Relazioni Exchange Program - SIFO 1014
Percorso formativo presso la University of Pittsburgh
Medical Center (UPMC)

Relazioni di: Paola Allegri, Alfredo Ascani, Elena Loche, Alessio Provenzani

Paola Allegri
La University of Pittsburgh Medical Center (UPMC) gestisce più di venti ospedali. Tra i molteplici corsi universitari è tenuto presso la School of Pharmacy quello che prepara i futuri farmacisti. La mia esperienza ha riguardato la possibilità sia di seguire il lavoro del farmacista clinico in reparto a fianco del medico e degli infermieri, sia di assistere alle lezioni della facoltà di Farmacia insieme agli studenti.
Il mio obiettivo era quello di sperimentare il modello di farmacista clinico che partecipa con il medico, l’infermiere e tutto lo staff sanitario ad impostare la terapia più idonea per il paziente, come ho avuto modo di anticipare nella domanda di partecipazione all’Exchange program – SIFO.
Il referente di questo percorso è stata Heather Johnson farmacista clinica della Transplant Intensive Care Unit (TICU) e docente alla School of Pharmacy. Durante la prima giornata ho potuto accompagnarla al “giro visita” che quotidianamente fa con i medici. Nei giorni seguenti ho partecipato con altri suoi colleghi al giro visita in altri reparti di terapia intensiva: renal heart lung TICU, trauma ICU, neurology ICU, emergency dept. Ho trovato un grande entusiasmo da parte di tutti i sanitari nel lavorare per il bene del paziente e nel voler trasmettere le loro conoscenze anche a me, che vengo da una realtà così diversa.
Nella realtà americana, prima di tutto il farmacista si documenta, mediante accesso a un database che riporta l’anamnesi e gli esami clinici, per avere tutti i dati relativi al paziente e controlla la terapia in atto.
Fondamentale è l’intervista del farmacista al paziente. In particolare mi ha colpito il colloquio del farmacista del reparto di Emergenza con una paziente: il protocollo prevede che il farmacista si presenti e, seguendo uno schema preimpostato, documenti tutte le informazioni sulla terapia in atto al momento del ricovero informandosi sulle possibili allergie, su terapie di supporto con integratori o prodotti di erboristeria, che possono interferire con i farmaci che assume. Tutte le informazioni vengono aggiunte nel programma di gestione, accessibile agli operatori sanitari tramite postazioni fisse, ma anche e soprattutto mobili.
L’infermiere che ha in carico il paziente espone, davanti allo stesso paziente e/o ai suoi familiari, a seconda della gravità delle condizioni, l’anamnesi recente al team formato dai medici con varie specializzazioni, dal farmacista e dagli studenti specializzandi, che hanno l’opportunità di mettere in pratica immediatamente quello che stanno imparando a lezione.
Il medico responsabile, prima di decidere la terapia del paziente, chiede informazioni al farmacista sul tipo di farmaco, su dosi, tempi e modalità di somministrazione e il farmacista dà consigli in relazione alle condizioni del paziente (funzionalità renale ed epatica, alimentazione, allergie) e alle incompatibilità con i farmaci assunti o alla possibilità di passare dalla via parenterale a quella orale. Tutto ciò è supportato da protocolli, che sono stati studiati e condivisi con tutti gli operatori, e da studi di EBM per i farmaci più innovativi. È compito degli specializzandi, come vero e proprio iter scolastico fin dal primo anno, presentare questi studi.
Quello che ho particolarmente apprezzato è che i medici si appoggiano quasi totalmente al consiglio del farmacista, che è specializzato in quel settore ed è in grado di dare le informazioni più appropriate.
La farmacia consegna al reparto i farmaci per il paziente in dose unitaria, sia in forma iniettabile che orale. Amy Seybert, la responsabile della Farmacia, mi ha fatto visitare la farmacia centrale: qui lavorano circa quindici farmacisti, 24 ore su 7 giorni, che verificano le terapie che vengono richieste e le inviano per l’allestimento a due robot che preparano le singole dosi per ogni paziente. Le terapie iniettabili endovenose e la TPN vengono allestite in una camera bianca da tecnici specializzati.
Questo fa sì che in reparto le scorte siano ridotte e comunque anche le giacenze in farmacia siano contenute: c’è quello che serve per la preparazione della dose unitaria. Tenuto conto che la farmacia serve strutture ospedaliere per un totale di circa 5000 posti letto, a me è sembrata piccola se raffrontata alle nostre in Italia. L’organizzazione e le procedure specifiche attuate da tutto il personale permettono che tutto funzioni per il meglio.
Ho potuto constatare che la maggior parte degli operatori è molto giovane ed inoltre gli specializzandi alla fine del loro iter di studio sono certi di avere il posto di lavoro dove hanno fatto il tirocinio.
