie informatiche in grado di garantire scambi immediati di informazioni su scala planetaria e di rivoluzionare le dinamiche della Sanità, la capacità dei professionisti della salute di instaurare relazioni efficaci con i propri interlocutori ha, purtroppo, assunto col tempo un ruolo marginale e poco considerato. Una sana interazione con il paziente, però, oltre ad essere “etica”, può risultare terapeutica proprio come un valido trattamento farmacologico; interagire efficacemente con i colleghi, inoltre, risulta indispensabile per il paziente, per garantire non soltanto la sua continuità assistenziale, ma anche per preservare quella multidisciplinarietà cui oggi è chiamato a confrontarsi il farmacista. Stabilire, altresì, una rete comunicativa efficace è cruciale per realizzare alleanze terapeutiche tra gli stakeholder, necessarie a loro volta ad evitare errori e sprechi potenzialmente dannosi per il paziente, i professionisti e il Sistema Sanitario Nazionale.

Sulla base di questo scenario, si è aperto a Roma il XXXVIII Congresso della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO) con la sessione formativa pre-congressuale dal titolo “LabCare: la relazione efficace presupposto indispensabile per la professione del farmacista del futuro”, coordinato dai responsabili scientifici Daniela Scala, Farmacista Dirigente presso l’AORN A. Cardarelli di Napoli e Coordinatrice dell’Area SIFO “Informazione Scientifica, Educazione e Informazione Sanitaria”, e Maria Ernestina Faggiano, Farmacista Dirigente presso l’AOU Policlinico Consorziale di Bari e membro del consiglio direttivo di SIFO. LabCare, come si addice ai laboratori, ha previsto una parte teorica ed una interattiva nella quale i partecipanti sono stati invitati, attraverso casi clinico-terapeutici, a mettere in gioco le proprie conoscenze scientifiche e le proprie capacità professionali utilizzando strumenti tipici dell’approccio narrativo.

Il laboratorio ha permesso di approfondire aspetti apparentemente marginali che appartengono ad una sfera più prettamente umana e relazionale, con la lectio magistralis di Sandro Spinsanti, Direttore dell’Istituto Giano, che, nel ricordare che “non si può non comunicare”, come affermava lo psicologo e filosofo Paul Watzlavick nella sua opera intitolata Pragmatica della Comunicazione Umana ha dimostrato come il paziente, la sua famiglia, il caregiver e tutti gli operatori sanitari si ritrovano quotidianamente coinvolti nella fitta rete della comunicazione, sebbene con prospettive diverse.

Obiettivo principale del Laboratorio Didattico LabCare è stato quello di fornire ai partecipanti la consapevolezza che migliorare la modalità di relazionarsi con gli altri e costruire relazioni efficaci con pazienti, colleghi, altri professionisti della salute e amministrazioni è vincente e salutare per quanti lavorano nei percorsi di cura. Introdurre i concetti base di un approccio narrativo alla cura, infatti, consente al farmacista di integrare scienze mediche e scienze umane, per costruire relazioni efficaci paziente-centriche.

Perché tutto ciò avvenga, è necessario, a detta dei relatori, una doverosa una distinzione tra i concetti di informazione, comunicazione e conversazione. Un’informazione non è altro che un dato, un input di natura descrittiva che parte da un relatore ed è indirizzato ad un interlocutore o ad un pubblico in ascolto. Un flusso di informazioni scambiate fra due o più individui è alla base di un processo comunicativo: i ruoli di relatore e interlocutore si invertono più volte durante questo processo, a seconda, volta per volta, di chi parla e di chi ascolta. Ma qual è la differenza fra comunicazione e conversazione? Quest’ultima, ricorda il professore, è un’interazione verbale che prevede cooperazione tra i partecipanti. La comunicazione, invece, presuppone qualcosa di più complesso, di più profondo: qualcosa che va oltre la parola ed è al di là del tono con cui viene proferita.

