Aspirina in prevenzione primaria per eventi cardiovascolari: nuove evidenze sollevano dubbi in merito al suo utilizzo

Marco Bellizzi

Dirigente Farmacista - ASST Valtellina ed Alto Lario, Ospedale Civile di Sondrio

Huang W, Saver JL, Wu YL, Lin C-J, Lee M, Ovbiagele B.
Frequency of Intracranial Hemorrhage With Low-Dose Aspirin in Individuals Without Symptomatic Cardiovascular Disease, A Systematic Review and Meta-analysis.
JAMA Neurol 2019;76(8):906-14. doi:10.1001/jamaneurol.2019.1120

Abstract

L’utilizzo di aspirina a basse dosi in prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari rimane controversa poiché un aumento del rischio di sanguinamento potrebbe esser compensato da un beneficio complessivo. Tra gli eventi emorragici più problematici si riscontra l’emorragia intracranica, la quale è associata ad un più alto tasso di mortalità in maniera funzionalmente dipendente.

Obiettivi

La metanalisi ha posto come obiettivo principale la valutazione del rischio di emorragie intracraniche associato all’utilizzo di aspirina a basso dosaggio in individui privi di sintomi cardiovascolari.

Fonti dei dati della ricerca

Embase, the Cochrane Central Register of Controlled Trials, Clinical Trials.gov, periodo: gennaio 1966 - ottobre 2018.

Studi selezionati

Trial clinici randomizzati che comparavano aspirina a basso dosaggio (dose giornaliera ≤ 100mg) verso controllo nei quali l’end-point ‘emorragia intracranica’ fosse valutato separatamente per il braccio di trattamento rispetto a quello di controllo.

Estrazione dati e calcolo

La stima dell’effetto casuale è stata calcolata in base al metodo Mantel-Haenszel ed il rischio relativo (IC al 95%) utilizzato per valutare il rischio di emorragia intracranica dell’utilizzo di aspirina rispetto al controllo.

Outcome principali

I principali outcome misurati sono stati: emorragia intracranica, emorragia intracerebrale, emorragia subdurale o extradurale ed emorragia sub aracnoidea (aspirina vs controllo).

Risultati

La ricerca ha valutato 13 trial clinici randomizzati che prevedevano l’uso di aspirina a basso dosaggio in prevenzione primaria di eventi cardiovascolari (vedi outcome), arruolando 134.446 pazienti.

La condivisione dei risultati estrapolati dal modello a effetti casuali ha mostrato che l’aspirina a basso dosaggio, rispetto al controllo, si associa ad un aumentato rischio di sanguinamento intracranico (8 studi; rischio relativo: 1,37; IC al 95%, range: 1,13-1,66; 2 emorragie intracraniche addizionali per 1000 persone), dove l’incremento potenzialmente maggiore di rischio relativo si è riscontrato per l’emorragia subdurale o extradurale (4 studi; rischio relativo: 1,53; IC 95%, 1,08-2,18) rispetto all’emorragia intracerebrale e subaracnoidea.

L’aumento del rischio di emorragia intracerebrale nei pazienti in trattamento con aspirina a basso dosaggio è stato più evidente in pazienti di razza/etnia asiatica e nei pazienti con basso indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI).

Conclusioni

Nel macro-gruppo di persone prive di malattia cardiovascolare sintomatica, l’uso di acido acetilsalicilico a basse dosi è stato associato ad un aumentato rischio complessivo di emorragia intracranica e, più specificatamente, ad un aumentato rischio di emorragia intracerebrale per gli individui di razza/etnia asiatica o presentanti un basso indice di massa corporea.