Il fatto di aver constatato che, anche se molto lontano da noi (non solo per le 4000 miglia che ci dividono), questo modello funzioni, mi ha dato lo stimolo per introdurre la figura del farmacista di reparto nell’ospedale dove lavoro. Ho presentato la mia esperienza al primario del reparto di Malattie Infettive con cui collaboro tutti i giorni per informazioni sugli antibiotici e antivirali e ho concordato di partecipare almeno un giorno alla settimana o su loro richiesta al giro visita. Ho trovato da parte dei colleghi medici una grande volontà di collaborazione e questo può essere forse il primo passo per costruire la nuova figura del farmacista ospedaliero, non più chiuso nei sotterranei della farmacia, ma che lavora in reparto a fianco del medico e degli infermieri vicino al paziente.
Durante le quattro settimane del programma di scambio ho anche avuto modo di assistere alle lezioni degli studenti di Farmacia. È tutto impostato in modo tale che lo studente metta subito in pratica le nozioni acquisite durante le lezioni tradizionali, gli insegnanti stimolano molto tutti i ragazzi a partecipare attivamente alla lezione. Mi ha molto impressionato la lezione tenuta da alcuni gruppi di specializzandi ai loro colleghi su argomenti che riguardavano il trapianto di cuore. Alla fine di ogni presentazione sia gli specializzandi che i professori, ma anche alcuni pazienti trapiantati che hanno portato la loro testimonianza, hanno chiesto informazioni su farmaci: questo ha fatto capire che ciò che stanno studiando ha dei risultati pratici positivi.
Un altro metodo di apprendimento è la creazione di situazioni in cui uno studente impersona un paziente con un particolare problema di salute e, a turno, gli altri studenti devono cercare di individuare la patologia ed indicare il farmaco giusto applicando protocolli e procedure.
L’opportunità che mi è stata concessa mediante l’exchange program all’UPMC si è rivelata un’esperienza unica ed indimenticabile e penso che sia indispensabile per i giovani farmacisti poter partecipare ad altre occasioni di scambio.
Alfredo Ascani
Il periodo trascorso negli USA, insieme ad altri tre colleghi italiani, presso l’University of Pittsburgh Medical Center (UPMC), in veste di “observer”, è stato di quattro settimane, dal 27 ottobre al 21 novembre 2014.
Il nostro stage è stato organizzato dalla Dr.ssa Heather Johnson, con la supervisione della Dr.ssa Amy Seybert.
L’UPMC è un azienda sanitaria e assicurativa globale con sede a Pittsburgh (Pennsylvania –USA-), con oltre 62.000 dipendenti, 22 ospedali ed è affiliato con l’ University of Pittsburgh Schools of the Health Sciences.
L’UPMC è stato valutato come il decimo tra gli ospedali degli USA ed il primo dello Stato della Pennsylvania.
Durante il periodo trascorso all’UPMC ho potuto osservare sia il percorso formativo universitario che la pratica ospedaliera di un farmacista clinico statunitense.
Infatti durante le quattro settimane, mi è stata data la possibilità sia di assistere a varie lezioni teorico-pratiche presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Pittsburgh, sia di partecipare all’attività lavorativa del farmacista clinico, svolta in vari reparti dell’ospedale.
1. Lezioni presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Pittsburgh.
La durata della formazione universitaria di un farmacista clinico statunitense è sovrapponibile alla nostra, infatti a seconda della specializzazione scelta (1 o 2 anni) dura tra i 7 e gli 8 anni. Il costo, per l’intero percorso universitario, è di circa 200.000,00 dollari.
A fronte della partecipazione a circa una decina di lezioni teorico-pratiche, in diversi anni del percorso di laurea, le mie osservazioni/valutazioni sono le seguenti:
a. Gli studenti lavorano in team. Vengono suddivisi in gruppi, ciascuno composto da sei studenti. Ciascun gruppo, individuato da un numero progressivo, assiste alle lezioni condividendo lo stesso tavolo e svolgendo le relazioni insieme.
b. Le lezioni mi sono sembrate, nei primi anni, essenziali riguardo alle nozioni richieste. Ad esempio, quelle di farmacologia focalizzate molto su dosaggi, effetti collaterali ed interazioni, meno sui meccanismi d’azione. Anche perché, nell’ambito dell’iter formativo, l’approfondimento avviene sulle materie nelle quali lo studente decide di specializzarsi.
c. Gli studenti, sin dal primo anno, assumono nozioni riguardo i valori di esami di laboratorio dei pazienti (da quelli ematici a quelli di funzionalità degli organi), frequentano l’ospedale, svolgono esercitazioni con manichini che collegati a monitor simulano patologie sulle quali viene chiesto agli studenti di intervenire con soluzioni di variazione o integrazione di dosaggi dei farmaci.
