Relazioni Exchange Program 2014


Relazioni di: Chiara Alberti, Antonio Ferretti,
Francesca Francavilla, Silvia Vecchio, Sonia Venezia
SIFO/Mylan School of Pharmacy Duquesne University- UPMC Mercy Hospital Pittsburgh (PA, U.S.A.)



Chiara Alberti
Servizio di Farmacia AOUI Verona
chiara.alberti@ospedaleuniverona.it
Introduzione
Il percorso formativo presso la Mylan School of Pharmacy della Duquesne University è stato caratterizzato da lezioni frontali sui seguenti argomenti: il funzionamento e l’organizzazione del Sistema Sanitario Americano anche alla luce dell’attivazione dell’ “Affordable Care Act”, il percorso formativo universitario e post-universitario in farmacia territoriale e ospedaliera, i modelli di studio per la gestione economica sanitaria americana con particolare riferimento alla farmacoeconomia e argomenti specifici, quali l’informazione sul farmaco e l’informatizzazione, le relazioni interprofessionali e i diversi aspetti della farmacia clinica: terapia palliativa, malattie infettive, terapia intensiva, informazione sul farmaco, medicina interna. Abbiamo inoltre partecipato ad alcune lezioni insieme agli studenti di farmacia, in cui gli stessi hanno presentato i casi clinici studiati nel loro percorso formativo.
Di seguito viene riportata una sintesi dei principali argomenti affrontati.
Organizzazione sanitaria americana
Il Sistema Sanitario Americano è principalmente fondato sulle assicurazioni private: esse interessano circa il 56% della popolazione, mentre il sistema pubblico riguarda circa il 44%. Le assicurazioni private possono essere scelte e pagate individualmente o fornite dal datore di lavoro; le assicurazioni pubbliche sono le seguenti: “Medicaid” assicurazione per le persone indigenti, “Madicare” per le persone anziane (over 65 anni o under 65 ma con disabilità), “State children’s Health Insurance Program” programma di assicurazione per i bambini i cui genitori non rientrano nella soglia per accedere a Medicaid, ma che non possono permettersi economicamente un’assicurazione personale ed infine “Veteran’s affair and Indian Health Service” assicurazione per i veterani e gli indiani d’America. La maggior parte degli americani che lavorano usufruiscono delle assicurazioni fornite dal datore di lavoro (anche se la copertura assicurativa prima della riforma Obama era di tipo volontario, ossia il datore di lavoro poteva scegliere di non fornirla o il lavoratore di non accettarla); essa copre la maggior parte del premio assicurativo mentre il lavoratore paga la restante quota del premio.
Il Sistema Sanitario Americano presenta una serie di problematiche tuttora irrisolte: la mancanza di un’agenzia sanitaria centrale comporta una grande frammentazione, con conseguenti costi di amministrazione molto elevati e sono ancora molti i problemi di accesso alle cure. Queste criticità si inseriscono in uno scenario sanitario che sta evolvendo in ambito mondiale e che comporta anch’esso un forte incremento nei costi sanitari: aumento delle patologie croniche, invecchiamento della popolazione, necessità di attivare programmi di prevenzione, errori di terapia, rapido sviluppo della tecnologia.
Il programma di riforma sanitaria proposto da Obama, il cosiddetto Obama Care, che sta modificando in modo significativo l’organizzazione sanitaria americana, ha tra gli obiettivi principali quello di favorire l’accesso alla copertura assicurativa da parte di tutta la popolazione (il 15% della popolazione ossia 44 ML prima dell’Obama care non aveva copertura assicurativa e il 29% ne aveva una inadeguata) e quello di ridurre i costi sanitari lievitati negli anni. In particolare esso ha imposto l’obbligatorietà dell’assicurazione per tutta la popolazione: il datore di lavoro deve (e non solo può) fornire la copertura assicurativa ai propri dipendenti e ciascun cittadino può richiedere un finanziamento statale per coprire parte dei costi assicurativi, qualora non sia in grado di pagarli completamente e non rientri nella quota di popolazione che può accedere a Madicaid.
Per quanto riguarda i costi correlati alle ri-ospedalizzazioni, l’Obama Care prevede che le strutture ospedaliere attivino programmi di presa in carico del paziente nella post-dimissione al fine di aumentare l’efficienza degli ospedali, riducendo i costi correlati alle nuove ospedalizzazioni. In particolare, la riforma Obama prevede che le assicurazioni pubbliche non paghino più i costi di un nuovo ricovero che si verifica entro i 30 giorni da una precedente dimissione e ciò perché si presume che l’ospedale non abbia effettuato correttamente tutta la prestazione o l’adeguata presa in carico del paziente nel post-ricovero. Uno degli altri punti fondamentali della riforma sanitaria riguarda l’attivazione dei programmi di prevenzione in particolare sulla corretta alimentazione (riduzione dell’obesità e patologie ad essa strettamente correlate quali ipertensione, diabete, patologie cardiovascolari). Tuttavia, allo stato attuale, la riforma è in fase di implementazione e pertanto non è totalmente operativa.
Formazione universitaria e post-universitaria
Il percorso formativo universitario in farmacia ha una durata di 6 anni. Rispetto a quello italiano, che è maggiormente focalizzato alla formazione in chimica e in tecnologie farmaceutiche, quello degli USA è maggiormente indirizzato agli aspetti di clinica e patologia e alla formazione sul campo. Gli studenti del 5° e 6° anno, infatti, effettuano un lungo periodo di tirocinio oltre che nella farmacia territoriale anche in ospedale, affiancando i farmacisti clinici delle diverse specializzazioni, con la possibilità di partecipare attivamente al “giro visita” in reparto, potendo così valutare i casi clinici direttamente con il medico ed il farmacista. Per poter lavorare in farmacia ospedaliera come farmacista di staff è sufficiente la laurea in farmacia, mentre per poter lavorare come farmacista clinico è necessario effettuare due anni della cosiddetta Post-graduate residency (PGR1 e PGR2). Nel corso del primo anno il farmacista svolge l’attività affiancando i farmacisti clinici nelle diverse specialità, mentre nel secondo anno sceglie una specifica area ed effettua l’attività affiancando il farmacista clinico della stessa. Al termine dei due anni diventa farmacista clinico nell’area di specializzazione scelta.
Organizzazione della Farmacia ospedaliera del Mercy Hospital
Le settimane centrali del percorso formativo sono state caratterizzate dalla frequentazione della farmacia ospedaliera con particolare riferimento all’attività di farmacia clinica nelle diverse aree specialistiche.
La maggior parte dell’attività di formazione si è svolta presso il Mercy Hospital, ospedale che rientra nella rete dell’UPMC (University of Pittsburgh Medical Center), un gruppo di ospedali e servizi sanitari (ambulatori, alcune farmacie al pubblico, centri di riabilitazione) tra i più importanti della Pennsylvania. Il Mercy Hospital è un ospedale ubicato nel Centro di Pittsburgh con 450 posti letto, con numerose aree specialistiche tra cui diverse unità chirurgiche, il pronto soccorso e un centro ustioni di 2° livello.
Nella farmacia ospedaliera lavorano complessivamente 44 tecnici di farmacia e 39 farmacisti (24 di di staff e 15 clinici). L’attività si svolge 24 ore su 24, con un farmacista presente nelle ore serali e notturne per la valutazione delle terapie impostate in tali orari e per le eventuali urgenze. Tutti gli ospedali dell’UPMC sono dotati di un unico Prontuario ed un’unica Commissione Terapeutica, mentre sono presenti specifiche Commissioni ospedaliere locali per la valutazione di protocolli e linee di indirizzo. La Commissione Terapeutica si riunisce in media ogni 3 mesi e l’attività di valutazione si svolge seguendo i principi dell’ Health Technology Assessment, con la predisposizione di report sui nuovi farmaci da parte di un gruppo di lavoro apposito e con la revisione dei documenti da parte dei clinici di riferimento dell’UPMC.
L’organizzazione della farmacia ospedaliera del Mercy Hospital prevede una completa informatizzazione della prescrizione e della distribuzione in dose unitaria di tutte le terapie farmacologiche, mentre in USA, a differenza di quanto avviene in Italia e in altri Paesi Europei, la gestione dei dispositivi medici non coinvolge direttamente il farmacista ospedaliero.
La distribuzione in dose unitaria avviene attraverso la produzione di kit per singolo paziente mediante apposito sistema robotizzato. Ciò è reso possibile dal fatto che le industrie farmaceutiche, nella maggior parte dei casi, producono già il confezionamento in dose unitaria con barcode delle unità posologiche o, qualora ciò avvenga, la rete degli ospedali UPMC si rifornisce di tali farmaci monodose da una specifica officina farmaceutica. Anche le terapie infusionali sono allestite tutte in dose unitaria nella farmacia centrale.
Il sistema di prescrizione informatizzata viene aggiornato ogni mese con le modifiche decise da un comitato ad hoc.
All’interno del programma informatizzato ospedaliero Electronic Health Record System (EHR) sono presenti tutte le informazioni sul paziente: dati demografici, dati di laboratorio, test diagnostici e referti radiologici, documentazione clinica (anamnesi, diario clinico e infermieristico), programma di prescrizione informatizzata (Computerized Physician Order Entry CPOE), supporti per la decisione clinica (Clinical Decision Support CDS) che permettono di indirizzare l’appropriatezza prescrittiva riducendo gli errori di terapia (es. linee guida di riferimento, promemoria, allerte per le allergie, allerte per le interazioni farmacologiche, supporti per la definizione del corretto dosaggio), Risk Master ossia un foglio elettronico per la segnalazione degli errori o incidenti o dei mancati incidenti.
L’EHR è quindi un sistema informatizzato che permette di gestire tutte le fasi della terapia farmacologica:
logistica: acquisto, stoccaggio, visualizzazione dei dati di monitoraggio dei farmaci;
prescrizione: CPOE e supporti per la decisione clinica;
dispensazione informatizzata: ad esempio sistema robotizzato per la dispensazione, carrelli di somministrazione automatizzati, armadi di reparto o devices di allestimento;
somministrazione: doppio controllo nella fase di somministrazione mediante la lettura del codice a barre del farmaco e del braccialetto del paziente; tra i supporti informatizzati utili per la somministrazione, il servizio di farmacia del Mercy Hospital ha predisposto specifiche Librerie informatizzate che permettono di garantire la corretta infusione (velocità di infusione e dosaggio) dei farmaci infusionali somministrati attraverso le pompe cosiddette “intelligenti”;
monitoraggio delle terapie: software di allerta e supporti di decisione clinica.
Pur avendo un costo importante per l’implementazione, il mantenimento ed il ritorno degli investimenti, l’EHR permette di ottenere un’importante riduzione degli errori di terapia e dei costi ad esso correlati. Oltre al costo di attivazione, però, esistono anche altre barriere alla sua implementazione, in particolare la resistenza del personale clinico ed infermieristico e la mancanza di esperienza.
I farmacisti di staff, attraverso il programma di prescrizione informatizzata, rivedono e convalidano tutte le prescrizioni dei pazienti ricoverati prestando particolare attenzione alla patologia, eventuali allergie, dosaggi, valori della creatinina (in particolare per il dosaggio degli aminoglicosidi).