Aspirin for primary prevention in the elderly
Marwan Saad, Hesham K. Abdelaziz, Jawahar L. Mehta
Aging (Albany NY). 2019; 11:6618-9. https://doi.org/10.18632/aging.102255

L’acido acetilsalicilico (ASA), più comunemente noto come aspirina, è uno dei farmaci più utilizzati in tutto il mondo, sia in prevenzione secondaria sia in prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari (CVD). Si stima che circa 36 milioni di adulti, pur non avendo presentato un precedente evento CVD, assumano aspirina nei soli Stati Uniti. Diversi studi randomizzati controllati, sin dalla sua approvazione per la prevenzione secondaria degli eventi CVD da parte della FDA, ne hanno esaminato il potenziale beneficio anche in prevenzione primaria. Sebbene i primi studi abbiano mostrato un beneficio in prevenzione primaria nel ridurre gli eventi cardiovascolari (CV), col passare del tempo gli stessi sono stati messi in discussione da studi più recenti che, paradossalmente, hanno ipotizzato un rischio di sanguinamento che superi gli eventuali benefici di prevenzione da eventi CV. Questo ha portato ad una modifica delle raccomandazioni relative all’impostazione di nuove terapie verso i pazienti di età compresa tra i 60-70 anni che presentano un rischio cardiovascolare.

Circa un anno fa, sulla base di 3 studi, che hanno sollevato domande relative ai benefici dell’aspirina in prevenzione primaria, sono stati apportati nuovi aggiornamenti delle linee guida per le cure preventive dell’AHA/ACC.

In aggiunta a ciò, una successiva meta-analisi di 15 studi randomizzati (vedi pagina successiva), che ha coinvolto un totale di 165.502 partecipanti, ha confermato la mancanza di beneficio riferito alla riduzione della mortalità dell’aspirina nella prevenzione primaria riscontrando, tra l’altro, un tasso più elevato di sanguinamenti non-fatali. Inoltre, il tasso di incidenza di cancro o di morte per cancro non è parso ridursi con l’utilizzo di aspirina con follow-up a 6,5 anni.

L’aumento considerevole dell’aspettativa di vita ha portato ad un sostanziale spostamento demografico che vede un netto invecchiamento della popolazione, e questo incide sul rischio di insorgenza di CVD per le quali il rischio raddoppia con ogni decennio di vita, indipendentemente dai tradizionali fattori di rischio. Ciò identifica le CVD come principale causa di disabilità e morte nella popolazione anziana; pertanto, per quanto asserito, la prevenzione primaria è divenuta una priorità.

L’utilizzo dell’aspirina in prevenzione secondaria in tutte le popolazioni è stato accettato a livello scientifico su base mondiale in quanto i benefici, che si traducono in una riduzione nel numero di infarti del miocardio e di ictus, superano i rischi di sanguinamento maggiore.

I dubbi sorgono in riferimento alla prevenzione primaria, come evidenziato in tale meta-analisi, poiché il rapporto rischio-beneficio non è stato del tutto definito in maniera chiara negli studi di prevenzione primaria.

Questa analisi ha coinvolto diversi trial, rilevando come anche se nessuno studio principale abbia arruolato esclusivamente soggetti anziani, ad eccezione del trial ‘Effect of Aspirin on Cardiovascular Events and Bleeding in the Healthy Elderly’ (ASPREE), l’eterogeneità relativa agli outcome cardiovascolari sia risultata minima in base alla differenza d’età nei sottogruppi analizzati (<65 vs > 65 anni).

Nello studio ASPREE condotto esclusivamente in adulti sani di età maggiore di 70 anni (o ≥ 65 anni tra neri e ispanici), l’assunzione di ASA a basso dosaggio non solo non è riuscita a ridurre il rischio di eventi CVD, ma ha aumentato significativamente il rischio di eventi emorragici maggiori. Oltre a ciò, l’aspirina non ha mostrato beneficio alcuno in termini di sopravvivenza libera da malattia (disability-free survival).

Il rischio di sanguinamento aumenta con l’avanzare dell’età, attestandosi su un incremento del 50% per il rischio di ictus emorragico e quasi del 100% (il doppio) per il rischio di sanguinamento extracranico maggiore per ogni decennio di età, indipendentemente dall’uso di aspirina. Pertanto, è fondamentale quantificare in maniera puntuale la riduzione del rischio relativo degli eventi CVD (beneficio) in confronto all’eventuale aumento del rischio di sanguinamento. Inoltre, bisogna considerare che i pazienti anziani spesso presentano comorbilità importanti, come il dolore cronico, che portano a un maggiore utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) che incidono sull’aumento del rischio di sanguinamento gastrointestinale potenziando, tra l’altro, l’effetto antiaggregante proprio dell’aspirina.