In sostanza il percorso universitario integra, in modo funzionale, la parte teorica a quella della pratica clinica. Nell’arco degli otto anni lo studente si specializza nell’area scelta, raggiungendo un elevato livello di preparazione che lo rende, da subito, preparato alle esigenze assistenziali richieste nello svolgimento della sua attività lavorativa di farmacista clinico.
Tanto è vero che, nei colloqui per l’assunzione (interview), il candidato non viene sottosposto a domande tecniche tese ad appurare la sua preparazione ma piuttosto a quesiti comportamentali.
2. Esperienza presso alcuni reparti dei presidi ospedalieri dell’UPMC
La struttura ospedaliera dell’UPMC è articolato in vari presidi, alcuni di questi limitrofi alla Facoltà di Farmacia, altri dislocati in diverse zone della città di Pittsburgh.
A livello logistico, ho visitato, la Farmacia che riceve le richieste informatizzate, per le terapie farmacologiche personalizzate, dai vari reparti di alcuni dei presidi dell’UPMC. Tale struttura, è dotata di un sistema robotizzato per la dose unitaria dei farmaci, oltre ad una camera bianca per l’allestimento sia della nutrizione parenterale totale sia per quella degli antibiotici.
L’esperienza nei reparti è consistita nella partecipazione sia al giro visita con l’equipe medica sia alle riunioni di reparto.
Terapie intensive
L’UPMC ha tra le sue maggiori specialità, quella di eseguire un elevato numero di trapianti d’organo. In questo senso si concentrano importanti risorse economiche e di personale nelle terapie intensive. I reparti hanno in media 15-20 posti letto in camere singole con bagno e televisore, un infermiere segue 1-2 pazienti, in alcune terapie ci sono anche due farmacisti clinici ognuno segue dai 6 agli 8 pazienti.
L’équipe medica, formata da medico, farmacista ed infermieri, ognuno con un computer (cow), inizia il giro visite (round), davanti alla stanza del paziente anche alla presenza dei parenti. L’infermiere aggiorna sull’andamento clinico del paziente; il farmacista, che è aggiornato e ha studiato sia la terapia farmacologica sia i risultati di laboratorio (dal terminale legge tutti i dati in tempo reale del paziente), propone eventuali variazioni di dosaggio dei farmaci o integrazioni; il medico sintetizza ed eventualmente chiede al farmacista alternative farmacologiche.
In questi pazienti trapiantati che, oltre a patologie concomitanti, sono sottoposti a politerapie farmacologiche, il ruolo del farmacista risulta cruciale sia nella valutazione dei dosaggi dei farmaci e degli effetti collaterali sia nelle interazioni tra farmaci. Infatti, nello Stato della Pennsylvania è previsto dalla legge che un ospedale che effettua trapianti d’organo debba assumere il farmacista clinico.
Pronto Soccorso ed altri reparti
In Pronto Soccorso il farmacista clinico intervista il paziente, in particolare, riguardo alle terapie farmacologiche che sta assumendo. In alcuni casi, può verificare on line con le farmacie private (Comunity), quando il paziente ha ritirato i farmaci e quante confezioni, nel caso in cui i farmaci sono rimborsati dall’assicurazione del paziente). Le informazioni raccolte ed integrate, secondo una modulistica prestabilita, vengono inserite dal farmacista nella cartella clinica informatizzata del paziente.
Negli altri reparti visitati, Medicine e Geriatria, l’organizzazione complessiva è la stessa, ma i reparti hanno stanze a due letti, un unico farmacista di reparto e il rapporto infermiere-paziente è di 1 a 6.
Conclusioni
Il paziente, quale cliente-pagante, è veramente posto al centro dell’assistenza, viene informato quotidianamente di qualsiasi variazione avvenga nel suo ciclo di trattamento, ha un servizio di assistenza e comfort di altissimo livello, assicurazione permettendo!
Il sistema sanitario statunitense è molto lontano dal nostro, ma per alcuni aspetti specifici può essere calato nelle nostre strutture sanitarie. Va considerato un modello di riferimento per quanto riguarda l’aspetto della comunicazione tra le figure sanitarie (medico, farmacista e infermiere) e il paziente e tra le diverse figure professionali. Il paziente viene messo al corrente, passo dopo passo, sulla patologia e su tutti gli interventi clinico-diagnostici e terapeutici da attuare. Il paziente viene coinvolto nelle decisioni ed ha un ruolo chiave nella buona riuscita delle cure e nella prevenzione del rischio clinico. Il farmacista clinico informa il paziente su tutti gli aspetti peculiari della terapia farmacologica prescritta e ne valuta tutti gli aspetti oltre che dagli esami anche attraverso la raccolta di informazioni direttamente dal paziente.