Ci è stata data l’opportunità di visitare altri due ospedali di Pittsburgh: l’Allegheny General Hospital, tra i principali di Pittsburgh, che rientra nella rete di Servizi Sanitari Allegheny (Allegheny Health Network) e lo Shadyside Hospital appartenente alla rete UPMC. Quest’ultimo presenta un’organizzazione molto simile a quella del Mercy Hospital, con la prescrizione informatizzata mediante il software previsto per gli ospedali della rete UPMC e la distribuzione in dose unitaria mediante analogo sistema robotizzato, mentre presso l’Allegheny Hospital è sempre attivo il sistema di prescrizione informatizzata, ma la distribuzione in dose unitaria viene effettuata mediante sistemi automatizzati con lettura barcode per la gestione decentralizzata dei farmaci nei reparti e non mediante sistema robotizzato centralizzato.
Attività del farmacista clinico e ruolo all’interno del team del reparto
Il farmacista clinico di reparto svolge la propria attività nell’ambito del team multidisciplinare (clinico, infermiere e farmacista). Le aree cliniche di riferimento sono: farmacoterapia, malattie infettive, nutrizione, terapia intensiva, chirurgia, trauma /centro ustioni, oncologia, pediatria, pronto soccorso, psichiatria, medicina nucleare, attività ambulatoriale.
Durante il periodo di formazione ci è stata data la possibilità di partecipare al “giro visita” quotidiano nei reparti con i farmacisti clinici specializzati nelle diverse aree e gli studenti di farmacia.
Ciascun farmacista clinico ogni giorno, prima del giro visita in reparto, analizza le schede dei pazienti mediante l’EHR. La scheda paziente permette di valutare le pregresse patologie e la storia clinica, il motivo del ricovero, i dati di laboratorio, la terapia domiciliare, le terapie giornaliere e le eventuali terapie al bisogno. Il farmacista collabora con il clinico nella scelta e nella modifica delle terapie e verifica la correttezza dei dosaggi, in particolare le modifiche posologiche degli aminoglicosidi in funzione della clearance plasmatica, le eventuali interazioni farmaco-farmaco o problematiche correlate alle allergie, le modifiche di dosaggio dell’insulina in funzione dei livelli plasmatici di glucosio o dei dosaggi del warfarin in funzione dei valori dell’INR.
Il farmacista clinico che si occupa di malattie infettive partecipa attivamente ai programmi di stewardship antibiotica verificando, mediante i valori delle MIC riportati sull’antibiogramma, l’appropriatezza prescrittiva di una lista di antibiotici e antifungini sottoposti a specifiche restrizioni definite dalla Commissione Terapeutica. Propone modifiche delle terapie qualora ravvisasse un non corretto utilizzo e per far ciò si basa sui report di resistenza agli antibiotici specifici dell’ospedale. Il farmacista ha, quindi, un ruolo molto attivo nella verifica dell’appropriatezza prescrittiva e nel cercare di limitare lo sviluppo di resistenze correlato ad un non corretto utilizzo degli antibiotici di ultima generazione. La valutazione degli antibiotici e antifungini sottoposti a restrizione può avvenire prima di iniziare il trattamento nel corso della giornata, mentre durante la notte o nel fine settimana, in assenza del farmacista clinico specializzato in malattie infettive, la terapia può essere iniziata e viene verificata a posteriori. In tal caso, qualora la scelta risultasse inappropriata, si propone lo switch ad altro antibiotico.
Durante il giro visita abbiamo potuto osservare la stretta collaborazione del team multidisciplinare la cui mission è focalizzata a garantire al paziente le terapie più appropriate e la riduzione dei possibili effetti collaterali. Abbiamo potuto partecipare anche ai meeting di reparto per la valutazione dei casi clinici più interessanti, che vengono organizzati frequentemente, a cui partecipano con un ruolo attivo i farmacisti clinici e gli studenti di farmacia.
La riconciliazione della terapia farmacologica
Nel percorso formativo ci è stata data la possibilità di comprendere anche il ruolo del farmacista ospedaliero nella riconciliazione farmacologica al momento del ricovero ed al momento della dimissione. La scelta di affidare questa tipologia di attività al farmacista o all’infermiere o al medico dipende dall’organizzazione del singolo ospedale e dalla disponibilità di personale farmacista che può svolgerlo. Nel caso del Mercy Hospital, ad esempio, tale attività viene effettuata in prima battuta dall’infermiere con revisione successiva del medico che riporta nel programma informatizzato tali informazioni; il farmacista clinico viene consultato dal medico o dall’infermiere solo successivamente e solo nel caso di particolari problematiche. Il farmacista ha comunque la possibilità di verificare le informazioni sulle terapie domiciliari del paziente, le eventuali modifiche o sospensioni attraverso il programma di prescrizione informatizzata.
In altri ospedali, l’attività viene svolta direttamente dal farmacista o dagli studenti di farmacia o tecnici farmacisti, con la supervisione del farmacista referente, in base alla disponibilità o meno di un adeguato numero di farmacisti nello specifico ospedale. Per quanto riguarda la riconciliazione al momento della dimissione, il Mercy Hospital ha un progetto non ancora attivo che vedrà il coinvolgimento del farmacista clinico, il quale con il supporto degli studenti di farmacia, effettuerà la revisione delle terapie al momento della dimissione fornendo al paziente uno specifico programma di counseling al fine di evitare possibili errori di terapia nel post-ricovero.
Farmacia di comunità e ruolo del farmacista clinico nelle attività ambulatoriali
Ci è stata data l’opportunità di visitare la farmacia territoriale e l’ambulatorio della Duquesne University (Center for Pharmacy Care), fortemente indirizzati alla formazione degli studenti e dei farmacisti che effettuano la residency: essi collaborano con i medici di medicina generale in particolare per gli aspetti di monitoraggio di alcuni parametri di laboratorio (peso, pressione arteriosa, BMI, livelli di glucosio e colesterolo) ed alcuni tipi di vaccinazione. I pazienti, che accedono all’ambulatorio generalmente ogni 3-6 mesi, vengono seguiti direttamente dai farmacisti che effettuano una revisione delle terapie del paziente, verificano i parametri di laboratorio e inviano tutte le informazioni raccolte al medico di base del paziente stesso. Il medico, quindi, in collaborazione con il farmacista che è presente alcuni giorni presso il suo ambulatorio, definisce eventuali modifiche di terapia o contatta il paziente per ulteriori approfondimenti. Abbiamo avuto la possibilità di visitare anche un poliambulatorio “ Catholic Charities”, che grazie a numerose donazioni e attività di volontariato, può fornire un servizio ambulatoriale con diversi specialisti per i pazienti che non hanno assicurazione e necessitano di cure. In tale struttura abbiamo osservato da vicino la stretta collaborazione tra medico e farmacista, in particolare per gli aspetti che riguardano il counseling sulla terapia. Il farmacista effettua un primo incontro con il paziente per la revisione della terapia farmacologica, successivamente fornisce al medico tutte le informazioni raccolte; il medico effettua la visita del paziente e poi condivide con il farmacista le eventuali modifiche della terapia. In tale servizio, che ha un importante ruolo di supporto per i cittadini ancora privi di assicurazione, il farmacista fornisce l’opportunità al paziente di ricevere terapie a costi inferiori o addirittura gratis mediante specifiche convenzioni e protocolli d’intesa con alcune catene di farmacie territoriali o ditte farmaceutiche.
Conclusioni
L’esperienza presso la Duquesne University e il Mercy Hospital ci ha permesso di osservare da vicino quale sia l’organizzazione ospedaliera americana ed il ruolo rilevante che il farmacista clinico ha nel team multidisciplinare per la valutazione delle terapie farmacologiche, sia nel paziente ricoverato che ambulatoriale.
Allo stato attuale le principali differenze rispetto alla realtà italiana riguardano sia il percorso formativo, maggiormente focalizzato alla clinica con una forte rilevanza del tirocinio pratico, sia gli aspetti di organizzazione (un numero molto più elevato di farmacisti ospedalieri in rapporto ai posti letto degli ospedali), l’avanzatissima informatizzazione e il ruolo che il farmacista clinico è riuscito a ritagliarsi nel corso degli anni. Ritengo però che tali limiti attualmente presenti in Italia (formazione, organizzazione e informatizzazione) non debbano scoraggiarci nel cercare di trasferire, laddove possibile, il ruolo del farmacista clinico, ormai così ben consolidato nella realtà americana, anche nella realtà italiana. Ritengo, quindi, che SIFO possa avere un ruolo fondamentale da questo punto di vista, sia sulla formazione universitaria sia su quella professionale.
Colgo l’occasione per ringraziare ancora la SIFO per questa importante occasione di crescita professionale che ci è stata offerta.
Antonio Ferretti
Az. Ospedaliera di Parma
antonio.ferretti@sifoweb.it
La SIFO, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie, ha bandito un concorso per i propri soci per 6 borse di studio per un progetto di formazione presso la Mylan School of Pharmacy della Duquesne University e lo UPMC-Mercy Hospital di Pittsburgh in Pennsylvania, U.S.A.
Ringrazio la S.I.F.O., tutto il Consiglio Direttivo e il Prof. Bricker, Dean Mylan School of Pharmacy, per avermi dato questa impagabile possibilità di crescita personale e professionale.
L’obiettivo del percorso formativo è quello di acquisire conoscenze della pratica del Farmacista ospedaliero nella realtà americana, attraverso la partecipazione attiva ai processi di farmacia clinica sia sul campo che frequentando lezioni specifiche a livello universitario, quindi di dimostrare l’importanza dell’implementazione di servizi ed attività di farmacia clinica volti al paziente, di implementare nozioni e competenze fondamentali per la cura del paziente e di sviluppare capacità di interazione con gli altri professionisti sanitari.
Durante il periodo di tempo presso la Mylan School of Pharmacy abbiamo potuto comprendere il percorso che uno studente esegue per raggiungere la laurea.
La formazione prevista è molto differente dal percorso universitario italiano: vi sono molte più materie professionali ed una maggiore parte applicativa pratica da svolgere sia in farmacia di comunità (l’equivalente delle nostre farmacie aperte al pubblico) sia in farmacia ospedaliera. Nei primi due anni del corso di laurea, chiamato periodo pre-professional, l’obiettivo è di fornire le conoscenze di base su chimica, fisica, biologia, microbiologia. Nei successivi quattro anni, cosiddetti professional, gli studenti, accanto alla preparazione teorica, svolgono un tirocinio pratico di 120 ore nei primi due anni e di 40 ore negli ultimi due durante tutto l’anno nelle varie attività di farmacia di comunità, farmacia ospedaliera, nei servizi di prevenzione e salute e nelle varie specialità cliniche.
Una volta raggiunto il traguardo della laurea, bisogna superare l’esame per l’abilitazione professionale, che deve essere eseguito ogni qualvolta si voglia praticare la propria professione in un altro Stato. Tale abilitazione deve essere rinnovata ogni sette anni previo il raggiungimento del totale di crediti di formazione imposti, gli equivalenti nostri ECM. Se un farmacista non ha raggiunto il totale di crediti necessari, non può essere accettato per il rinnovo dell’abilitazione e in questo caso il farmacista perde il posto di lavoro. Inoltre tale rinnovo deve essere esposto per legge in farmacia in modo che tutti possano accedere a tale informazione.