Ben oltre le parole, ben oltre il linguaggio verbale: basta un movimento del corpo, un’espressione del volto, o semplicemente uno sguardo più intenso del solito a trasmettere un messaggio, che sia di speranza o di rassegnazione, a chi abbiamo di fronte a noi. Non a caso, il Prof. Spinsanti cita una scena del libro Benedizione di Kent Haruf, in cui il protagonista-paziente intuisce che non ci sarebbe stato rimedio alla sua malattia semplicemente guardando negli occhi il suo medico: “[…] diede loro un’occhiata e li invitò a sedersi. Capirono come stavano le cose guardandolo in faccia.”

Secondo Sandro Spinsanti, in un mondo in cui si prospetta come sempre più necessaria l’alleanza fra evidence-based medicine (ovvero medicina basata sulle prove) e medicina narrativa, fra pratica clinica e vissuto del malato, le preziose testimonianze dei pazienti, contenute nei cosiddetti “misery report”, devono rappresentare per tutti noi, professionisti della salute, una straordinaria fonte di crescita umana ed intellettuale. Storie di dolore, di coraggio e di tenacia non possono che arricchire l’animo di chi è pronto ad ascoltare non solo con le orecchie, ma anche con la mente e con il cuore.

Tuttavia, sia l’ascolto che la trasmissione di messaggi, verbali e non, appartengono alla complessa arte della comunicazione che, in particolar modo nel delicato mondo della Sanità, dovrebbe tendere alla massima chiarezza ed efficacia. Negli anni, sostiene il Prof. Spinsanti, il dialogo tra medico e paziente è stato perfezionato mediante l’instaurarsi di una vera e propria etica della comunicazione, grazie alla quale sono state definite delle norme mirate a disciplinare le interazioni tra chi ha il compito di curare e chi, invece, chiede di essere curato al meglio. Nell’infosfera della Sanità, dove ogni parola ha il suo peso e ogni scelta è decisiva, la privacy e la sicurezza del malato sono sempre al primo posto: per questo motivo tutti gli operatori sanitari sono tenuti a rispettare regole precise e a destreggiarsi al meglio nel mare della comunicazione, valutando cosa dire, a chi dirlo e soprattutto come dirlo.

In tal senso, e in accordo con quanto prevede l’etica della buona comunicazione, appare sempre più evidente come l’attenzione debba essere rivolta alla malattia in quanto illness, ovvero la malattia vissuta dal malato su tutti i livelli, da quello fisico a quello emozionale. Limitarsi a considerare la malattia nel senso prettamente medico-scientifico del termine, quindi solo come disease, ci impedisce di “prenderci cura” del paziente, di assisterlo in accordo con i suoi bisogni e valori. È bene ricordarsi che dietro ogni malattia c’è un essere umano che ha bisogno di essere accompagnato e di sentirsi compreso. È sempre più attuale, ci ricorda il prof. Spinsanti, l’espressione tailored medicine, ovvero “medicina su misura”, secondo cui ogni paziente è un mondo a sé, con i propri equilibri, il proprio vissuto, con le proprie aspettative e aspirazioni: in quanto tale, egli ha diritto ad un percorso assistenziale specifico, che non è fatto solo di diagnosi, terapia e controlli, ma anche di dedizione, ascolto e condivisione.

In una conferenza di consenso del giugno 2014, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) insieme con il Centro Nazionale per le Malattie Rare e Cronico-Degenerative (CNMR) ha emanato le “linee di indirizzo per la Medicina Narrativa in ambito clinico-assistenziale per la malattie rare e cronico-degenerative” definendo la narrazione “… strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura”. Quindi il medico, l’infermiere, il paziente, il caregiver e anche il farmacista. In SIFO oggi, non a caso, si parla di Farmacia Narrativa, termine utilizzato per la pubblicazione di una prima esperienza “narrativa” che ha raccolto e analizzato la narrazione dei farmacisti strutturati e degli specializzandi sul ruolo del farmacista in rapporto con i pazienti, i colleghi e gli altri professionisti della salute (M.E. Faggiano, D. Scala “Farmacia Narrativa”: la narrazione come strumento per riscoprire e ridefinire la professione del farmacista del SSN. GIFC 2016; 30(4) :190-8). Il termine Farmacia Narrativa permette di ripensare alla narrazione come strumento utile non solo per l’incontro tra medico e paziente, ma anche per il farmacista che, al fianco del medico, assume un ruolo fondamentale per il paziente come professionista di riferimento per quanto attiene la terapia a tutto tondo.