Negli ospedali italiani il contatto del farmacista con il paziente, salvo qualche eccezione, avviene in fasi specifiche della gestione del farmaco, come per esempio la dispensazione del primo ciclo di terapia ai pazienti in dimissione, la dispensazione di alcune specifiche categorie di farmaci (per esempio i biologici). La comunicazione approfondita e specifica da parte del farmacista al paziente delle caratteristiche del farmaco (effetti collaterali, interazioni, tempistica di assunzione, modalità di conservazione) è un momento rilevante che andrebbe potenziato di più nelle nostre strutture attraverso la conoscenza dell’esperienza statunitense.
Anche la ricognizione e la riconciliazione sono due fasi di gestione del farmaco in cui il modello statunitense può essere considerato un riferimento. La ricognizione consiste nella raccolta di informazioni complete e accurate su farmaci e altri prodotti assunti dal paziente. La riconciliazione è il processo in cui si confrontano i farmaci assunti dal paziente, evidenziati nella ricognizione, con quelli indicati per la cura nella particolare circostanza. Nel sistema statunitense, in entrambe le fasi il ruolo del farmacista clinico è ben definito e preminente, in piena collaborazione con le altre figure professionali.
Nel panorama italiano, soltanto in alcune strutture o regioni (vedi l’Emilia Romagna) si è creato un percorso specifico per la conduzione delle fasi di ricognizione e riconciliazione della terapia farmacologica a garanzia di una decisione e di un’attuazione prescrittiva corretta e sicura.
In conclusione, la qualità del sistema sanitario statunitense, garantito dal numero del personale a paziente e dall’iper-specializzazione del personale sanitario, è da prendere come riferimento per quanto riguarda gli aspetti inerenti la gestione del rischio clinico e la riduzione degli errori di terapia farmacologica dove il farmacista clinico dà un contributo importante.
Tutti questi aspetti vengono affrontati fin dal primo anno del corso di laurea e la formazione viene fatta già nella fase-prelaurea in team e sul campo.
Ritengo quest’esperienza molto formativa proprio dal punto di vista di gestione clinico-farmacologica del paziente e di quella del rischio clinico e per quanto riguarda la mia attività ospedaliera reputo possibile adattarla a specifici percorsi di gestione. Questo stage organizzato da SIFO è un’occasione di crescita e confronto che rende merito alla società scientifica dei farmacisti ospedalieri e territoriali. I miei più sentiti ringraziamenti vanno alla Direzione Scientifica, alla Presidenza e al Consiglio Direttivo che hanno permesso lo stage, oltre che al personale della segreteria che ha seguito tutti gli aspetti organizzativi. Infine un ringraziamento va ai farmacisti clinici di UPMC che ci hanno accolto e seguito con cordialità e dedizione.
Elena Loche
Tra il 27 ottobre e il 21 novembre 2014, ho avuto l’occasione, insieme ad altri tre colleghi, di vivere un’esperienza di scambio-osservazione con l’imponente realtà statunitense dell’ UPMC (University of Pittsburgh Medical Center), una grande struttura di Pittsburgh, composta di varie sedi più o meno distaccate.
La nostra “guida” è stata Johnson (farmacista clinico) che ci ha seguito nelle nostre attività.
Siamo partiti per osservare le sfaccettature del farmacista clinico e per approfondire gli aspetti di questo affascinante ruolo ospedaliero.
Ma cos’è il farmacista clinico? Come si avvicina e come si può integrare nella nostra realtà ? Potrebbe essere il nostro futuro? Queste sono le domande che mi hanno spinto a sottoporre la mia candidatura alla SIFO per questa affascinante esperienza in un una realtà sotto tanti aspetti diversi dalla nostra. Prima di iniziare la mia descrizione che dividerei in due parti (ospedale, università) vorrei spendere due parole sull’altissima e spesso impressionante tecnologia che contraddistingue l’intera struttura.
UPMC (Montefiore, Presbyterian, Falk)
Il flusso del farmaco dalla prescrizione alla somministrazione è completamente informatizzato. Nei reparti e nei corridoi dell’ospedale ci sono decine di postazioni con PC, fisse e mobili o schermi sui quali passano ad intermittenza avvisi di ogni genere, slides a carattere informativo sanitario o sociale, sintetici reminder di procedure, alerts o report di farmacovigilanza o rischio clinico, tabelle di conversione, ad esempio di oppiodi. Vicino alle consolle infermieristiche ci sono maxi schermi in cui i pazienti ricoverati vengono visualizzati con il numero di letto e accanto delle icone che danno informazioni essenziali e immediate alle varie figure sanitarie salvaguardando la privacy del paziente. I farmaci sono somministrati praticamente solo con pompe infusionali e robot di vario genere si aggirano nei corridoi. Le stanze dei pazienti sono quasi sempre singole e attrezzate di ogni possibile dotazione. I farmacisti lavorano su tablet.