Sicuramente il tema più importante del percorso formativo americano è che in tutto questo periodo lo studente è costantemente istruito e formato a collaborare con gli altri sui colleghi e ad affrontare problemi che vengono estrapolati dalla realtà che loro quotidianamente vivono. Durante le lezioni vengono formati gruppi di lavoro su particolari argomenti, sempre teorico/pratici, dove tutti devono esporre, tramite presentazione, propri lavori o ricerche che vengono successivamente valutate sia dai colleghi che dai professori.
Con questo modus operandi gli studenti difficilmente si trovano in difficoltà e restano indietro con gli studi in quanto è proprio il continuo essere dentro la materia, lo sprone dei propri colleghi e professori che dà forza ad ognuno di loro per andare avanti e soprattutto crea passione per gli argomenti che si stanno affrontando.
A questo punto il farmacista neo-laureato può scegliere diverse strade: lavorare in industria, lavorare in ospedale come Staff-Pharmacist o lavorare in una farmacia di comunità.
Esistono altre possibilità di lavoro che in Italia non sono o autorizzate o inesistenti: es. il Farmacista può lavorare in collaborazione con gli studi medici dove il medico prescrive i farmaci e il farmacista è un consulente del farmaco.
Successivamente alla laurea, si può acquisire il titolo di Farmacista Clinico attraverso un percorso formativo universitario di ulteriori due anni. Nel primo di questi due anni si approfondiscono le competenze cliniche generalizzate, mentre nel secondo anno si approfondiscono le conoscenze nella branca specifica scelta: medicina interna, medicina d’urgenza, nutrizione, psichiatria, oncologia, malattie infettive, cardiologia, informatica, pediatria anche se dipende dalla realtà in cui ci si trova. Questo comporta che l’aspirante Farmacista Clinico è costantemente in ospedale ed è affiancato da un Farmacista Clinico tutor che spiega minuziosamente tutti gli aspetti e competenze del proprio lavoro.
È evidente che il ruolo di Farmacista Clinico implica una preparazione specifica in tale ambito, che viene già fornita durante il percorso universitario grazie a corsi dedicati (farmacoterapia nelle diverse patologie, analisi di casi clinici e predisposizione di care plans) e diverse rotazioni in farmacia, sia ospedaliera che di comunità (il 30% delle attività curriculari consiste in tirocini pratici). La formazione del Farmacista è continua, con numerosi e frequentissimi incontri e confronti: discussione di casi clinici con le altre figure professionali, lezioni tenute dai medici sulle varie patologie, lezioni tenute dai farmacisti in ambito di terapia farmacologica, tavole rotonde tematiche in cui vengono coinvolti anche gli studenti di farmacia, revisioni della letteratura.
Anche per il titolo di Farmacista Clinico vi è un riconoscimento a livello federale e deve essere rinnovato ogni sette anni.
Molti Farmacisti clinici ospedalieri sono stati inquadrati come docenti universitari e per questo è molto facile trovare dei professori davvero molto giovani, a volte meno di 30 anni, come i nostri Prof. Branden Nemecek, David Zimmerman e Anthony Guarascio, rispettivamente Internal Medicine Clinical Pharmacist e Critical Care Clinical Pharmacist e Infectious Diseases Clinical Pharmacist.
Abbiamo frequentato la farmacia ospedaliera del UPMC-Mercy Hospital, dove abbiamo potuto vedere da vicino l’organizzazione che è molto differente da quella italiana; in totale i farmacisti sono circa trenta suddivisi in Staff Pharmacist e Clinical Pharmacist. I primi molto più numerosi, poco più di venti, sono quotidianamente connessi al pc tramite il CPOE (Computerized Physician Order Entry) attraverso il quale controllano e validano tutte le terapie impostate dai medici, 24h su 24h e tutti i giorni dell’anno.
Si avvalgono di un software, Drug’s Informatic, che è in grado di fornire informazioni di sostegno ad una corretta prescrizione medica e grazie alla presenza dell’elenco dei farmaci presenti nel prontuario ospedaliero, eseguono un controllo automatico delle interazioni fra farmaci e della compatibilità della prescrizione con alcuni elementi chiave del percorso clinico del paziente (es. diagnosi, allergie, esami diagnostici, ecc.).
La farmacia ospedaliera utilizza la distribuzione in dose unitaria e per l’allestimento della terapia individuale si avvalgono di un sistema robotizzato. I Technicians, cioè i nostri operatori tecnici ospedalieri, che sono circa una quarantina, hanno principalmente il compito di sistemare i farmaci nel sistema robotizzato e di preparare i carrelli della farmacia da portare in reparto.
Quindi il processo è il seguente: il medico prescrive i farmaci per un paziente in reparto spesso con la consulenza del Clinical Pharmacist attraverso il CPOE, lo Staff Pharmacist, in farmacia, verifica e valida la terapia impostata, tutte le dosi unitarie della terapia vengono prelevate dal sistema robotizzato e messe insieme in un kit personalizzato del paziente e tutti i kit messi nel carrello di reparto dall’operatore di farmacia; questi kit vengono portati in reparto nei carrelli di dispensazione, tutti informatizzati, il cui accesso è regolato da password. La tecnologia dei codici a barre è utilizzata nella verifica della somministrazione al letto del paziente permettendo sia l’identificazione elettronica del paziente sia la somministrazione con controllo incrociato terapia - paziente - orario di somministrazione. Tutto viene registrato: chi prescrive, chi verifica e chi esegue, come lo esegue, quando lo esegue e a chi lo esegue. Se qualcosa viene eseguita in maniera errata, il sistema si blocca e non fa procedere. Questo garantisce sia l’appropriatezza prescrittiva, quindi la sicurezza del paziente, ma anche una forte riduzione dei costi. È doveroso per me segnalare che le dosi unitarie vengono fornite per un 95% direttamente dall’industria farmaceutica a costi molto elevati rispetto ai nostri: es. una compressa di Zofran da 8mg ha un costo per il Mercy Hospital di 4,70 dollari. Costi davvero impensabili per il nostro Paese.
La farmacia ospedaliera è inoltre dotata di apparecchiature, utilizzate dagli operatori, per realizzare le dosi unitarie sia solide che liquide dai farmaci confezionati dall’industria in multidose.
È presente un laboratorio di galenica sterile dove i tecnici specializzati insieme al farmacista preparano tutte le terapie infusionali dell’ospedale, comprese la nutrizione parenterale totale, prescritte dal medico e validate dal farmacista 24/24h e 365 giorni all’anno.
Grazie all’utilizzo di questi software il Farmacista ha la possibilità di consultare la cartella clinica in ogni sua parte, compresa la visualizzazione degli esami di laboratorio e ogni altra indagine clinica eseguita in tempo reale.
E proprio grazie al CPOE, il Farmacista Clinico studia i casi clinici che poi andrà a visitare insieme al Team multidisciplinare in reparto, eseguendo i cosiddetti bed rounds, i giri visite nei reparti. Anche se è il medico il responsabile del Team e perciò spetta a lui la decisione finale, il farmacista ha diverse responsabilità e per questo viene spesso interpellato come consulente del farmaco per trovare la giusta soluzione per il trattamento del paziente. Compito del farmacista è quello di monitorare eventuali allergie ai farmaci e valutare il corretto uso dei farmaci tenendo conto della stabilità, delle indicazioni terapeutiche, della posologia, delle possibili interazioni ed effetti collaterali ed indesiderati.
Abbiamo potuto vedere in particolare come lavora il Farmacista Clinico in medicina interna, in medicina d’urgenza, in malattie infettive ed il Farmacista Clinico della terapia nutrizionale.
Il farmacista specialista in malattie infettive, che lavora in un contesto di antimicrobial stewardship, è responsabile dell’inizio/mantenimento/termine delle terapie antibiotiche in accordo agli esami microbiologici del paziente. Valuta l’appropriatezza prescrittiva di un antibiotico in base all’antibiogramma e decide insieme al medico la miglior terapia. Ha il compito di monitorare i livelli ematici di antibiotico nel sangue ed aggiusta la posologia in base ai valori desiderati, anche in considerazione di eventuali disfunzioni renali o epatiche. Spesso è il farmacista a suggerire interruzioni o variazioni di terapia.
Lo specialista in terapia nutrizionale esamina tutti i pazienti che necessitano di un supporto sia enterale che parenterale, procede in maniera autonoma, senza l’intervento del medico, alla formulazione della miscela nutrizionale in base agli esami ematici del paziente e la fa allestire in farmacia. Ha il compito di variare la formulazione quotidianamente e del passaggio dalla via orale alla enterale/parenterale o viceversa secondo le condizioni cliniche del paziente.
Il farmacista che opera nelle terapie intensive e nella medicina interna è una figura molto importante nella gestione del paziente che riceve spesso una politerapia.
Nella Farmacia Ospedaliera americana non vengono gestiti dispositivi medici e diagnostici; inoltre la parte logistica e amministrativa, quindi gestione ordini, inventario, rotazioni di magazzino, procedure di acquisto, sono a carico di altre figure professionali e non del Farmacista.
Non è presente un laboratorio per la preparazione dei farmaci antiblastici, come i nostri UFA- UMACA, nonostante sia presente un Oncology Clinical Pharmacist; questo perché vi è l’UPMC Cancer Center e tutti i pazienti oncologici vengono assistiti in questo mini ospedale altamente specializzato.
Esiste un formulario, l’equivalente ai nostri prontuari, per ogni ospedale o associazione di questi, e solo all’interno di questa lista di farmaci vengono scelti quelli da impiegare all’interno dell’ospedale. La direzione della farmacia ospedaliera è affidata al Director Pharmacist che si avvale dell’aiuto di uno o più Manager Pharmacist a seconda della grandezza della farmacia. Abbiamo potuto conoscere diversi Manager, ognuno dei quali con un compito diverso: il Manager che si occupa della gestione dei Clinical Pharmacists, il Manager che si occupa della gestione dei Technicians, il manager che si occupa degli Staff Pharmacists ed il Manager che si occupa del processo di acquisizione e gestione del farmaco. Ogni giorno vengono eseguiti briefing per discutere di problemi ed informare il personale.
Forte attenzione è poi posta al rischio clinico ed al sistema qualità. Un aspetto a cui è rivolta grande attenzione è la medication safety in quanto indicatore di qualità delle prestazioni erogate: un farmacista clinico è dedicato al monitoraggio degli errori di terapia, compresi i near-miss events, delle reazioni avverse, dei ritardi nella dispensazione/somministrazione di medicinali. Ha il compito di redigere report periodici, evidenziando eventuali trend di errore e di individuare strategie per diminuire il rischio clinico; tutto poi viene periodicamente discusso in incontri interni alla Farmacia. Inoltre tutte le attività della Farmacia sono stabilite in base a procedure e istruzioni operative validate.
Il Sistema Sanitario Americano, al contrario di quello italiano, è caratterizzato dalla forte presenza del settore privato. Le grandi compagnie assicurative private costituiscono la maggiore componente del sistema sanitario e il canale più diffuso di assicurazione privata è quello basato sull’impiego.
