L’evoluzione del ruolo del farmacista in tempo di pandemia: passato, presente e futuro

Antonella Risoli,1 Debora Severino,2 Ilaria Sconza,2 Martina Cannataro,2 Livia Ruffolo,2 Nadia Caporlingua,3 Elena Loche,4 Nicola Nigri,5 Stefano Loiacono,6 Marianna Veraldi,7 Ruggero Lasala,8 Giuseppe Rizza,9 Riccardo Provasi,10 Alessandra Maestro,11 Emilia Falcone,12 Sara Dereani,13 Salvatore Nurra,14 Davide Zanon,11 David Zenoni15

1 U.O.C. Farmacia Ospedaliera, P.O. “S.S. Annunziata”, Cosenza
2 SSFO Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
3 SSFO Università degli Studi di Messina
4 Policlinico Campus Bio-Medico, Roma SSFO
5 Dipartimento Assistenza Farmaceutica, P.O. di Foligno, USL Umbria 2
6 AULSS 1 - Dolomiti
7 Azienda Ospedaliera Universitaria Mater Domini –Catanzaro
8 Farmacia P.O. Corato, ASL Bari
9 Farmacia Ospedaliera, Istituto Clinico Sant’Anna, Brescia
10 S.C. Assistenza Farmaceutica, ASUGI - Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina
11 SSD Farmacia e Farmacologia Clinica, IRCCS Burlo Garofolo Trieste
12 Farmacia Ospedaliera USL Toscana Sud Est - sede Grosseto
13 U.O.C. Farmacia, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata Friuli Centrale
14 Servizio Assistenza Farmaceutica Territoriale - ASSL Sassari, ATS Sardegna
15 U.O.C. Farmacia, ASST Nord Milano

In questo contesto di emergenza pieno di incertezze, nuove esigenze hanno colpito improvvisamente la comunità, sollecitando l’adozione di responsabilità etiche su molteplici questioni: l’implementazione di severe misure per tutelare la salute pubblica, come il distanziamento sociale e la quarantena, che ha visto il blocco di intere comunità; lo squilibrio tra bisogni e risorse disponibili; l’identificazione di criteri di selezione per la distribuzione dei dispositivi di protezione individuale (DPI); la definizione delle categorie che dovrebbero essere principalmente sottoposte a test diagnostici; l’assegnazione dei posti in Terapia Intensiva; l’elezione dei pazienti da sottoporre a ventilazione meccanica e, infine, le scelte relative all’uso di terapie sperimentali oppure off-label. Nonostante la natura non farmacologica di queste politiche per la tutela della salute pubblica, i farmacisti ospedalieri e di comunità hanno svolto e svolgono ancora un ruolo chiave nel contenimento e nella gestione della pandemia causata da COVID-19, che sta rappresentando un’unica e vera sfida, dal punto di vista economico, sociale, culturale, politico oltre che, indubbiamente, sanitario ed etico.1 La figura professionale del farmacista ha conosciuto negli ultimi decenni un progressivo ampliamento delle proprie responsabilità. Se dapprima il ruolo era “rivolto al paziente”, consistendo principalmente nell’erogazione delle terapie prescritte, negli ultimi decenni si è spostato verso l’essere “basato sui servizi” e “centrato sul paziente”. La stessa tipologia di servizi offerti dai farmacisti si sta progressivamente espandendo verso aree non strettamente farmaceutiche, con l’erogazione di una serie di servizi non farmacologici, come l’attività di counseling ai pazienti. Diversi fattori di evoluzione hanno facilitato e contribuito a questa transizione: progressi scientifici e tecnologici; cambiamenti economici e finanziari, con la necessità di implementare nuovi modelli di business e l’evoluzione del modello di cura, attualmente più focalizzato sui pazienti e sui loro bisogni (la cosiddetta “medicina su misura, personalizzata o individualizzata” invece che di “taglia unica “) (Figura1).2,3




