Medicina Narrativa, si può fare

Paola Chesi

Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD.

Ricercatrice e coordinatrice dei programmi di formazione alla Medicina Narrativa

www.medicinanarrativa.eu

Cari colleghi care colleghe,

apriamo il nuovo anno con un contributo sulla Medicina Narrativa, che rappresenta un fondamentale strumento di conoscenza della malattia, in quanto valorizza la storia del malato; importante per promuovere una maggiore centralità del paziente nei processi di assistenza e per costruire un efficace progetto terapeutico. Raccogliere narrazioni significa costruire spazi che restituiscano voce, parola, dignità al malato, e con esse favorire la partecipazione al processo di cura. L’ascolto genera possibilità nuove, perché le persone hanno in loro stesse risorse interiori per affrontare e gestire in modo proattivo e non passivo l’esperienza di malattia: agevolare l’ascolto significa stimolare la partecipazione attiva, il cosiddetto empowerment. Questo obiettivo richiede ai professionisti della cura nuove competenze di tipo narrativo. Come acquisirle? Attraverso le Medical Humanities, cioè mediante una formazione basata sulle narrazioni, sia di finzione (romanzi, film) che non (racconti autobiografici).

La Medicina Narrativa è una disciplina che appartiene sempre più a tutti i professionisti, che operano nel mondo della Sanità, perché permette di integrare la componente dell’umanizzazione delle cure e quella relazionale alle competenze più strettamente cliniche. Questo significa sfruttare meglio le potenzialità di ogni professionista sanitario di dare cure efficaci e realmente rispondenti alle richieste di chi è curato.1

La narrazione in Sanità viene spesso considerata, soprattutto dalla comunità scientifica, come un’esperienza “alternativa” ed occasionale, mentre le sue vere potenzialità prevedono un utilizzo metodologico e non improvvisato. Richiede una pratica costante dell’ascolto, della scrittura riflessiva, dell’interpretazione e comprensione dell’esperienza dell’altro e del suo contesto di riferimento, delle sue aspettative e reali necessità, non esclusivamente e strettamente cliniche. Ci sono diversi strumenti che possono essere utilizzati a tal fine, dal diario, alla cartella parallela, al racconto strutturato, alla fiaba… ed oggi ci sono anche molti mezzi che vengono in aiuto oltre al cartaceo, come dimostrano i numerosi progetti di narrazione sul web, che hanno avuto seguito e hanno portato a significative ricadute.2

Oggi abbiamo numerosi esempi che ci dimostrano come la Medicina Narrativa possa essere praticata in tutti i contesti di cura: nelle terapie intensive, nei reparti di degenza, negli ambulatori, dal medico di famiglia, nelle RSA, anche con le persone con demenza senile, che abbiamo visto essere in grado di raccontarsi.3,4,5,6,7 Poi per ciascun contesto bisogna individuare lo strumento e la modalità giusta di approccio, a seconda delle condizioni e della tipologia di persone; può non essere sempre facile, ma con la pratica si acquisisce anche la capacità di individuare il metodo giusto.

Inoltre, non dimentichiamoci che la Medicina Narrativa è nata prima di tutto per i professionisti sanitari, ed il loro utilizzo della narrazione può certamente essere applicato in qualunque contesto, indipendentemente che si raccolgano storie anche dalle persone in cura, perché la cartella parallela già da sola può fare moltissimo per gli operatori, li aiuta a comprendere meglio il senso della propria professione, a riscoprire/rafforzare le loro motivazioni, a lavorare meglio in équipe, fino a riorganizzare un reparto. La vera competenza da acquisire è la capacità di utilizzare la Medicina Narrativa all’interno dei team, che sono sempre più e giustamente multidisciplinari. Certamente ogni operatore può avere una relazione differente con i pazienti a seconda del suo ruolo specifico, ma l’ascolto, la comprensione, l’interpretazione dell’altro appartengono a tutti ed è proprio il confronto dalle esperienze di ciascuno che porta alla competenza narrativa. In uno scenario di settorializzazioni della pratica clinica quotidiana, la narrazione può essere uno strumento di unione ed integrazione delle esperienze. Per questo motivo è preferibile che i corsi di Medicina Narrativa siano multidisciplinari, perché il confronto tra i diversi professionisti sanitari è importantissimo e di utilità per tutti.2