Un cittadino americano, per poter avere delle cure mediche, deve o accendere un’assicurazione sanitaria oppure pagare direttamente quello che viene eseguito ovviamente a costi impensabili di svariate migliaia di dollari. Per questo motivo i cittadini americani stipulano delle assicurazioni sanitarie, che a seconda del premio pagato, riescono a coprire parzialmente o totalmente le cure sostenute o da sostenere. Al settore privato si affianca, anche se in misura nettamente minore, la componente assicurativa pubblica, finanziata dal Governo Federale e Statale: Medicare (programma pubblico federale di assistenza agli over 65, disabili e pazienti affetti da ESRD – End Stage Renal Disease, o da sclerosi laterale amiotrofica), Medicaid (programma pubblico gestito dai singoli Stati con un contributo federale che copre ed è rivolto ad alcune categorie di poveri), lo State Children’s Health Insurance Program (nato nel 1997 per assistere i bambini rientranti in categorie di poveri non coperte da Medicaid) e Military Health Care (programma pubblico federale di assistenza ai militari e ai veterani). Il presidente Obama ha fatto molto per le classi più povere finanziando maggiormente i programmi Medicaid e Medicare.
Esistono ambulatori specifici come il Catholic Charities di Pittsburgh, dove farmacisti, medici e infermieri lavorano come volontari e aiutano i più poveri: qui il Farmacista Clinico ascolta il paziente prima e dopo la visita medica, e discute col medico delle varie problematiche.
Nello stato della Pennsylvania due sono le reti sanitarie più grandi e importanti: la UPMC, University Pittsburgh Medical Care, e l’AHN, Allegheny Health Network. Oltre al Mercy Hospital, appartenente alla rete UPMC, abbiamo visitato l’Allegheny General Hospital, appartenente alla rete AHN, un ospedale un po’ più grande del Mercy Hospital, circa 700 posti letto. Anche in questo ospedale la farmacia ospedaliera presenta le stesse caratteristiche e svolge le stesse funzioni descritte in precedenza.
La Duquesne University, inoltre fornisce ai farmacisti la possibilità di lavorare e di formarsi, durante gli anni di laurea o post laurea, presso la Pharmaceutical Information Center, un centro che si propone di fornire informazioni sui farmaci agli studenti, ai docenti, ai medici e al pubblico, oppure presso il Center for Pharmacy Care, un centro a totale gestione del farmacista clinico specializzato in questo settore che offre servizi di prevenzione e gestione delle malattie; in questi ambulatori il farmacista “visita” il paziente, esegue screening e vaccini oltre ad fornire qualunque informazione sui farmaci.
Come è possibile notare, il counselling occupa uno spazio molto importante nella formazione del farmacista e anche nella pratica clinica quotidiana, sia in ospedale che nella comunità. Le abilità comunicative-relazionali sono un requisito essenziale per il lavoro del farmacista nell’area clinica in tutti i settings. I farmacisti devono essere capaci di comunicare in modo efficace con i pazienti e con gli altri componenti del team sanitario e devono essere anche capaci di presentare una relazione clinica ai medici e agli altri professionisti della sanità. Di conseguenza, è indispensabile per pratica clinica imparare le tecniche di comunicazione efficace e di counselling. Per questo la struttura universitaria americana, durante il piano di studi, fornisce gli strumenti e i metodi di comunicazione necessari al farmacista per svolgere il suo lavoro altamente delicato.
Purtroppo in America non vi è né la distribuzione dei farmaci alla dimissione del paziente né la distribuzione diretta dei farmaci per ovvi motivi: i farmaci costano molto e il sistema assicurativo/sanitario non può permettersi di sostenere questa spesa. Al contrario nel nostro Paese, il Farmacista che svolge tale compito, svolge non solo l’attività di governo clinico, attraverso specifici obiettivi e raccomandazioni prescrittive, ma anche attività di valenza sanitaria assistenziale quali la verifica dell’aderenza e delle potenziali interazioni clinicamente rilevanti, attività di monitoraggio clinico ed è sicuramente un attore importante del controllo della spesa farmaceutica.
Al termine di questa esperienza davvero interessante, istruttiva e formativa, la mia riflessione è rivolta soprattutto al percorso formativo del Farmacista italiano, che già a partire dall’università deve cambiare radicalmente. La nostra realtà è incentrata troppo sui libri e sulle nozioni e poco sulla pratica clinica. Il Farmacista italiano non vive la realtà e non si rapporta mai con gli altri professionisti del settore, così come accade per i medici e gli infermieri. Questo fa si che si creino alte mura tra le varie figure sanitarie invece di creare gruppi multidisciplinari che collaborino poi per l’unico scopo della loro vita: avere cura del paziente. Le basi e i concetti, su cui è stata costruita e tuttora si basa l’attività di pratica clinica negli Stati Uniti, sono già presenti anche in Italia, ma servirebbe fare un ulteriore passo avanti per dotare di Farmacisti Clinici di Reparto, già presenti a Bari, a Torino e a Palermo, anche gli altri ospedali italiani. Questa figura altamente specializzata è utile sia in termini di risultato clinico del paziente, appropriatezza di uso dei farmaci, ottimizzazione della spesa farmaceutica e di supporto all’attività clinica del medico.
Francesca Francavilla
Azienda USL BAT/1 di Andria, Barletta e Trani
fasser5@libero.it
Dal 16 settembre al 14 ottobre 2014 ho avuto l’opportunità di svolgere, insieme ad altri quattro colleghi, un periodo di formazione in “Farmacia Clinica” presso la Duquesne University – Mylan School of Pharmacy di Pittsburgh (Pennsylvania, USA) nell’ambito di un Exchange Program sponsorizzato dalla SIFO.
Al nostro arrivo, siamo stati calorosamente accolti dal Preside della Facoltà di Farmacia Prof Bricker e dal suo staff.
Nelle quattro settimane di formazione abbiamo potuto osservare la pratica del farmacista clinico in USA a 360 gradi: va precisato che nello Stato della Pennsylvania la figura del Farmacista Clinico è istituzionalizzata dagli anni ’60.
Nel corso della prima settimana, i docenti della Mylan School of Pharmacy ci hanno illustrato quali sono i servizi forniti dal farmacista clinico: l’informazione al paziente e agli operatori sanitari; il lavoro in team multidisciplinari per l’assistenza al paziente; la riconciliazione terapeutica all’ammissione e dimissione, la stewardship degli antibiotici; il monitoraggio terapeutico dei dosaggi dei farmaci a seconda delle condizioni cliniche del paziente; la gestione dei formulari dei farmaci in uso negli ospedali, nelle assicurazioni per l’outpatient (terapie al domicilio), negli hospice e nei differenti settings assistenziali; il dosaggio e monitoraggio dell’uso del Warfarin e della Vancomicina; il counselling al paziente alla dimissione.
Fin da subito mi è stato chiaro che la grande differenza tra l’Italia e l’America consiste nella formazione: la formazione del farmacista in USA ha un’impronta fortemente clinico-pratica, non incentrata, come la nostra sul farmaco in sé per sé, ma sul binomio farmaco-paziente. Il corso di laurea in USA ha una durata di 6 anni e nel 3°, 4° e 5° anno gli studenti frequentano corsi di Drug Information, svolgono lavori di gruppo relazionando sui casi clinici che gli vengono sottoposti per cui imparano a “cucire” il farmaco sul paziente, non limitandosi quindi a conoscere soltanto il farmaco in quanto tale come entità chimica. Inoltre frequentano corsi di comunicazione per imparare a relazionarsi col paziente e con gli altri operatori sanitari per poi iniziare nel 6° anno il “round” tra ospedali e farmacie di comunità. Il farmacista clinico, in America, nasce già tra i banchi universitari, impara ad acquisire una visione clinica del farmaco quale strumento di cura da adattare al singolo paziente. Si forma attorno al binomio farmaco-paziente, impara fin da subito a parlare non di “farmaco” ma di “farmaco-paziente” e ad avere come obiettivo costante del suo impegno il paziente. Abbiamo assistito a lezioni di farmacia clinica rivolte agli studenti universitari della Mylan School in cui viene dato risalto anche alle qualità comportamentali che deve avere il farmacista clinico per essere membro effettivo di un team multidisciplinare: la capacità di lavorare in gruppo (team work), l’umiltà (to be humble) e il rispetto (to be respectful), l’abilità di persuasione e stimolo (persuasiveness), la capacità di intrattenere buoni rapporti di lavoro (good work relationship), l’essere affidabile (trustable).
I docenti della Mylan School of Pharmacy ci hanno anche illustrato come funziona l’Health Care System americano, le innovazioni apportate dall’Obama Care, il sistema articolato delle assicurazioni e i conseguenti problemi di accesso e qualità delle cure oltre che i costi. Quello americano è un sistema altamente complesso e fortemente incentrato sul business. Nonostante l’abbassamento delle soglie minime di reddito per accedere alla copertura sanitaria (che ad ogni modo è sempre parziale e prevede un co-payment), vi sono fasce più deboli di popolazione che non hanno affatto accesso ai servizi sanitari se non nelle Unità di Emergenza degli ospedali. Vi è poi una fascia di popolazione che per via del basso reddito talvolta non si cura perché non in grado di acquistare farmaci.
Dopo l’introduzione teorica abbiamo osservato la pratica del Farmacista Clinico sul campo frequentando per due settimane il Mercy Hospital, ospedale appartenente al network UPMC. I farmacisti che lavorano al Mercy Hospital sono all’incirca 40 con un’organizzazione del lavoro altamente settoriale.
Vi sono i farmacisti clinici inseriti nei rispettivi team multidisciplinari di reparto: malattie infettive e gestione delle terapie antibiotiche, supporto nutrizionale, terapia intensiva, centro traumi e ustioni, medicina interna, unità di emergenza.
Vi sono poi farmacisti dedicati a singole attività: gestione budget e formulario farmaci, controllo di qualità degli allestimenti delle preparazioni iniettabili, gestione del “drug shortage” (farmaci carenti) e risk master (farmacovigilanza), drug information, Commissioni farmaco-terapeutiche, per la sicurezza dei medicinali e per la gestione degli antibiotici. I farmacisti americani non si occupano dei dispositivi medici.
Vi sono poi alcuni farmacisti dedicati h24 al controllo delle richieste informatizzate di farmaci provenienti dai medici di reparto. Vi è un elevato livello di informatizzazione del lavoro: il sistema elettronico di controllo delle prescrizioni CPOE consente al farmacista di condividere e accedere liberamente alla cartella clinica del paziente, per cui il farmacista ha la possibilità di verificare la prescrizione sotto il profilo clinico avendo a disposizione l’anamnesi, la terapia effettuata al domicilio, i dati antropometrici di altezza, peso, età, i dati di laboratorio (es clearance della creatinina, INR), i dati microbiologici di sensibilità agli antibiotici. Il farmacista clinico americano ha la possibilità, oltre che le competenze, di entrare nel merito della prescrizione suggerendo al clinico modifiche terapeutiche relative a dosaggi, durata delle terapie (per esempio antibiotiche) applicando alla pratica prescrittiva le indicazioni evidence-based e le linee-guida.