I farmacisti ospedalieri e di comunità hanno reagito rapidamente alla pandemia in corso. Il 5 febbraio 2020, la “International Pharmaceutical Federation” (FIP) ha pubblicato una guida dal titolo “Epidemia di Coronavirus 2019-nCoV: informazioni e linee guida ad interim per i farmacisti e il personale farmaceutico”.4 Queste Linee Guida sono state adattate in base al contesto e all’impostazione di ciascun Paese: ad esempio, Chinese Pharmaceutical Association (CPA) ha pubblicato un lavoro intitolato “Infezione da Coronavirus SARS-CoV-2: consenso di esperti sulla guida al lavoro farmaceutico ospedaliero e strategie di prevenzione e controllo”,5 seguito da “Infezione da Coronavirus SARS-CoV-2: consenso di esperti sul lavoro. Strategie di orientamento e prevenzione e controllo per le farmacie al dettaglio”. Negli Stati Uniti, l’American Medical Association (AMA), l’American Pharmacists Association (APA) e l’American Society of Health-System Pharmacists (ASHSP) hanno pubblicato Linee Guida simili.6,7 Durante l’epidemia, sia i farmacisti ospedalieri che di comunità hanno continuato a garantire un approvvigionamento costante di farmaci e medicinali, stabilendo stretti contatti con aziende farmaceutiche e produttori quando necessario e fornendo nuovi servizi di rifornimento di farmaci, come la consegna a domicilio per pazienti anziani, immunocompromessi o affetti da malattie cronico-degenerative, o la fornitura diretta tramite farmacie di comunità, al fine di evitare al paziente l’accesso a farmacie ambulatoriali o ospedaliere. Garantire la continuità delle cure è, infatti, estremamente importante durante i momenti più critici, soprattutto nelle zone rurali e svantaggiate.6 È indiscutibile che il farmacista nell’equipe dei professionisti sanitari, al fianco dei prescrittori, rivesta un ruolo chiave nel miglioramento generalizzato del paziente, nella riduzione del danno prevenibile, nel risparmio del sistema sanitario e nel miglioramento nella pratica di prescrizione dei medici di base (MMG), migliorando così la continuità assistenziale ospedale-territorio. Particolari benefici sono stati osservati non solo per l’attuale patologia in atto, ma anche per i pazienti con condizioni croniche, malattie rare, che presentano di base una situazione di fragilità medica e sociale. I farmacisti hanno peraltro cercato di garantire una fornitura stabile di disinfettanti per le mani a base di alcol e di DPI, come guanti e mascherine. Complessivamente, questi nuovi ruoli portano alla creazione di quello che è stato definito come un “sistema di garanzia del supporto di emergenza in farmacia”, che mira sistematicamente a implementare meccanismi e strategie per far fronte alla carenza di farmaci attraverso sorveglianza attiva, allarmi tempestivi, garantendo la fornitura e la distribuzione in emergenza dei farmaci, monitorando il profilo di sicurezza dei medicinali prescritti, segnalando eventuali effetti collaterali e fornendo cure farmaceutiche basate su eventi e dati durante la pandemia COVID-19.8 I farmacisti ospedalieri, insieme al resto del team sanitario, hanno garantito infatti gli approvvigionamenti necessari, supervisionando il consumato, senza compromettere l’efficacia della terapia o la sicurezza del paziente. Alcuni pazienti critici con polmonite da COVID-19 hanno richiesto infusioni continue e sedative ad alte dosi di farmaci, per mantenere adeguati livelli di saturazione e, per soddisfare questa domanda, i farmacisti hanno utilizzato le loro conoscenze sulla compatibilità e stabilità dei farmaci personalizzati.

Appare chiaro che l’attività dei farmacisti ospedalieri nella gestione della terapia sia una condizione che trova un’ampia applicazione in vari contesti.

In tal senso il farmacista ospedaliero porta su di sé il senso di responsabilità in materia di appropriatezza prescrittiva anche durante una condizione di emergenza sanitaria. L’appropriatezza infatti deve essere sempre correlata ad un intervento sanitario specifico al bisogno del paziente, in termini di efficacia ed approccio verso una determinata patologia, che necessita a sua volta di un intervento terapeutico adeguato. Valutando sempre gli standard riconosciuti, con un bilancio positivo tra benefici e rischi e costo/efficacia, con l’avvento della pandemia da SARS COV-2 il professionista ospedaliero ha messo in evidenza come l’appropriatezza prescrittiva sia fondamentale per l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti farmacologici, sia per l’efficiente allocazione delle risorse del Servizio Sanitario Nazionale, sia per la tempestività dei trattamenti. Una prescrizione farmacologica può essere considerata appropriata se effettuata all’interno delle indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace e nell’ambito delle sue indicazioni d’uso (dose e durata del trattamento) ma, a causa della pandemia, il tutto si è dimostrato più articolato e di difficile applicazione. La fragilità di un sistema basato sulle certezze si è sgretolato di fronte ad un evento che ha messo in discussione ogni approccio alla gestione della malattia e di conseguenza anche a quello terapeutico. Li et al.9 hanno evidenziato il ruolo dei farmacisti clinici nel fornire ai pazienti formazione sui farmaci e gestione della terapia farmacologica, dando assistenza psicologica al pubblico attraverso una varietà di metodi, compresa la consulenza telematica. Lo sviluppo di servizi farmaceutici remoti innovativi, anche rispetto ai pazienti domiciliari in quarantena con malattie croniche, suggerisce l’importanza della consultazione dei professionisti durante la pandemia COVID-19 (Tabella 1).