Abbiamo potuto visitare il nucleo centrale dell’UPMC (Montefiore, Presbyterian, Falk),  of Pharmacy, il Wiser e altre sedi universitarie, il Magee’s Womens Hospital e le sedi distaccate Shadyside Hospital e il centro di sostegno Birmingham Clinic.
Molti farmacisti ci hanno seguito e ci hanno illustrato le loro attività.
Cercherò di riassumere le varie sfaccettature di questo universo, ma forse le tre parole che lo sintetizzano possono essere tecnologia, standardizzazione, specializzazione.
Innanzitutto: dove si trova il farmacista clinico ? Prevalentemente, risponde Heather il primo giorno, si trova dove vengono prescritti molti farmaci, dove i DRG sono alti e dove l’assicurazione potrebbe non pagare.
In questo caso il ruolo del farmacista diventa fondamentale per evitare che ci siano somministrazioni di farmaci inadeguate (o non retribuite da assicurazione) o dannose.
Lo troviamo quindi ad esempio nelle terapie intensive, (in questa complessa struttura ospedaliera sono numerosissime e suddivise per area clinica, pronto soccorso (emergency), reparti con pazienti trapiantati (come ad es. di rene e fegato), medicina, geriatria, malattie infettive, oncologia, ematologia (ce ne sono circa un centinaio).
I farmacisti e la farmacia non gestiscono DM e/o IVD, né soluzioni di grande volume.
Come ambiti ho potuto osservare la terapia intensiva trapianti, terapia intensiva neurologica, reparto trapianti rene e reparto trapianti fegato, reparto medicina (bronco pneumologia), ambulatorio geriatrico, pronto soccorso.
Ma sono tutti uguali?
Non tutti i farmacisti sono allo stesso livello. La loro formazione e posizione gli consente di svolgere attività più routinarie o prevalentemente didattiche.
Altri farmacisti lavorano esclusivamente nella farmacia centrale.
Personalmente ho potuto visitarla solo due volte. L’ospedale è impostato sulla monodose. Ha due grandi robot che servono il nucleo centrale e anche gli acquisti vengono fatti da sede centrale. La struttura è accreditata JCI e ha una gestione completamente centralizzata delle formulazioni endovenose. L’adeguamento per la centralizzazione delle infusionali è costato 1 milione di euro, ma attualmente il servizio è coperto 24/24h (4 operatori specializzati per 8, 24h al giorno).
Nel nucleo che abbiamo visitato non si occupano di onco -ematologia. Hanno quindi una grande camera bianca per preparare le soluzioni infusionali, ma una piccola cappa.
Come aiuto hanno delle formulazioni mini-bag che possono essere preparate dalle infermiere al momento della somministrazione. Sono dei flaconcini di farmaco liofilizzato collegati con un raccordo a un mini-bag di diluente (da 100 o 250 ml). I farmaci (in dose unitaria) salgono ai reparti in buste personalizzate portati su dei carrelli. Per i multi dose hanno bustine rosa. Il flusso del farmaco, che come abbiamo detto è completamente informatizzato, prevede molti steps di controllo basati su riconoscimento di barcode. Per i farmaci ad alto rischio è previsto il doppio check del farmacista e gli elettroliti non sono presenti nei reparti. Vengono consegnati solo già diluiti e in percentuale ridotta. Oltre una certa percentuale non possono essere preparati dalla farmacia.
Il carrello di somministrazione è dotato di sistema di riconoscimento (barcode) sia per l’infermiera che per il farmaco che per il paziente per consentire assoluta tracciabilità.
Quello che mediamente accomuna il farmacista clinico (almeno a livello di reparto) è il giro visita e l’attività di verifica. Ogni farmacista ha circa 15-16 pazienti per il giro e circa 40 pazienti per la verifica. La mattina sono in reparto, il pomeriggio spesso fanno attività didattica. Ad esempio gli specializzandi preparano a turno degli approfondimenti su argomenti di interesse dell’ospedale.
Il farmacista clinico, che è estremamente specializzato già al momento dello svolgimento del corso universitario (es. trapianti, medicina interna, cardiologia, oncologia, geriatria, etc) occupa un ruolo centrale nel flusso “farmaco” che è strutturato come medico-farmacista-infermiera. Il farmacista clinico, che è al centro del flusso, deve convalidare la terapia prima della somministrazione ed è la figura sanitaria responsabile della riconciliazione.
Il sistema, completamente informatizzato, utilizza un software gestionale estremamente efficiente consentendo di visualizzare la terapia del paziente, lo sua storia clinica e tutte le attività che ha svolto in ospedale in quel ricovero e in quelli precedenti. Ogni attività viene tracciata (si annota persino se c’è stato un consulto pastorale) e le informazioni sono visibili in modo rapido e immediato. A livello di accettazione pronto soccorso il software permette di visualizzare uno storico ancora più ampio consentendo di visualizzare per molti pazienti anche le terapie dispensate dalle farmacie esterne (Community Pharmacies).