Nel periodo trascorso al Mercy Hospital abbiamo preso parte a tavole rotonde pomeridiane (meeting room) in cui lo staff medico discuteva con i farmacisti dei casi clinici di reparto rivedendo le terapie effettuate: abbiamo notato quanto i clinici ricercassero la consulenza del farmacista riconoscendone pertanto la preziosità nell’individuazione della best therapy. Mi ha colpito molto la facilità di comunicazione tra il medico e il farmacista e lo spirito di collaborazione costante nell’ottica dell’interesse del paziente e al contempo della sostenibilità economica dell’ospedale. Vi è indubbiamente molta attenzione nella pratica clinica ai rimborsi che l’ospedale riceve da parte delle assicurazioni.
Abbiamo assistito alla riunione del Committee ospedaliero sul budget e sull’opportunità di includere nuovi farmaci o escluderne altri dal formulario ospedaliero in base alle evidenze scientifiche a supporto.
Abbiamo assistito al giro visite (ward round) con medici e infermieri in alcuni dei reparti del Mercy Hospital in cui è implementata la figura del farmacista clinico: terapia intensiva, malattie infettive, dipartimento delle emergenze e medicina interna. Prima del giro visite, analizzavamo col farmacista clinico i singoli casi in maniera tale da poter essere efficaci e di supporto ai clinici. Ricercavamo errori o inappropriatezze nelle terapie eseguite al domicilio (per esempio duplicazioni di terapia: famotidina e pantoprazolo assunti contemporaneamente per il trattamento della GERD), riscontravamo potenziali interazioni tra farmaci introdotti durante il ricovero, individuavamo aggiustamenti di dosaggi o shift terapeutici in base a condizioni di insufficienza renale o epatica, verificavamo l’appropriatezza delle terapie antibiotiche in base alla sensibilità/resistenza dei microrganismi, delle terapie antidolore cui viene dato grande rilievo (vi è un uso estensivo di oppiodi).
Nel corso delle altre settimane abbiamo assistito al round del farmacista clinico nei reparti di chirurgia toracica e malattie neurologiche dello Shadyside Hospital, ospedale appartenente al network UPMC, e abbiamo osservato l’organizzazione dei servizi di farmacia clinica dell’Allegheny General Hospital, ospedale appartenente al network Allegheny Health.
Abbiamo scoperto ruoli nuovi del farmacista clinico in America in occasione della visita al “Center for Pharmacy Care” e al “Chatolic Charities Health Care Center”. Nella prima struttura composta esclusivamente da farmacisti ed infermieri, il farmacista clinico esegue vaccinazioni sia ad utenti esterni che pagano la prestazione sia ai dipendenti della Duquesne University. Misura parametri quali pressione, colesterolo, trigliceridi, BMI, glucosio ematico, acqua totale corporea, dà consigli su stili di vita, sulle modalità di assunzione dei farmaci e nel caso riscontri problemi particolari li comunica al medico di primary care.
Nel secondo centro opera una rete di volontari medici, infermieri, farmacisti e fisioterapisti a favore delle fasce di popolazione più deboli che non hanno alcuna copertura assicurativa: il farmacista clinico, anche in questo caso, prende in carico il paziente con cui ha un colloquio, prima e dopo quello col medico, mirato all’anamnesi clinico-terapeutica: quali disturbi lamenta, quali sono le patologie di base, i farmaci assunti. Si interfaccia col medico suggerendo interruzione di farmaci inutili o l’introduzione di nuovi tenendo presente uno specifico formulario comprendente una lista di farmaci che, grazie ad un agreement con una grande catena commerciale, il paziente può procurarsi a prezzi estremamente vantaggiosi in modo da scongiurare la discontinuità delle terapie. Inoltre il farmacista verifica la prescrizione sotto il profilo delle interazioni, dà al paziente suggerimenti sullo stile di vita da adottare e programma le successive visite di controllo. In entrambe le strutture ambulatoriali summenzionate, ho potuto apprezzare la funzione altamente sociale della nostra professione.
Infine abbiamo trascorso una giornata in una farmacia di comunità affiliata alla Duquesne University e abbiamo potuto verificare differenze rispetto al modello italiano: vi è una stragrande maggioranza (circa il 90%) di farmaci generici che il tecnico di farmacia allestisce a partire dalla confezione commerciale in box personalizzati contenenti il numero esatto di dosi unitarie (cpr, cps etc) necessarie per il ciclo di terapia prescritto (massimo 3 mesi), etichettati con i dati del singolo paziente e le modalità di assunzione. Il farmacista controlla la correttezza della preparazione allestita verificando a video la corrispondenza tra il farmaco prescritto e quello allestito (vi è sistema di codice a barre e identificazione fotografica per colore, forma etc della compressa). Valida la preparazione, la dispensa e su richiesta del paziente effettua un colloquio privato per il controllo della pressione, del colesterolo, trigliceridi, glicemia e fornisce consigli e suggerimenti.
È stata un’esperienza che mi ha arricchito, che mi ha dato una forte carica, che ha aperto i miei orizzonti, per certi aspetti rispondente alle aspettative, per altri totalmente sorprendente. Mi è piaciuto osservare le differenze culturali, sociologiche del mondo lavorativo americano rispetto al nostro. Ho apprezzato il notevole peso dato alla comunicazione: per esempio ogni mattina alle 8:30 tutto il personale della farmacia del Mercy Hospital si riuniva per soli cinque minuti per darsi il buongiorno, augurarsi una buona giornata e fare tutti insieme in breve il punto della situazione. Mi ha colpito la scritta sulle etichette dei camici che poneva in evidenza non già il titolo quanto il nome della persona (chi siamo e non cosa o chi rappresentiamo), la frase sui camici “your care, our committment” che dà l’idea della centralità del paziente nella quotidianità, l’attenzione alla disinfezione continua e costante delle mani mediante cartelli ovunque che invitavano in tal modo a prevenire il diffondersi dei germi e quindi a tutelare il paziente, i flyers nei reparti che invitavano al silenzio quale supporto indispensabile alla guarigione del paziente.
Non posso non rilevare alcune incongruenze dell’healthcare americano: a fronte di una attenzione costantemente rivolta al paziente, vi è poi il problema importante della bassa aderenza alle terapie (nel post-dimissione per esempio) da parte dei soggetti economicamente più deboli costretti a interrompere talvolta le terapie per insostenibilità dei costi dei farmaci, elemento questo alla base, per esempio, della riammissione ospedaliera post-dimissione. Altro elemento che confligge con l’attenzione costante rivolta al paziente è l’assenza di condivisione dei dati tra ospedali e farmacie di comunità, che rende difficile un preciso processo di riconciliazione terapeutica.
L’elemento fondamentale che a mio modo di vedere consente al farmacista di diventare farmacista clinico coinvolto tout court nella cura del paziente è, oltre che la formazione come summenzionato, l’elevato grado di automazione e implementazione tecnologica: i sistemi di prescrizione informatizzata (CPOE: Computerized Physician Order Entry), i sistemi robotizzati per l’allestimento delle dosi unitarie (Unit dose packaging system), i sistemi automatizzati di dispensazione dalla farmacia direttamente in reparto, gli armadi informatizzati (automated dispensing cabinets), i devices automatici per il compounding (automated compounding device), le smart pumps infusionali, i sistemi di bar-coding sono tutti strumenti che consentono al farmacista di avvicinarsi al paziente, di acquisire un ruolo nuovo svincolandolo dall’attività di mera dispensazione del farmaco per dedicarsi al supporto del clinico nella scelta terapeutica (clinical decision support).
Pertanto affinché la nostra professione abbia un futuro luminoso, è indispensabile investire risorse nella formazione universitaria e post-universitaria imprimendovi un forte taglio clinico-pratico e incentrarla sul binomio farmaco-paziente anziché limitarla al solo studio del farmaco in sé per sé. È inoltre indispensabile implementare un elevato grado di tecnologie e automazione per ridurre fortemente il tempo dedicato all’attività di dispensazione e aumentare il tempo dedicato dal farmacista a contribuire alla ottimizzazione delle cure del paziente. Mi auguro che l’Università italiana prima e il mondo del lavoro poi sappiano cogliere questa sfida al cambiamento e che SIFO continui a farsi portavoce dell’importanza di promuovere tale cambiamento.
Silvia Vecchio
Az. ASL della provincia di Pavia
silvivecchio@yahoo.it
In seguito alla vincita di una delle 6 borse di studio che SIFO ha messo a disposizione per il progetto di formazione /scambio (exchange program), ho svolto un periodo formativo a Pittsburgh (PA) presso la Mylan School of Pharmacy-Duquesne University e presso l’UPMC Mercy Hospital dal 14 settembre al 14 ottobre 2014.
L’obiettivo del percorso formativo previsto era quello di acquisire conoscenze della pratica del farmacista ospedaliero, di approfondire la pratica della nostra professione nella realtà americana, attraverso la partecipazione attiva ai processi di farmacia clinica sia sul campo che frequentando lezioni specifiche a livello universitario.
Abbiamo avuto l’opportunità di realizzare un’esperienza completa, a 360 gradi, sul ruolo del farmacista ospedaliero americano, dalla formazione alla pratica quotidiana.
Il progetto formativo ha avuto inizio presso l’Università Duquesne, dove siamo stati formati sul Sistema Sanitario Americano ACA- l’Obama care- e sul percorso educativo dei farmacisti americani; ha proseguito al Mercy Hospital, dove abbiamo lavorato con farmacisti ospedalieri di diverse specialità (infettivologia,medicina interna, terapia intensiva,…). In ultimo abbiamo avuto la possibilità vedere una realtà ospedaliera più grande, l’Allegheny General hospital, un ambulatorio medico-farmacistico, il Catholic Charities, un ambulatorio di farmacisti, il Center for Pharmacy Care (CPC) ed una farmacia di comunità.
In questo periodo formativo si è realizzata la possibilità non solo di raggiungere gli obiettivi prefissati ma anche di poter vedere i deversi ruoli del farmacista, anche al di fuori della realtà ospedaliera.
Cenni storici/geografici
La città di Pittsburgh, dove si è svolta l’esperienza, sorge nella parte sud-occidentale della Pennsylvania e si è sviluppata attorno a the Point (la punta), il luogo dove i fiumi Allegheny e Monongahela confluiscono a formare il fiume Ohio, e dove fu costruito l’originario insediamento francese di Fort Duquesne. Il Commonwealth of Pennsylvania è uno Stato federato degli Stati Uniti d’America.
Il nome Pennsylvania (che significa boschi di Penn) fu scelto dall’ inglese William Penn, il fondatore dello Stato, che voleva onorare il padre ed indicare la natura boscosa del territorio.
Lo Stato resta tra i più importanti degli U.S.A., è al sesto posto tra i cinquanta Stati sia per popolazione che per prodotto interno lordo.
Pittsburgh ha una popolazione di poco più 300.000 abitanti, mentre la sua area metropolitana conta poco meno di 2,4 milioni, è la seconda città degli Pennsylvania ed è stata di recente classificata come il miglior posto dove vivere negli USA; la città diede inoltre i natali ad Andy Warhol e Heinz.