Lo sviluppo della sperimentazione clinica farmacologica in ambito internazionale ha portato anche ad un ruolo sempre più importante della figura professionale del farmacista. Luisetto et al.13 hanno sottolineato che il miglioramento clinico generale è stato ottenuto grazie alla presenza stabile di un farmacista clinico in molte équipe mediche. Il codice europeo di buona pratica clinica (GCP) stabilisce (articolo 4.6.2) che, laddove consentito/richiesto, lo sperimentatore/istituzione può/dovrebbe assegnare alcuni o tutti i compiti riguardanti la responsabilità dei prodotti in sperimentazione durante lo studio a un farmacista o un altro individuo appropriato, che sia sotto la supervisione dello sperimentatore/istituzione. Inoltre, l’articolo 4.6.3 stabilisce che “lo sperimentatore/istituzione e/o un farmacista o un altro individuo appropriato, designato dallo sperimentatore/istituzione, devono conservare i registri della consegna del prodotto al sito di sperimentazione, l’inventario presso il sito, l’uso da parte di ciascun soggetto e la restituzione allo sponsor o la disposizione alternativa dei prodotti non utilizzati”. All’interno dei comitati etici delle sperimentazioni cliniche, il farmacista riveste un ruolo chiave sia nella fase autorizzativa del protocollo, sia in quella successiva della stipula del contratto tra il promotore/sponsor e l’Azienda Sanitaria (es. verifica della fattibilità locale della sperimentazione in relazione alle risorse disponibili e alle strutture presenti, appurando che nessun ulteriore grave onere venga imposto all’azienda e che il farmaco sia effettivamente erogato dallo sponsor se previsto). Nel caso di protocolli non profit, il farmacista è tenuto a verificare la sussistenza dei requisiti non profit dello studio stesso.

Nelle Procedure Volontarie di Armonizzazione (VHP) progettate per protocolli clinici che si svolgono in diversi stati dell’Unione Europea (Regolamento 536/2014 riguardante le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano), il farmacista ospedaliero svolge anche un ruolo importante di collegamento/ponte tra i promotori, l’Autorità Competente e gli ufficiali scientifici locali, con l’obiettivo di testare il modello di valutazione armonizzato delle sperimentazioni cliniche nell’Unione Europea. A livello globale, durante la pandemia COVID-19, i farmacisti hanno svolto un ruolo essenziale nel facilitare la ricerca di nuove terapie sperimentali in studi controllati per la profilassi e il trattamento del COVID-19 e nell’aiutare a ottenere farmaci attraverso protocolli di uso compassionevole. In particolare, hanno svolto un ruolo chiave nel supportare la valutazione dell’idoneità dei pazienti attraverso un uso compassionevole, al fine di acquisire il parere favorevole del Comitato Etico per l’uso di un nuovo farmaco sperimentale di emergenza, per garantire la consegna tempestiva dei farmaci al paziente ed eventualmente accelerare il tempo per l’inizio della terapia. Inoltre, come indicato da Gross et al.,14 l’approccio critico dei farmacisti ha avuto un ruolo essenziale nella revisione e nell’interpretazione delle informazioni sui farmaci approvati per altre indicazioni e nel riproporli per COVID-19, per fornire supporto clinico e logistico. La capacità del farmacista è anche quella di promuovere farmaci con un’emivita più lunga e di valutare se ridurre la frequenza dei contatti con il personale clinico.