Questo aspetto è molto importante anche per la riconciliazione e per la farmacovigilanza. Abbiamo avuto modo di accompagnare il farmacista che se ne occupa e che ci ha accompagnato in visita al pronto soccorso. All’arrivo del paziente il farmacista ha un elenco di accettazioni da eseguire. Esegue un’approfondita intervista che permette di evidenziare la terapia in corso, allergie, storia clinica ed ogni altra eventuale criticità (storia familiare, dipendenze da fumo e/o droghe). Il sistema ha un programma separato, che accede a dati anche di altri ospedali e ai dati delle farmacie esterne (se disponibili).
La verifica in reparto invece, consiste nello scorrimento di ordini generati e ordinati dal sistema che si sottopongono al farmacista per la convalida. Il farmacista verifica la prescrizione per l’appropriatezza, il rispetto della dose massima e minima giornaliera, la compatibilità con le restanti terapie e con lo schema terapeutico, identifica eventuali eventi avversi. Ha a disposizione molte banche dati immediatamente disponibili. Convalida ad es. che il farmaco selezionato sia compatibile con la somministrazione.
Essendo fortemente specializzato viene preso in grande considerazione dal medico ed è di fatto la figura di riferimento per il “farmaco”.
Il giro visita consiste nello studio preliminare del “rounding report”, che raccoglie le principali informazioni sul paziente. In particolare sono riportati gli esami eseguiti (in genere ultime 36H), i valori ematici, la storia clinica, motivo del ricovero, precauzioni adottate per il ricovero, dati di peso, altezza e massa corporea (le bilance sono in giro e i letti spesso sono dotati di rivelatore di peso incorporato), allergie, isolamenti, dosaggi plasmatici etc. Nel giro il team è multidisciplinare e spesso ci sono medici di varia specializzazione. Nel reparto di medicina (bronco pneumologia) ho notato che era sempre presente anche il care manager (facilitatore per pratiche assicurative e amministrative, una figura infermieristica che si occupa della parte amministrativa e dei servizi sociali (gestisce un encounter report)).
L’infermiera che segue il paziente ricoverato spesso presenta il caso durante il giro visita. In alternativa lo fa uno dei clinici.
Il farmacista visualizza gli esami ematici, verifica i livelli plasmatici degli antibiotici o altri farmaci critici, propone delle modifiche di dosaggio se i livelli non sono adeguati. Molta attenzione viene data ad es. ai livelli di vancomicina e gentamicina, alla situazione renale (livelli creatinina) o ad eventuali alterazioni dei dosaggi plasmatici legati alla dialisi. Propone modifiche di schema farmacologico se si verificano effetti collaterali o se la terapia è superflua o ridondante, sia al momento del ricovero che durante il ricovero o quando ad esempio si modifica lo schema terapeutico. Verifica ad esempio che vengano rispettate le modifiche terapeutiche eventualmente decise (e che lui stesso può proporre) durante il giro visita.
Operativamente annota sul report le osservazioni da discutere durante il giro visita.
Quando si operano delle modifiche tutte le figure sanitarie interessate ricevono una notifica per la convalida del flusso.
Il giro coinvolge anche pazienti diciamo a degenza breve, qualcosa come il nostro day hospital (es outpatient transplant service center). In questo caso il farmacista ha il compito di assicurarsi che la terapia sia correttamente assunta dal paziente (lo definirei“riconciliazione, ricognizione post ricovero”). Esiste addirittura un servizio specifico (ala dello Shadyside) in cui un farmacista è dedicato alla “riconciliazione/ricognizione post ricovero” e al supporto per i pazienti geriatrici. La struttura (geriatria-gerontologia) è per pazienti in genere non ricoverati che fanno delle visite di controllo. Oltre a supportare il clinico, ad esempio spiegando la terapia durante e dopo la visita, questo farmacista è incaricato di contattare i pazienti critici ciclicamente, parlare con loro o con eventuali parenti o care-giver e assicurarsi che lo schema terapeutico sia adeguato e rispettato. Con una piccola licenza aggiuntiva possono somministrare i vaccini (ulteriore servizio offerto). Nel centro si fanno anche analisi di routine di controllo.
È aperto dalle 8 alle 16,30, per appuntamento.
Birmingham Clinic
L’altra faccia del dorato mondo della privatizzazione è questa struttura di sostegno per chi non ha una assicurazione attiva. Gli orari si spostano in funzione della disponibilità, perché oltre a due-tre strutturati tutto il resto del personale è volontario. Il farmacista effettua una lunga intervista e la dispensazione dei farmaci avviene utilizzando prodotti ad es. donati o recuperati perché in scadenza (3 mesi prima).