A partire dai primi anni del XIX secolo la vicinanza di Pittsburgh ad importanti giacimenti di carbone e la sua eccellente collocazione fluviale (l’Ohio è interamente navigabile ed è uno dei principali affluenti del Mississippi) ne fecero una delle più importanti città industriali del mondo, specie nel campo siderurgico, il che le procurò il soprannome di Steel City (città d’acciaio). Negli anni ’70 subì un rapido ed incessante declino dovuto alla crisi dell’industria siderurgica di quegli anni e alla competizione dei mercati emergenti non statunitensi.
Tuttavia Pittsburgh riuscì a rinnovarsi grazie ad una rapida riconversione sviluppando un’economia basata sull’istruzione, formazione, strutture mediche e alta tecnologia (industria di robotica, tecnologia medica, elettronica).
L’esperienza universitaria
Durante l’esperienza universitaria abbiamo avuto la possibilità di confrontarci sui diversi percorsi formativi pre e post-laurea nei due paesi.
La laurea in Farmacia negli U.S.A. viene acquisita dopo un corso di studi della durata di sei anni suddivisi in:
- Preprofessional: primi 2 anni in cui si studiano le basi di biologia, chimica, fisica
- Professional: 4 anni in cui si ha sia una preparazione teorica che una pratica con un tirocinio obbligatorio da spendere nelle varie specialità cliniche della farmacia ospedaliera, nella farmacia di comunità e nei servizi di prevenzione e salute.
Il percorso universitario risulta essere molto differente da quello italiano ed è caratterizzata da: in-class learning; drug-information courses; team working on clinical cases; communication skills; experiential program (on the job experience).
Vi è una maggior pratica, lavori di gruppo, vi sono molte più materie professionali e una maggiore esperienza sul campo.
Per diventare farmacista clinico sono richiesti altri due anni, uno di rotazione in tutti i reparti in cui si approfondiscono le competenze cliniche generalizzate, e uno nel reparto scelto come sede della specializzazione in cui si approfondiscono le conoscenze della specialità accreditate in USA, che sono oncologia, nutrizione, farmacoterapia, medicina nucleare, psichiatria, terapia ambulatoriale o quali medicina interna, infettivologia, medicina d’emergenza, terapia intensiva.
Il titolo di Farmacista Clinico è rilasciato a livello federale ed è sottoposto ad un aggiornamento continuo che viene verificato ogni sette anni.
Già durante la specializzazione il farmacista impara ad approcciarsi al paziente, a confrontarsi e a lavorare in team con altri professionisti sanitari (medici ed infermieri), a scegliere i farmaci ed i dosaggi corretti in base ai parametri clinici, impara a conoscere i protocolli in uso in reparto. Inoltre frequenta corsi di formazione nell’area di specializzazione e partecipa al “round” in reparto al letto dei pazienti.
Durante il tirocinio ospedaliero gli studenti vengono seguiti da un farmacista clinico ospedaliero e svolgono una parte pratica in ospedale orientata sulla clinica. Molti farmacisti clinici ospedalieri sono anche docenti universitari.
Risulta evidente che per implementare la farmacia clinica ed il ruolo del farmacista nella realtà ospedaliera è necessario un radicale cambiamento a partire dai programmi formativi pre e post laurea.
È importante sviluppare un percorso codificato di formazione: è essenziale preparare gli studenti sulla teoria ma devono anche essere in grado di applicare le conoscenze cliniche alla realtà, bisogna quindi implementare la formazione sulla pratica; devono essere in grado di produrre valutazione di cost-effectiveness per una corretta allocazione delle risorse e la sua applicazione alla “real life”; devono essere formati sul approccio al paziente agli altri operatori sanitari; devono essere in grado di lavorare in gruppo. Per arrivare alla realizzazione della figura del farmacista clinico anche in Italia, è indispensabile creare un percorso di specializzazione in diverse aree mediche, che permetta una corretta formazione in un aspecifica area e ne consenta l’inserimento lavorativo nei diversi reparti.
Durante l’esperienza all’Università ci è stata anche illustrata l’evoluzione della Farmacia Ospedaliera e del ruolo del Farmacista Clinico negli U.S.A., che vanta ormai tanti anni di storia, evoluzione che si è realizzata a partire dalla formazione universitaria.
Un ulteriore argomento affrontato è stata l’organizzazione del Servizio Sanitario Americano che risulta essere profondamente diverso da quello italiano, le principali differenze vengono esplicitate nella Tabella 1.



L’assistenza sanitaria americana è caratterizzata, nella maggior parte (56%), da un sistema privato, le compagnie assicurative. Il settore privato è costituito dell’Assicurazione lavorativa, che viene fornita, in toto o in parte, dal datore di lavoro, e dall’assicurazione individuale che per i liberi professionisti, i pensionati, e i lavoratori a cui non è fornita l’assicurazione. In ogni tipo di assicurazione è comunque previsto una parte da pagare che può essere paragonabile al nostro ticket, questo per limitare le eccessive richieste di cura.
Al settore privato si affianca in percentuali minore l’assistenza sanitarie pubblica, finanziata dal Governo che prevede programmi di assistenza per i pazienti più fragili, quali:
• Medicaid: per i cittadini poveri;
• Medicare: per i cittadini con più di 65 anni;
• Military Health Care: per i militari veterani di guerra;
• State Children’s Health Insurance Program: per I bambini che non sono eleggibili per Medicaid;
• Indian Health Service: per i nativi americani che vivono nelle riserve.
Un’ulteriore forma di assistenza è assicurata dalle aziende farmaceutiche che donano farmaci per particolari tipologie di popolazione.
Affordable Care act (ACA) o più comunemente detta Obama Care è uno statuto federale firmato in legge dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama il 23/03/2010, il cambiamento sostanziale consiste nel fatto che tutti i cittadini devono avere una copertura sanitaria, pubblica o privata, e nel dare la possibilità di averla, ad esempio utilizzando una parte di tasse che i cittadini devono dare allo stato ma che non versano per utilizzarli per pagare un’assicurazione; inoltre dopo la riforma Obama la prevenzione è gratis per tutti, e le assicurazioni sono obbligate a prendere anche pazienti con patologie gravi.
In questa prima fase di formazione abbiamo anche avuto la possibilità di visitare il “Drug Information Center”, il centro di informazione sui farmaci che fa da supporto a medici, operatori sanitari ma soprattutto ai cittadini per avere informazioni sui farmaci, quali interazioni farmaco-cibo o farmaco-farmaco, costo, effetti collaterali, linee guida e studi clinici, corretto dosaggio dei farmaci. Il centro in cui lavorano anche studenti e specializzandi, utilizza banche dati quali Micromedex, Lexicom, UpToDate. È importante avere a disposizione una fonte di informazione indipendente che da supporto ed informazioni a clinici e pazienti ed è interessante vedere come i farmacisti partecipano attivamente già durante il percorso di studi ad attività di responsabilità.
L’esperienza ospedaliera
Negli anni ’70 Pittsburgh punta, per la rinascita, sui servizi alla salute e sviluppa una fitta rete ospedaliera. Questa città vanta infatti un elevato numero di Università e di ospedali universitari “teaching”, così definiti in quanto qualificati ed organizzati per insegnare e per far svolgere il tirocinio pratico formativo ad infermieri, medici e farmacisti. Esistono due tipologie di ospedali: gli ospedali che ospitano quasi tutte le specialità mediche e quelli definiti “specialized hospital” che sono invece specializzati per una precisa tipologia di pazienti o patologia, ad esempio il “Children’s Hospital of Pittsburgh” o il “Magee-Women Hospital of UPMC”. Esistono infine anche piccoli ospedali privati, “Comunity Hospital”, che accettano solo pazienti con assicurazione non governativa perché il governo paga meno.
Gli ospedali sono in media di dimensioni inferiori rispetto alle strutture italiane e non raggiungono mai le dimensioni delle nostre eccellenze ospedaliere, 1200-1500 posti letto, ma variano tra i 400 e i 700 posti letto. L’ University of Pittsburgh Medical Center (UPMC) Mercy Hospital, in cui abbiamo svolto la maggior parte del tirocinio, è un centro di primo livello per il trauma ed è un “teaching hospital” di circa 450 posti letto, in cui lo studente universitario ha la possibilità di svolgere il tirocinio e lo specializzando può fare i due anni di internato e nel secondo anno viene inserito nei turni lavorativi.
La rete degli UPMC comprende numerosi ospedali, ambulatori e cliniche in Pennsylvania e tre ospedali in Europa. Uno in Italia-ISMETT di Palermo, uno in Irlanda e uno in UK. Il Department of Pharmaceutical Services del Mercy Hospital ha uno staff molto numeroso per le dimensioni dell’ospedale, composto da amministrativi, tecnici (i più numerosi), farmacisti di staff, non specializzati, che si occupano di distribuzione di farmaci e di controllare la terapia prescritta e che operano 24 ore su 24, farmacisti clinici, farmacisti clinici specialisti in diverse aree, l’ informatico e numerosi studenti di farmacia e studenti laureati appartenenti al residency program, la specializzazione ospedaliera.
Nel periodo ospedaliero abbiamo frequentato sia la farmacia ospedaliera, sia alcuni reparti dell’ospedale quali la terapia intensiva, la medicina interna e il pronto soccorso, e siamo stati affiancati ad alcuni professori di “Pharmacy Practice”, farmacisti clinici che provengono dall’Università e che hanno il compito di formare gli studenti.
In ogni reparto il farmacista lavora in un team multidisciplinare formato da medico responsabile, farmacista, specializzandi in medicina e farmacia ed infermieri; ogni giorno l’equipe fa il “round” il giro al letto di ogni paziente per valutare le condizioni cliniche, la terapia da confermare o variare e le eventuali azioni da intraprendere (dimissioni, esami,..); i casi clinici vengono discussi con spirito di gruppo con la finalità comune. La miglior cura del paziente.
Il farmacista clinico in questo team ha il compito di valutare il dosaggio del farmaco, la funzionalità renale (clereance da cartella clinica informatizzata) per un eventuale aggiustamento di dosaggio, l’indicazione appropriata, la via di somministrazione e le eventuali interazioni e conosce i protocolli adottati per dare il corretto consiglio clinico.
Durante il tirocinio è capitato di assistere ad un focus organizzato dai farmacisti per il team multidisciplinare ad esempio sugli effetti avversi degli antipsicotici, o alla discussione pubblica di un caso clinico (grand round) o a discussione di casi tra studenti e medici-farmacisti.
Il farmacista clinico si avvale di validi strumenti che lo supportano nel lavoro, e che permettono di gestire al meglio la scelta terapeutica e le criticità ad essa correlate (drug-related problems). Uno dei più importanti è la cartella clinica informatizzata Computerized Physician Order Entry (CPOE) che contiene tutte le informazioni necessarie quali gli esami di laboratorio, le terapia farmacologiche in corso e passate, i ricoveri precedenti e tutto ciò che riguarda la storia clinica del paziente, è a disposizione di tutti gli operatori sanitari.