La Medicina Narrativa può avere un ruolo importante anche nella formazione dei futuri professionisti sanitari. Hojat M. et al. hanno rilevato come già durante i corsi di laurea in Medicina gli studenti perdano la loro empatia dopo il terzo anno.8 Ovvero si perde la capacità di comprensione dell’altro prima ancora di iniziare la professione. Questo è avvenuto perché si sono fatti grandissimi ed importantissimi progressi in campo medico, ma non si è dato importanza all’aspetto relazionale e alla comunicazione, che invece sono delle componenti molto importanti nei percorsi di cura, talvolta determinanti per le scelte da prendere e nell’aderenza ai progetti terapeutici.

Negli ultimi anni però sta avvenendo una nuova inversione di tendenza ed iniziano ad essere sempre più numerose le scuole sia di Medicina che di Scienze Infermieristiche nelle quali le Medical Humanities sono state inserite nei programmi di studi. Sono per lo più Università americane o anglosassoni, dove in effetti la Medicina Narrativa è più sviluppata e si pratica da oltre 20 anni, ma anche in Italia inizia ad esserci sempre più considerazione verso il tema dell’umanizzazione delle cure. Ci sono corsi, seminari, convegni, e in qualche caso dei veri e propri programmi di formazione che vengono sempre più integrati agli studi clinici dei futuri medici, infermieri ed operatori sanitari.2 Le Medical Humanities permettono di recuperare l’integrazione tra le Scienze Mediche e quelle discipline come la letteratura, la mitologia, la filosofia, la filmografia, che hanno sempre affrontato il concetto di cura, empatia, accoglienza.9,10 Sono discipline importanti perché aiutano i futuri professionisti ad allenarsi, attraverso la riflessione, il confronto, gli esempi, i casi studio. Ma soprattutto, se inserite sin dall’inizio dei programmi di formazione, servono a far passare il messaggio che anche le capacità di ascolto, comprensione e relazione sono delle competenze da acquisire per completare la propria professionalizzazione e per curare al meglio le persone. Non resta che continuare verso questa direzione.

BIBLIOGRAFIA

1. Greenhalgh T, Hurwitz B. Narrative based medicine: why study narrative? BMJ 1999;318(7175):48-50.

2. Zannini L. Medical humanities e medicina narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2008.

3. Houston TK, Allison JJ, Sussman M, Horn W, Holt CL, Trobaugh J, Salas M, Pisu M, Cuffee YL, Larkin D, Person SD, Barton B, Kiefe CI, Hullett S. Culturally appropriate storytelling to improve blood pressure: a randomized trial. Ann Intern Med 2011;154(2):77-84.

4. Murphy JW. Primary Health Care and Narrative Medicine. Perm J 2015;19(4):90-4.

5. Garavalia L, Garavalia B, Spertus JA, Decker C. Exploring patients’ reasons for discontinuance of heart medications. J Cardiovasc Nurs 2009;24(5):371-9.

6. Bissell P, Ryan K, Morecroft C. Narratives about illness and medication: a neglected theme/new methodology within pharmacy practice research. Part I: conceptual framework. Pharm World Sci 2006;28(2):54-60.

7. Ryan K, Bissell P, Morecroft C. Narratives about illness and medication: a neglected theme/new methodology within pharmacy practice research. Part II: medication narratives in practice. Pharm World Sci 2007;29(4):353-60.

8. Hojat M, Vergare MJ, Maxwell K, Brainard G, Herrine SK, Isenberg GA, Veloski J, Gonnella JS. The devil is in the third year: a longitudinal study of erosion of empathy in medical school. Acad Med 2009;84(9):1182-91.

9. Baruch JM. Creative writing as a medical instrument. J Med Humanit 2013;34(4):459-69.

10. Charon R, Banks JT, Connelly JE, et al. Literature and medicine: contributions to clinical practice. Ann Intern Med 1995;122:599-606.