I flaconi vengono rietichettati e la catena principale di supermercati di Pittsburgh ha una sorta di convenzione che consente di avere facilitazioni per l’acquisto dei farmaci.
Il farmacista accoglie il paziente e fa una pre-visita se non ha già una cartella clinica attiva. Misura la glicemia e la pressione. Prende valori di peso e altezza. Effettua una lunga intervista su form predefinito per inquadrare lo stato generale e del paziente e la sua storia clinica-personale. Prepara la successiva visita con il clinico o i clinici che ritiene opportuno coinvolgere.
In questo luogo si toccano con mano le conseguenze di una sanità non per tutti anche per quello che noi considereremmo requisito minimo indispensabile.
Università
È incredibile vedere come l’impostazione del corso di studio sia già fortemente orientata alla praticità, essenzialità ed operatività. Le lezioni sono fortemente interattive e gli studenti sono spesso chiamati a svolgere simulazioni, test e autovalutazioni. Gli argomenti vengono trattati con essenzialità pratica e si insiste molto su: colloquio/intervista con il paziente, riconoscimento eventi avversi, riconoscimento della patologia, approfondimento degli effetti collaterali, delle modalità di somministrazione, delle interazioni tra farmaci e dosi consentite. Gli studenti imparano ad analizzare gli schemi terapeutici per evidenziare eventuali problematiche. Questo tipo di approccio li obbliga ad utilizzare le nozioni sui vari farmaci elaborandole in modo che possano essere utilizzate in modo pratico. Si abituano ad individuare gli errori di terapia.
Essendo fortemente specializzati perché scelgono l’indirizzo dopo i primissimi anni, si concentrano sulle problematiche farmaceutiche-farmacologiche di un gruppo di farmaci e patologie. Questo gli consente di essere, ed essere considerati veramente “esperti” di quel settore. Ogni test prevede una verifica da parte del tutor e ulteriore verifica fatta dai colleghi di corso. La verifica, così come l’apprendimento del colloquio con il paziente, è standardizzata e prevede l’assegnazione di un punteggio per ogni attività. Spesso le simulazioni utilizzano attori (anche professionisti) o manichini robotizzati. Il Wiser è il centro di simulazione con robot per la cardiologia. Il paziente robot reagisce alle terapie somministrate soffrendo e lamentandosi. La pressione, la glicemia, altri parametri come ad es. la frequenza cardiaca, misurati costantemente e visibili sul monitor salgono e scendono se il maldestro/i farmacista sceglie la terapia errata. in realtà sono quasi sempre gruppi di lavoro, quasi sempre gruppi di 6.
La percezione della variazione dei parametri vitali in funzione della terapia personalizzata ha altissimo contenuto educativo. Costringe lo studente ad utilizzare le informazioni in modo operativo (causa-effetto). Il percorso formativo è sempre standardizzato e sviscerato così da consentire un’analisi dei punti sui quali lavorare. Si lavora su case-reports e il farmacista deve imparare anche a svolgere la diagnosi della patologia e saper leggere i principali tracciati (ECG, etc). Spesso sono chiamati a preparare relazioni di gruppo e approfondimenti che poi devono esporre davanti a colleghi e ospiti che li giudicano su vari punti. Le valutazioni sono sempre standardizzate con punteggi. Dopo le esposizioni lo stesso gruppo che ha preparato l’esposizione, prepara un test di apprendimento per i colleghi di corso.
Sono formati in modo da essere loro stessi uno standard.
Concludo la mia relazione dicendo che quello che più mi mancherà è proprio la standardizzazione dei flussi, l’assenza di improvvisazione, la disponibilità immediata delle informazioni e l’altissima tecnologia che fanno sì che l’intera struttura si possa considerare una macchina quasi perfetta.
Ricalcherei assolutamente tutto con un pizzico di elasticità e inventiva in più, perché alcune volte uscire dagli schemi per osservarli dall’esterno aiuta a migliorarsi, approfondire e rendere il quotidiano meno noioso.
Sarebbe un peccato perdere la capacità di farlo.
Ringrazio di nuovo  per questa splendida opportunità.
Alessio Provenzani
A fine Ottobre, grazie ad un contributo spese offerto dalla nostra Società Scientifica, nell’ambito dell’Exchange Program, ho avuto la possibilità di recarmi nuovamente in America presso la prestigiosa Università di Pittsburgh per svolgere un periodo di tirocinio formativo della durata di un mese. L’esperienza è stata veramente entusiasmante, e, come è giusto che sia, non soltanto dal punto di vista professionale. Inoltre, per me, respirare nuovamente le atmosfere americane - mio nonno ha esercitato la professione di medico negli Stati Uniti per circa 35 anni - mi ha scatenato un enorme quantità di ricordi, odori e sapori che, fino a qualche anno fa erano ancora fortemente presenti nella mia famiglia ma che, oramai, per svariati motivi, non lo sono quasi più.