In base alle competenze il ruolo del farmacista varia, noi abbiamo avuto modo di vedere la “antibiotic stewardship”, la gestione terapeutica delle infezioni; il farmacista clinico della nutrizione enterale e parenterale che gestisce in autonomia la personalizzazione delle sacche nutrizionali e che è il docente universitario per la nutrizione per tutti i profili sanitari; il farmacista clinico dell’unità intensiva che ha un ruolo fondamentale nella gestione dei dosaggi dei farmaci antidepressivi e oppioidi; il farmacista clinico della medicina interna che deve avere una conoscenza che spazia in più classi terapeutiche e si trova a gestire la politerapia ed infine il farmacista clinico del pronto soccorso che sta iniziando un percorso di supporto alle altre figure professionali già inserite nel reparto. In alcuni casi il farmacista, seguendo protocolli condivisi, può effettuare sostituzioni di un farmaco prescritto con quello presente nel prontuario interno sempre nell’ambito della stessa classe terapeutica e dopo aver avvisato il medico.
La distribuzione dei farmaci ai reparti, con richiesta informatizzata, avviene tramite la dispensazione della dose unitaria robotizzata che prepara la fornitura personalizzata per singolo paziente, tale terapia viene poi controllata tramite il bar code del prodotto e il barcode identificativo del paziente che segnala e previene gli errori terapeutici.
Quasi tutti i reparti hanno l’armadio informatizzato farmaceutico, che riduce ulteriormente la possibilità di errore terapeutico.
Un altro aspetto a cui lavora il farmacista è la farmacovigilanza, la sicurezza delle medicazioni in quanto strettamente correlate alla qualità del servizio offerto, vengono infatti monitorati gli errori di terapia, sebbene ridotti dall’utilizzo della tecnologia , le reazioni avverse, i near –miss per diminuire il rischio. Utilizzano a tale scopo il “riskmaster”, locale da compilare per ADR, errori terapeutici, e il Medwatch, il programma nazionale dell’FDA per informazioni sulla sicurezza e sagnalazione di eventi avversi.
Infine il farmacista, così come in Italia, partecipa all’elaborazione di prontuari (formulary), alle valutazioni costo efficacia, alle commissioni terapeutiche e alla stesura di protocolli operativi.
Un aspetto interessante da scoprire è stato che esistono due tipologie di formulary (così come in Italia potrebbero essere il prontuario ospedaliero e la prescrizione sul territorio): quello ospedaliero (inpatient), scelto dalla Committee ospedaliera, in cui l’ospedale contratta il prezzo con le ditte e sceglie i farmaci costo-efficaci e quello delle assicurazioni, redatto dalle Committee delle assicurazioni (outpatient) che contrattano a loro volta il prezzo con le ditte farmaceutiche e che decide quali sono i farmaci che verranno utilizzati dal pazienti fuori dall’ospedale.
Durante la pratica ospedaliera si sono evidenziate differenze nell’utilizzo di farmaci o di procedure, quali ad esempio:
– per ogni paziente affetto da diabete, che viene ricoverato, viene sospesa la terapia orale e viene somministrata insulina sottocute perché è più semplice da controllare;
– per avere una risoluzione della nausea il più velocemente possibile viene utilizzato l’ondasetron off label (In Italia utilizzato per gli effetti chemioterapia), perché è meglio utilizzare un farmaco più forte ed efficacie anche se molto caro, piuttosto che tenere in ospedale il paziente un giorno in più in quanto avrebbe dei costi notevolmente più alti;
– vengono utilizzati con più semplicità e molto frequentemente gli oppioidi, questo per minimizzare e controllare il dolore, dal momento che se il paziente riferisce all’assicurazione di aver sentito dolore, l’assicurazione non rimborsa l’ospedale.
Negli ospedali statunitensi è molto elevato il numero delle riammissioni dopo un breve periodo dalla dimissione, si stima che il 75% dei pazienti di Medicair e Medicaid tornino in ospedale. Questa è ovviamente una sconfitta oltre che essere un costo per la struttura ospedaliera, dal momento che se il nuovo ricovero avviene entro 7 giorni dalla dimissione l’assicurazione non paga. L’Obama Care vorrebbe portare da 7 a 30 giorni l’intervallo in cui non vengono pagate le riammissioni. Da qui si desume l’importanza che spinge all’attuazione di veri e propri programmi di studio delle riammissioni per capire le motivazioni e diminuire il fenomeno; ad esempio in un programma in atto al Mercy Hospital per per ridurre le riammissioni vengono studiati i pazienti con insufficienza cardiaca, disturbi cognitivi, con Pseudomonas, attacchi di cuore per capire perché la percentuale di riammissione è così alta. Che la riammissione risulta essere anche una criticità economica appare evidente dai dati di spesa: nel 2011 in USA sono stati spesi 2,7 Trilioni di dollari per la sanità, di cui 2/3 in ospedale.
Un ultimo, ma non meno importante ruolo del farmacista in ospedale consiste nella “riconciliazione” della terapia all’arrivo del paziente in ospedale ed è in fase progettuale la riconciliazione terapeutica della terapia alla dimissione del paziente.
Anche in Italia viene fatta la riconciliazione della terapia, ma come si può notare dalla Tabella 2 non è il farmacista ad occuparsene.



L’esperienza in farmacia
Oltre alla realtà ospedaliera abbiamo avuto la possibilità di vedere altre realtà in cui il ruolo del farmacista è ben definito e diverso da quello italiano.
Siamo stati al “Center for Pharmacyst Care”, un ambulatorio di soli farmacisti, di proprietà della Duquesne University, in cui i farmacisti svolgono attività ambulatoriali di screening metabolico dei pazienti quali la misurazione della pressione , il calcolo del BMI, la misurazione della glicemia e del colesterolo, somministrano vaccini, fanno attività di counseling sulla terapia in corso, selle interazioni e controllano i dosaggi dei farmaci.
Abbiamo svolto parte del nostro percorso formativo presso il Catholic Charities, un ambulatorio di cure primarie composto da medici, farmacisti ed infermieri in cui il medico visita il paziente con il farmacista ed in seguito a prescrizione il farmacista rivede la terapia in base alla terapia già in corso e alla costo opportunità del farmaco all’interno della classe terapeutica. Ha suscitato particolare interesse in me questa tipologia di ambulatorio dal momento che il modello potrebbe essere “esportato” in Italia per essere di supporto alle scelte prescrittive mediche e di consiglio ai pazienti sui dosaggi, interazioni, avrebbe un impatto decisivo nella appropriatezza prescrittiva e nelle scelte costo efficaci.
Abbiamo infine trascorso una giornata in una farmacia di comunità, diversa dalla quasi totalità delle farmacie di comunità che si trovano all’interno di grossi store; questa farmacia era simile a quelle europee , vi era la sola gestione dei farmaci e il counseling al paziente e planning terapeutico. I farmaci venivano preparati per singolo paziente, per singola terapia e vi era a disposizione dei pazienti un servizio di consegna a domicilio o tramite posta o tramite ritiro in farmacia. In questa particolare farmacia veniva fatta anche formazione al paziente ad esempio sui farmaci generici tramite brochure informative o colloquio con i pazienti.
Conclusioni e spunti
Durante il programma di formazione abbiamo avuto la possibilità di vedere come lavora il farmacista clinico, come si approccia al paziente ed agli altri operatori sanitari, quali sono gli strumenti a supporto dell’attività e quali sono le competenze che deve avere. È stato molto interessante vedere il coinvolgimento già dall’Università degli studenti nell’attività pratica, nella stesura di documenti divulgativi legati ai farmaci, nella stesura del piano di cura del paziente o nella partecipazione all’informazione indipendente sui farmaci. Ciò rende evidente la differenza di approccio che si ha in Italia a partire proprio dalla formazione universitaria, che deve essere, a mio avviso, il primo vero cambiamento che si deve affrontare per gettare le basi della farmacia clinica; bisogna avere percorso codificato e specifico di formazione clinica per il professionista che inizia dall’Università.
Il sistema di elevata informatizzazione presente negli ospedali americani aiuta e supporta il farmacista nelle decisioni e nella diminuzione del rischio clinico e dà la possibilità di seguire tutto il processo di distribuzione e somministrazione della terapia permettendogli d’intervenire in tempo reale; ad oggi non sono molti gli ospedali italiani che vantano un’informatizzazione completa, ma si sta implementando.
Un’altra criticità italiana che non permette la crescita del farmacista clinico sono le innumerevoli mansioni di cui il farmacista (acquisti e gare, flussi di dati economici, inventario,..) si deve occupare e che dovrebbero essere svolte da altre figure affinché il farmacista possa spendere il suo tempo per l’identificazione e lo studio della miglior terapia per il paziente in un’ottica di “pharmaceutical care”.
Un’ulteriore differenza che limita il farmacista italiano è il numero esiguo di farmacisti ospedalieri e territoriali presenti nelle strutture italiane, che non ne permettono una specifica formazione in un area ed impedendone l’ingresso nel team dei reparti.
La letteratura scientifica è ormai ricca di dati che dimostrano l’incidenza del farmacista nel reparto in termini di costo efficacia delle terapie, di diminuzioni di errori terapeutici e di ADR e di riduzione delle giornate di terapia (es. per le terapie antibiotiche) e che dimostrano che l’investimento iniziale di risorse viene ripagato in termini di costi risparmiati.
Bisogna quindi iniziare a spostare il farmacista nei reparti, mettendolo a contatto con il paziente e con il medico soprattutto ora che la situazione di crisi ci impone di trovare un criterio di efficacia, sicurezza e sostenibilità delle terapie per i pazienti. Il farmacista clinico può garantire la corretta allocazione delle risorse necessaria per la sostenibilità del sistema.
Il farmacista clinico è lo specialista del farmaco, ha un ruolo cruciale nell’ottimizzare la terapia e al centro della sua attenzione c’è il paziente; questa è la sostanziale differenza con l’approccio italiano in cui tutto ruota intorno al farmaco. Il modello americano è paziente-centrico, si studia per adattare il farmaco al paziente mentre in Italia è farmaco –centrico pertanto bisogna lavorare al cambiamento di approccio.
L’innovazione è quindi variare il punto di vista: dal farmaco al paziente e dimostrare il valore del farmacista (la scelta del miglior farmaco costo efficace per il singolo paziente: Efficacia, sicurezza, risparmio), come diceva il nostro tutor americano: “treat the patient not the number”.
Sonia Venezia
IRCCS AO ASMN di Reggio Emilia
veneziasoni@yahoo.it
Introduzione
La SIFO, Società italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie, ha promosso, per cinque farmacisti ospedalieri selezionati, un percorso formativo di farmacia clinica, presso la realtà americana della Duquesne University, Mylan School of Pharmacy di Pittsburgh in Pensilvanya (USA). Il programma di formazione all’estero è durato complessivamente 1 mese, dal 16 settembre al 14 ottobre 2014 e si è sviluppato in due fasi:
1. formazione residenziale presso la Mylan School of Pharmacy:
2. formazione sul campo presso differenti ospedali e servizi afferenti a Sistemi Integrati di Salute.
Materiali e metodi
Il Direttore della Mylan School of Pharmacy J.Douglas Bricker, Ph.D. ed i docenti/farmacisti referenti Branden Nemecek, Pharm D., BCPS e David Zimmerman, Pharm D., BCPS hanno stabilito il percorso formativo e concordato con i differenti servizi di farmacia clinica, scelti in base alle esigenze formative ed ai servi offerti, i tempi e le sequenze del training. In parte, il programma è stato discusso/personalizzato con i discenti rispetto le specifiche esigenze manifestate. Il periodo di formazione si è articolato in 4 settimane.