Stando ai dati attuali, potrebbe esser ragionevole considerare altre strategie di prevenzione primaria verso l’insorgenza di CVD ‘indirizzando’ la prescrizione di acido acetilsalicilico a basso dosaggio, specialmente negli anziani, ai singoli casi dove il profilo rischio-beneficio sia favorevole verso la prevenzione di eventi CVD rispetto al rischio di sanguinamento, identificabile con molteplici fattori quali: pregresso sanguinamento gastrointestinale; concomitanti patologie epatiche o renali; rischio di caduta, fragilità e uso concomitante di anticoagulanti, inclusi i FANS.

I risultati della meta-analisi suggeriscono come sia più prudente utilizzare bassi dosaggi di aspirina quando la terapia è ritenuta necessaria*.

*[I risultati fanno riferimento ad un lavoro più ampio, schematizzato nell’abstract sottostante].

Aspirin for Primary Prevention of Cardiovascular Events
Hesham K. Abdelaziz, Marwan Saad, Naga Venkata K. Pothineni, Michael Megaly, Rahul Potluri, Mohammed Saleh, David Lai Chin Kon, David H. Roberts, Deepak L. Bhatt, Herbert D. Aronow, J. Dawn Abbott and Jawahar L. Mehta
Journal of the American College of Cardiology 2019;73:23.

Abstract

Obiettivi Lo studio si è proposto di esaminare gli outcome clinici per la prevenzione primaria dei CVD per soggetti in trattamento con aspirina in riferimento a diversi trial clinici.

Metodi

Sono stati inclusi trial clinici controllati randomizzati che confrontavano soggetti in terapia con aspirina verso controllo in merito alla prevenzione primaria di eventi CV con un follow-up riferito ad un periodo >1 anno. Gli esiti di efficacia hanno incluso: morte per tutte le cause, morte cardiovascolare (CV), infarto del miocardio (IM), ictus e attacco ischemico transitorio (TIA). Gli esiti di sicurezza hanno incluso: sanguinamento maggiore; sanguinamento intracranico; sanguinamento fatale e sanguinamento gastrointestinale maggiore (IG). Sono stati calcolati gli effetti casuali con il metodo DerSimonian-Laird (RR) per il rapporto di rischio.

Risultati

L’analisi ha riguardato 15 studi randomizzati controllati che includevano 165.502 partecipanti (gruppo aspirina = 83.529, gruppo controllo n = 81.973). Rispetto al controllo, l’aspirina è stata associata ad un tasso di morte per qualsiasi causa (RR: 0,97; intervallo di confidenza al 95% [CI]: da 0,93 a 1,01), morte CV (RR: 0,93; IC al 95%: da 0,86 a 1,00) e morte non CV (RR: 0,98; IC al 95%: da 0,92 a 1,05) simili, ma ad un rischio inferiore di IM non fatale (RR: 0,82; IC al 95%: da 0,72 a 0,94), TIA (RR: 0,79; IC al 95%: da 0,71 a 0,89 ) e ictus ischemico (RR: 0,87; IC al 95%: da 0,79 a 0,95). L’aspirina, rispetto ai soggetti di controllo, è stata associata a un più alto rischio di sanguinamento maggiore (RR: 1,5; IC 95%: 1,33-1,69), sanguinamento intracranico (RR: 1,32; IC 95%: 1,12-1,55) e sanguinamento gastrointestinale maggiore (RR: 1,52; 95 % IC: da 1,34 a 1,73), mentre a tassi simili di sanguinamento fatale (RR: 1,09; IC al 95%: da 0,78 a 1,55).

Conclusioni

L’aspirina in prevenzione primaria riduce gli eventi ischemici non fatali ma aumenta significativamente gli eventi di sanguinamento.