Nella fase iniziale della pandemia, gli ostacoli principali hanno riguardato anche le carenze e le indisponibilità, principalmente dei farmaci e dispositivi medici maggiormente utilizzati nei reparti in prima linea nella gestione del COVID-19, come le terapie intensive e le rianimazioni, protagoniste anche di momenti di sovraffollamento e/o collasso. Nella seconda fase, invece, queste problematiche si sono mostrate leggermente ridotte, per una gestione migliore dei prodotti disponibili, supportata anche dalla capacità di fare rete tra professionisti del campo. In un clima di profonda incertezza e di variabilità, la figura del farmacista ospedaliero ha rappresentato la chiave per un ottimale management delle risorse disponibili. Si tratta infatti di attività di approvvigionamento, preparazione, conservazione, sicurezza, distribuzione, dispensazione, amministrazione e smaltimento sicuro delle risorse. I farmacisti ospedalieri hanno comprovata esperienza nella selezione dei formulari ospedalieri, nella composizione e nella corretta conservazione dei medicinali; sono in grado di intervenire in caso di prescrizione irrazionale e/o uso inappropriato di farmaci per quanto riguarda indicazioni errate, scelta sbagliata del farmaco, regime di dosaggio errato e aggiustamento della dose, così come di indicare eventuali usi off-label. I farmacisti ospedalieri sono la porta di accesso all’assistenza sanitaria e al sistema sanitario per i pazienti nei contesti del territorio. Questa posizione fornisce loro opportunità uniche in quanto possono direttamente interagire ed educare i pazienti sulla prevenzione delle infezioni, contribuendo ad annullare comportamenti e percezioni malsane, cause di uso inappropriato dei farmaci.15 Essi dunque fungono da rinforzo all’interno del sistema sanitario e sono nella posizione migliore per fornire informazioni aggiornate, non solo ai medici prescrittori, ma anche ai professionisti sanitari, creando un momento di stewardship in friendship. Dunque, nella gestione della logistica, la presenza del farmacista ha favorito la rilevazione dei bisogni, la disponibilità nel tempo dei farmaci in reparto, compresi preparati sterili e non, il coordinamento con la farmacia centrale. (Tabella 2)




Alla luce di quanto detto, possiamo senza dubbio considerare il farmacista ospedaliero come un facilitatore che ha l’obiettivo di dare chiarezza e soprattutto sostegno nelle scelte mediche. Le funzioni che il farmacista ospedaliero è chiamato ad assolvere sono innumerevoli, dalla collaborazione nel team multidisciplinare, in cui la cura del paziente è condivisa da diversi professionisti della salute, alla ricerca di nuove vie terapeutiche, per poter far fronte alla sintomatologia ingravescente, al semplice sostegno per riuscire ad ottenere in tempi ragionevoli quanto è di necessità per il paziente, ma anche per la protezione degli stessi colleghi. Una misura dell’impatto del farmacista è certamente la riduzione dei problemi legati alle reazioni avverse, date dal ruolo di “facilitatore” nei reparti al fianco del medico e dell’infermiere, nell’ambito di un team sempre più specialistico e multidisciplinare. L’attività sanitaria dovrebbe implementare la partecipazione quotidiana dei farmacisti ospedalieri in qualità di farmacisti di reparto durante le sessioni cliniche, in cui l’équipe sanitaria valuta le decisioni terapeutiche da prendere, sulla base delle cartelle cliniche dei pazienti. La compresenza di diversi professionisti è volta a facilitare il processo decisionale terapeutico, anche nei casi più complessi. Nella gestione della conoscenza, spiccano la riconciliazione e la ricognizione, effettuate anche dal farmacista ospedaliero; la sua presenza quotidiana e il lavoro congiunto con l’intero team multidisciplinare dimostrano il valore aggiunto che il farmacista può portare perché, oltre a una gestione efficiente delle risorse, al supporto nel processo decisionale clinico e ad azioni di miglioramento, fornisce il clima di fiducia interprofessionale necessario per rispondere alla complessità del paziente critico. In Italia, seppur siano descritte alcune esperienze, il modello del farmacista di reparto o di dipartimento non è ancora ampiamente diffuso, ma, proprio con l’esacerbazione indotta dalla pandemia da SARS-CoV-2, va riconosciuto che il farmacista quotidianamente interviene sul controllo dell’appropriatezza prescrittiva, sulla qualità dell’assistenza farmaceutica e sul governo della spesa, in piena collaborazione con le altre Unità Operative e Servizi coinvolti nel processo. Ciò implica un’assistenza basata sul team multidisciplinare e una collaborazione proattiva con altri operatori sanitari nell’ambito della pratica del farmacista mentre ci si assume ulteriori responsabilità.16 Il ruolo dei farmacisti ospedalieri in qualità di facilitatori è quello di fornire informazioni basate sull’evidenza, mostrare sostegno e uno spirito collaborativo verso tutti coloro che hanno bisogno, in qualità di professionista del farmaco e del dispositivo medico, nonché valido supporto al fianco del professionista sanitario.

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