Ritornando all’esperienza professionale, ho osservato che numerosi fattori quali la crisi finanziaria americana/mondiale degli ultimi anni e la nuova riforma sanitaria del 2010 targata Obama, hanno messo fortemente in difficoltà il loro solidissimo sistema sanitario non universalistico, basato principalmente sulle assicurazioni private. Nonostante ciò, il farmacista clinico, ad oggi, è riuscito, non senza notevoli sforzi, ad evitare che venissero meno le condizioni necessarie per poter svolgere in modo professionale ed utile il suo lavoro, e cioè mettere sempre al centro di tutto il paziente. Il farmaco, di conseguenza, perde la sua centralità per rappresentare solamente un mezzo per il raggiungimento di un preciso fine: la salute del malato. L’obiettivo primario quindi, non è più, come avviene tutt’oggi in gran parte d’Italia e d’Europa, la preparazione e la distribuzione del farmaco, ma l’intervento farmacoterapico mirato alla guarigione o quantomeno ad una migliore qualità di vita del paziente.
In queste quattro settimane, entrando nel merito del mio periodo di tirocinio, oltre ad aver preso parte al giro visite in team con i medici di reparto e seguire alcune lezioni pratiche di Farmacia Clinica presso l’Università, ho avuto la possibilità di dedicarmi principalmente all’osservazione del servizio che gestisce le terapie antibiotiche (Antibiotic Management Program). Questo servizio, ad oggi diretto da un farmacista clinico, ha due obiettivi principali, da un lato quello di assicurarsi che tutte le terapie antibiotiche empiriche vengano prescritte in modo appropriato ed adeguato e di conseguenza senza sprechi, dall’altro quello di mantenere tutto il personale sanitario costantemente aggiornato e coinvolto in tutto ciò che riguarda la resistenza batterica e l’uso appropriato degli antibiotici e quindi delle risorse a disposizione. Entrando nel dettaglio, il programma prevede delle limitazioni per la prescrizione di specifici antibiotici, che richiedono una sorte di pre-approvazione prima della prescrizione e conseguentemente della somministrazione al paziente. Tra le categorie di farmaci che richiedono l’approvazione ritroviamo le cefalosporine di III generazione, gli inibitori delle beta-lattamasi, i fluorochinoloni, gli aminoglicosidi, i carbapenemi. Per ogni prescrizione di antibiotico facente parte di una delle sopra indicate classi, il farmacista, specificamente formato, reperibile 24/24 h, rilascerà al medico, nel caso di approvazione della prescrizione, un codice specifico per quella determinata terapia. Il codice verrà poi inserito dal medico in cartella clinica elettronica. In assenza di specifico codice l’infermiere ed il farmacista non sono autorizzati, rispettivamente, a somministrare e preparare il farmaco. Ovviamente il servizio non viene visto dal personale medico come un ostacolo o un’intrusione nel loro lavoro, ma come un momento di condivisione dei punti di vista e delle conoscenze, per garantire al paziente le terapie più adatte e sicure ed allo stesso tempo più economicamente sostenibili. Infine, la gestione delle infezioni gravi è un delicato equilibrio tra l’ottimizzazione delle terapie empiriche per ciascun specifico paziente, che sistematicamente ha dimostrato di migliorare i risultati e quindi l’eradicazione batterica, e la riduzione dell’utilizzo di antibiotici non necessari che possono contribuire alla resistenza antimicrobica.
Alla luce di tutto ciò e poiché la resistenza antimicrobica in Europa continua ogni anno a crescere, è necessario continuare a fare progressi nell’uso prudente degli antibiotici in ambiente ospedaliero e di comunità ed insistere nell’attuazione di programmi integrati migliorati, come l’esempio sopra riportato, per la prevenzione e il controllo di batteri antibioticoresistenti.
La SIFO, come Società Scientifica, ha dimostrato lungimiranza nel promuovere e condividere queste tematiche attraverso la sponsorizzazione del progetto “Antimicrobial Stewardship in Medicina: Impatto/implementazione della figura del Farmacista di Dipartimento e/o di Reparto nelle Aziende Sanitarie” che vedrà per la prima volta in Italia il Farmacista Clinico ufficialmente coinvolto in queste tematiche molto attuali ed importanti per il futuro della nostra professione e dei pazienti stessi.
Colgo l’occasione per concludere con una frase di un noto giornalista americano che diceva: “Suona la tua tromba perché nessuno la suonerà per te”. Credo che sia arrivato il momento per tutta la nostra categoria, di fare tutti gli sforzi possibili per affermare ufficialmente, anche grazie ai progetti svolti ed in atto, il ruolo del farmacista clinico nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale come figura capace di migliorare e ottimizzare con le risorse disponibili, la qualità delle cure.