Il documento dell’ISS e del CNMR sottolinea che “il professionista che utilizza la Medicina Narrativa deve avere specifiche competenze comunicative e relazionali”; questo perché la narrazione non deve essere scambiata per un sfogo ma necessita di un metodo e un progetto che la indirizzi. Per questo motivo, la SIFO sta promuovendo l’approccio narrativo attraverso eventi formativi, come questo, la rubrica “Medical Humanities” sul Bollettino SIFO, e seminari sul counselling agli specializzandi in Farmacia Ospedaliera. Questi ultimi fondamentali sia, per soddisfare il requisito fondamentale riportato nelle linee di indirizzo dell’ISS e del CNMR, sia per ottemperare al decreto interministeriale del febbraio 2015 sul riassetto delle scuole di specializzazione in ambito sanitario che riconosce tra le attività professionalizzanti obbligatorie per la Farmacia Ospedaliera 50 ore di counselling al paziente per i farmaci erogati in distribuzione diretta.

La voglia di mettersi in gioco in un ambito ancora poco familiare al farmacista, è stata soddisfatta nel corso di questa sessione pre-congressuale, a cui hanno partecipato 20 colleghi, e nella quale il pubblico ha partecipato alla realizzazione di due “simulate”, di situazioni, cioè, che accadono durante l’attività routinaria nei nostri servizi di farmacia.

La simulazione è una tecnica basata sulla riproduzione virtuale di situazioni reali o la realizzazione di situazioni potenzialmente tali. Il suo impiego risale all’inizio del ‘900 in aviazione con l’invenzione dei primi simulatori di volo in risposta alla necessità di misurarsi con potenziali situazioni di emergenza del mondo reale altrimenti non sperimentabili o in condizioni di assenza di rischio. Negli anni ’80, di seguito all’intuizione di un anestesista-pilota americano, David Gaba, la simulazione è stata introdotta nella formazione in ambito sanitario. Obiettivo primario della simulazione in ambito sanitario è la “sicurezza” del paziente e la necessità di creare uno standard qualitativo assistenziale dominato dalla “cultura della sicurezza” attraverso il miglioramento delle abilità operative tecniche e delle capacità comunicative e relazionali, le cosiddette “non technical skills” degli operatori sanitari. Attraverso l’uso di un setting clinico simulato vengono ricreate realisticamente delle situazioni cliniche (scenari). Le abilità di gestione della situazione vengono successivamente discusse in una sessione di debriefing. Sono stati realizzati due scenari a partire da un caso clinico relativo ad una paziente coinfettata da HIV-HCV, con storia di tossicodipendenza e altri problemi correlati alla mole di farmaci che è costretta ad assumere. Uno scenario era relativo al rapporto tra il farmacista (scelto tra i partecipanti al laboratorio) il medico specialista e il provveditore (interpretati da alcuni componenti dell’Area SIFO Informazione Scientifica, Educazione e Informazione Sanitaria); il secondo al rapporto tra il farmacista, sempre scelto tra i discenti, e la paziente accompagnata da un familiare. I debriefing, dopo i due scenari, hanno messo in evidenza che la conoscenza e padronanza delle non technical skills, sono alla base della capacità di interagire efficacemente con tutti gli interlocutori del farmacista migliorando per esempio l’aderenza alla terapia e ottimizzando l’uso delle risorse economiche. L’incontro si è concluso con un dibattito finale, ricco di spunti e considerazioni circa il presente e il futuro della comunicazione in ambito sanitario. I discenti hanno espresso interesse e gradimento per il metodo didattico innovativo, incentrato su un’attività pratica fortemente interattiva seguita da debriefing, che ha consentito loro di essere più consapevoli della propria modalità di relazionarsi con pazienti, colleghi, altri professionisti della salute e amministrazioni.