La terra trema, il futuro no!

Martina Palmieri

Specializzanda SSFO Università degli Studi di Camerino;
Ospedale S. Maria della Pietà di Camerino (MC)

Da agosto alcune zone della nostra Italia stanno attraversando momenti difficili.
Vogliamo allora lasciare spazio alla testimonianza di una specializzanda
che vuole condividere, con la categoria, l’esperienza presso una farmacia ospedaliera
di una delle principali città terremotate.

Tutto ciò per dimostrare la grandezza della nostra professione

e che i farmacisti ospedalieri scendono sempre in prima linea.

La terra trema: mi butto sotto un tavolino con le mani sul pavimento e sento bollire il terreno sotto di me; esco di corsa e vedo solo buio e fumo, sento allarmi suonare e urla di gente.

Ci siamo di nuovo: il terremoto è tornato a devastare la mia amata città.

Passo la notte in macchina ospitando una mia amica studentessa, che è riuscita a scappare dalla sua casa camminando tra le macerie cadute nel centro storico.

Lo scenario è terrificante: dalla mia casa vedo buchi enormi sulle pareti dei palazzi, vedo macchine cariche di coperte e cuscini, gente disorientata che gira in ciabatte avvolta in coperte senza poter rientrare nelle proprie case e senza la minima idea di cosa dover fare.

È mattino e mi arriva subito la notizia che aspettavo: non ci sono morti; trovo quindi il coraggio di rientrare in casa e farmi una doccia per correre in ospedale, nella farmacia ospedaliera dove oramai da quattro stupendi anni sto svolgendo il mio tirocinio di specializzazione, sapendo che oggi saremo l’unica farmacia aperta della zona montana e che dovremo coprire un territorio vasto e mal collegato che va da Castel Sant’Angelo sul Nera a Camerino.

Entro e si comincia subito a lavorare cercando di mettere ordine ai bisogni nati dall’emergenza; anche il personale della farmacia è stato colpito dal sisma ed alcuni non possono rientrare a lavoro perché scappati dalle loro case situate nella zona rossa della città. Siamo pochi e sconvolti, ma non c’è tempo di pensare perché il campanello d’entrata della farmacia e i telefoni suonano continuamente. Entrano persone impaurite che, scappate nella notte dalle proprie case, girano ancora in pigiama o con qualche vestito recuperato di corsa. Non hanno più nulla e non sono potute rientrare per recuperare niente, tantomeno i loro medicinali. Si rivolgono a noi chiedendo di poterli recuperare perché non possono farne a meno, ma nella confusione e paura non ne ricordano neanche i nomi ed allora ci si arrangia. Di qualcuno mi ricordo che era stato dimesso da poco dal nostro ospedale, quindi salgo in reparto e cerco le lettere di dimissione per rintracciare la terapia, di altri cerco di contattare i medici di medicina generale i quali sono in grande difficoltà, perché non riescono ad accedere ai loro database. Case di riposo crollate, personale degli ambulatori infermieristici che non riesce a recuperare nulla dalle macerie e quindi ordini da rifare senza poi sapere di preciso dove mandare farmaci e presidi, chiamate ripetute a numeri di telefono a cui non risponde più nessuno, carcere evacuato con pazienti ricondotti in altre strutture…nel caos si cercano comunque soluzioni per i casi più urgenti.

È tutto assurdo, specialmente perché tu sei terremotato quanto loro, ma devi riuscire ad offrire un servizio con mente lucida, nervi saldi e la professionalità che contraddistingue la nostra categoria di farmacisti ospedalieri, pronti ad essere sempre in prima linea.

E da quel 26 ottobre, ogni mattina ricominci cercando una normalità nel disastro e quando varchi l’ingresso dell’ ospedale capisci che in molti hanno dormito lì, appoggiati su qualche sedia nel bar dove tutti i giorni vai a prendere il caffè macchiato con la tua collega e che negli ambulatori si sono accampati infermieri, medici e oss che come te, nonostante siano stati colpiti in casa e nell’animo dal terremoto, non hanno potuto né voluto abbandonare la loro missione. Perché in effetti mai come in questi momenti capisci che il tuo lavoro è una missione, una passione e ne comprendi e apprezzi l’utilità. Non ci si può tirare indietro e già prima che ogni Istituzione muova qualcosa per organizzare un piano d’aiuto alla popolazione, noi siamo già lì, sul campo a rispondere a quei telefoni e ad aprire quelle porte per dare aiuto e risposte a chi per il momento ha solo domande da porre. In questi giorni ho conosciuto ancor di più la grande forza e importanza del mio ospedale, che dopo un sisma del genere non è stato neanche minimamente colpito e che è stato punto di riferimento per tutta la cosiddetta gente della montagna, che non avrebbe altrimenti saputo dove andare. Un ospedale forte e prezioso che sa dare risposte e che cresce sempre di più anche grazie ai rapporti che legano tutti quelli che ci lavorano, una grande famiglia dove ci si conosce tutti e si collabora in ogni cosa, un presidio a cui voglio dire grazie.

Per noi, come farmacia, il lavoro è per il momento cambiato perché cambiato è il territorio che ci circonda: siamo tornati tutti a lavoro, ma c’è chi ancora non è rientrato nelle proprie case e sa che probabilmente per i prossimi vent’anni non ci rientrerà, abbiamo un nuovo centro di costo a cui imputare la rendicontazione del sisma 2016, abbiamo perso delle strutture che facevano riferimento a noi perché distrutte e non vediamo più pazienti cronici che ormai conoscevamo da anni perché ora probabilmente, per ritirare i loro farmaci, si rivolgeranno agli ospedali della costa.

Poi, a mente leggermente più lucida, pensi al tuo futuro. Tu, che hai scelto di scommettere tutto nella tua città, ora hai paura. Qui ci sei cresciuta, sei diventata dottoressa e stai per specializzarti; qui c’è la tua vita, ci sono tutti quelli che ti hanno insegnato qualcosa o molto, ci sono quelli con cui hai fatto progetti, ci sono quelli che hanno scommesso su di te e quelli con cui ogni mattina hai preso il caffè ed a cui hai confidato i tuoi sogni. Qui per me c’è tutto e per fortuna ci sono ancora tutti quindi, oltre che offrire tutto ciò che ho da offrire, sto cercando di non perdere la speranza. Aggiusteremo le nostre case, rivedrò la sede della mia Scuola di Specializzazione in piedi, ricomincerò a vedere la fila di studenti alla fermata dell’autobus e reincontrerò tutti i miei concittadini che per il momento hanno trovato appoggio verso la costa. Mi auguro che la fratellanza che ho visto in questa catastrofe si mantenga anche quando torneranno tempi migliori e che le istituzioni non ci lascino soli a breve.

La frase che sta scandendo le nostre giornate per ora è Il futuro non crolla e io non crollo e così credo che sarà veramente perché come si dice la gente della montagna non molla!