1° settimana
La prima settimana si è svolta in corsi di formazione frontali presso la la Mylan School of Pharmacy. Il professor Giannetti ci ha introdotto al modello Americano di Assistenza Sanitaria e quindi si è discusso dell’Affordable Care Act e dei problemi legati ai costi, alla qualità e all’accesso ai servizi sanitari. Con il professor Kamal abbiamo ripensato alla farmacoeconomia come un alfabeto con il quale parlare, perché il profitto è da subito diventato il centro di ogni discorso. La dottoressa Keys ci ha mostrato l’evoluzione storica americana, che ha portato il farmacista ad essere direttamente Responsabile dell’uso delle medicine rispetto al paziente, attraverso momenti topici come l’Accreditamento, le Commissioni terapeutiche, il Comitato di controllo delle infezioni ospedaliere, la definizione di istruzioni e procedure, i percorsi di Qualità e di valutazione della Performance. I nostri tutor Nemecek e Zimmerman, da farmacisti clinici rispettivamente dell’area Medicina Interna e Pronto Soccorso, ci hanno spiegato che la pratica istituzionale del Farmacia/farmacista è strettamente connessa al tipo di organizzazione al quale risulta associata, al tipo di sistema di distribuzione utilizzato, all’organizzazione del dipartimento; e che seppur in proporzioni differenti, in ogni realtà americana il farmacista spende il proprio tempo in attività rivolte al paziente, ovvero attività cliniche, che comprendono svariate funzioni pratiche rispetto alle quali il farmacista clinico americano ha sviluppato competenze rispetto a percorsi formativi chiari e tracciati; dimostrato il valore economico che ne ha definito la priorità di intervento e l’allocazione di risorse (rivalutate con cadenza periodica); stabilito reti di interazione interprofessionale (clinici, infermieri etc.). Abbiamo introdotto il tema dell’utilizzo delle risorse elettroniche e tecnologiche e siamo stati formati a rispettare le leggi in materia di condotta etica e privacy (HIPPA http://campaigns.upmc.com/HIPPA/Index.htm). Abbiamo imparato a relazionarci ad altre figure professionali con umiltà e rispetto e a presentare i nostri progetti con Power Point convincenti nonché a partecipare in maniera attiva alla formazione (learning activities). Abbiamo fatto il Mantoux test e trovato il camice della giusta misura; così, dopo una settimana nel campus, potevamo “andare a vedere”, come e con quali specifici interventi il farmacista può impattare in maniera positiva sugli outcomes di salute del paziente (e quindi sui costi dell’assistenza/assicurazione).
2°-3° settimana
Nel corso della 2° e 3° settimana abbiamo trascorso la maggioranza del tempo presso UPMC Mercy Hospital (http://www.upmc.com/locations/hospitals/mercy/ services/Pages/default.aspx), un ospedale universitario nel quale ogni attività è formazione, ed ogni operatore è predisposto all’insegnamento/ascolto. Nella struttura vi è un’alta diffusione di tecnologia ed un elevato livello di automatizzazione del processo di distribuzione e di uso delle medicine. Risultano infatti disponibili: la Cartella Clinica Informatizzata (EHR- Electronic Health Record), che risulta interfacciata con la terapia informatizzata (CPOE Computerized prescriber Order Entry) e con Supporti alla decisione del clinico (CDS- Clinical Decision Suport). Tutte le nuove prescrizioni sono verificate dai “Pharmacist Staff” attraverso un ulteriore programma, che oltre a tracciare le operazioni, contiene supporti e raccomandazione per la verifica (Pharmacy Information System). Ogni prescrizione di farmaci, una volta validata, anche in considerazione del sistema di rimborso, risulta attiva per essere allestita/distribuita.
Nella farmacia centrale vi è:
un sistema robotizzato per l’allestimento in dose Unitaria delle somministrazioni programmate;
– un allestimento estemporaneo per le prime dosi, distribuite poi attraverso posta pneumatica;
– un’attività manuale di re-supply dei carrelli delle Urgenze/emergenze;
– uno zona sterile per l’allestimento di tutte le preparazione endovena anche attraverso l’ausilio di Coumpounding device o di formulazioni intelligenti.
Nei differenti piani vi sono stanze chiuse ed automatizzate (farmacie satellite) gestite dallo Staff della farmacia e contenenti cabine di dispensazione automatica (ADC, Automated Dispensing Units). La gestione di tutte le scorte presenti in ospedale è responsabilità della farmacia, che grazie alla tecnologia sopra indicata riesce in tempo reale ad avere: l’inventario dei prodotti e la tracciabilità dei lotti e delle scadenze. Nella attività di logistica sono impegnati circa 40 tecnici, sotto la responsabilità di un Amministrativo Leader, Margaret Barca, e 24 Pharmacist staff (non specializzati in farmacia clinica) che oltre a verificare le prescrizioni 24 ore su 24, sono responsabili dell’allestimento dei farmaci e della verifica del processo di dispensazione. In un simile scenario di automatizzazione della logistica, si è potuto sviluppare ed affermare il ruolo del farmacista clinico (15 farmacisti clinici). Nel periodo al Mercy Hospital siamo stati divisi in gruppi di uno/due persone ed abbiamo affiancato a rotazione un farmacista clinico nella gestione quotidiana delle sue attività. Tutti i farmacisti clinici incontrati (Tabella 2), indipendentemente dalla specifica area di attività, partecipano al giro visita/incontri sui pazienti, veicolano informazioni e linee guida, interagiscono direttamente con il paziente, con i clinici e gli infermieri, promuovono attività didattiche sul corretto uso dei farmaci, monitorizzano i dati di spesa della loro area, formano i farmacisti che frequentano il Residency Programs. 1 In queste settimane abbiamo, inoltre, partecipato alle riunioni di alcune commissioni, a letture magistrali, a seminari, a presentazioni tenute in vari dipartimenti e/o dagli alunni in Residency Program.
4° settimana
L’ American College of Clinical Pharmacy (ACCP) definisce la Farmacia clinica una disciplina scientifica, nella quale i farmacisti , ottimizzando le terapie, promuovendo stile di vita sani e effettuando campagne di prevenzione, forniscono assistenza ai pazienti. Nella quarta settimana abbiamo fatto esperienza di altre realtà nelle quali il farmacista svolge attività cliniche per impattare sugli outcomes di salute. Di seguito i riferimenti dei servizi che ci hanno accolto:
Center for Pharmacy Care (CPC) http://www.duq.edu/academics/schools/pharmacy/centers-and-programs/center-for-pharmacy-care
– Catholic Charities http://www.ccpgh.org/page.aspx?pid=354
– UPMC Shadyside Hospital http://www.upmc.com/locations/hospitals/shadyside/Pages/default.aspx
– Allegheny general Hospital https://www.ahn.org/
– Center of Pharmacy Services http://www.duq.edu/academics/schools/pharmacy/centers-and-programs/the-center-for-pharmacy-services
Drug Information Center http://www.duq.edu/academics/schools/pharmacy/centers-and-programs/pharmaceutical-information-center
– Hospice http://www.deltacarerx.com/
Risultati
Nel corso del mese di formazione abbiamo partecipato a circa 30 ore di formazione in aula, con 6 professori, approfondendo 7 argomenti. (Tabella 1). Abbiamo frequentato 3 ospedali, conosciuto 11 farmacisti clinici, due dei quali con incarico di tutor e seguito le loro attività in 9 differenti aree di specializzazione (Tabella 2). Abbiamo visitato 4 centri servizi nei quali opera il farmacista, fatto esperienza di 5 software informatici applicati alla assistenza sanitaria. Conosciuto una nuova associazione per farmacisti clinici (PPMI Pharmacy Practice Model Initiative). Abbiamo analizzato circa 30 casi clinici dei quali 2 in maniera approfondita. Abbiamo avuto l’opportunità di presentare una relazione in inglese e di sviluppare capacità di relazione multidisciplinare. Al termine del periodo, dopo la presentazione riguardante l’esperienza abbiamo ricevuto un Certificato di Farmacia Clinica.



Conclusioni
L’assistenza sanitaria americana è costituita da differenti organizzazioni centralizzate, che stabilendo una rete di connessioni e servizi accolgono come sotto ad un ombrello differenti tipologie di pazienti: i pazienti ricoverati/Acute care; i pazienti dimessi, i pazienti con terapie croniche o che richiedono assistenza al domicilio (Integrated Health System). Un esempio di organizzazione del sistema sanitario americano è l’UPMC. L’obiettivo finale di istituzioni /organizzazione come l’UPMC è
impattare in maniera positiva sugli outcomes di salute del paziente,
ridurre la duplicazione di servizi,
ridurre i costi.
Per raggiungere tali obiettivi si sono sviluppate attività di farmacia clinica svolte dai farmacisti in ospedali, farmacie, case di cura, servizi a domicilio, cliniche e qualsiasi altro ambiente dove i farmaci sono prescritti e utilizzati. Il farmacista clinico ha un ruolo chiaro e definito. (http://www.accp.com/about/clinicalPharmacyDefined.aspx) ed in letteratura sono presenti forti raccomandazioni positive per il coinvolgimento di questa figura in differenti settori/attività.
In Italia i percorsi di accreditamento e certificazione, lo sviluppo di commissioni e comitati, l’esigenza di elevati standard di qualità misurabili a fronte di un costo sostenibile, stanno portando in alcuni contesti ad una ridefinizione dei ruoli e delle attività del farmacista. Tuttavia, esistono barriere da considerare:
• un percorso formativo troppo farmacocentrico invece che antropocentrico;
• un basso livello di automatizzazione e di sviluppo di tecnologie, importanti, sia per la necessità di diminuire la tensione su processo di distribuzione grazie alla disponibilità di controllati sistemi automatici gestiti da tecnici, sia per la necessità di avere disponibili dati e informazioni e quindi opportuna conoscenza dello stato di salute e della cure applicate e disponibili per uno specifico paziente.
Inoltre, in ogni singolo contesto lo sviluppo del farmacista clinico dipende da numerosi altri fattori:
• presenza di leadership in Direzioni/Regione/Ministero della Salute
• relazioni della Farmacia con infermieri, medici ed amministrazione dell’ospedale
• coinvolgimento dei colleghi della farmacia che restano nella sede centrale
• cultura del dipartimento predisposta ad un approccio multidisciplinare
Il periodo in USA è stato molto interessante per lo scambio di esperienze che si è stabilito con i colleghi americani. Seppur vi sia scarsa riproducibilità delle attività perché i contesti operativi sono profondamente differenti, gli obiettivi sono i medesimi e dal confronto sono emerse nuove idee e collaborazioni da coltivare.
Lettura consigliata
– Holdford David A, Brown Thomas R.. Introduction to Hospital & Health System Pharmacy Practice. American Society of Health-System Pharmacist, 2010.
Ringraziamenti
Alla SIFO, ai colleghi che mi hanno sostenuto e sostituito, ai miei compagni di squadra: Antonio, Branden, Chiara, David, Francesca e Silvia, ai nostri allenatori il Dean J. Douglas Bricker & Liliana e naturalmente a mio marito che fa il tifo per me.