Gli autori dei poster vincitori


A cura di Andrea Pasquale
Comitato Unico di Redazione Editoria SIFO




Conoscere i risultati del lavoro che svolgiamo, da anni costituisce un punto di estremo interesse per aumentare le conoscenze scientifiche necessarie per la nostra professione. Abbiamo ritenuto interessante anche scoprire qualcosa in più sui nostri autori, come ad esempio l’input che ha spinto i colleghi ad interessarsi di un determinato argomento o la “fiducia” che ripongono nei loro lavori. È importante capire cosa si aspettano dal loro “prodotto”, a chi pensano possano essere utili i dati presentati, se hanno voglia di continuare su questo filone di ricerca e, soprattutto, come vedono l’applicazione della loro esperienza in contesti più allargati. Un aspetto interessante che va necessariamente investigato è il rapporto che, inevitabilmente da una parte e fortunatamente dall’altro, hanno avuto nello sviluppo dei loro lavori con le altre figure professionali sanitarie e non che ruotano intorno al Sistema Sanitario, di cui gli abstract e gli articoli che trovano spazio nelle riviste della nostra Società Scientifica sono il frutto da noi fruibile. Negli elaborati ben raramente vengono riportate le difficoltà cui si è andati incontro e dichiararle apertamente potrebbe essere monito per tutti a non arrendersi alle prime difficoltà, ma a perseguire un obiettivo.
Sono queste le riflessioni che hanno portato all’idea di sottoporre e raccogliere in questa rubrica le interviste ai colleghi, cui vanno i nostri ringraziamenti per avere accettato l’invito a rispondere, vincitori con i loro lavori dei premi al XXXV Congresso Nazionale SIFO.




l’intervento del farmacista nell’educazione terapeutica del paziente pediatrico per promuovere l’aderenza alla terapia immunosoppressiva
di Adriana Adamo, Piera Polidori
E-mail: adriana.adamo44@gmail.com


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

Il problema dell’aderenza alla terapia è un fattore che ci troviamo ogni giorno a dover affrontare, soprattutto in pazienti che assumono politerapie. Nel mio caso specifico assume un valore particolarmente rilevante perché la terapia immunosoppressiva rappresenta, attualmente, una scelta terapeutica obbligata, sia nella fase successiva ai trapianti d’organo che per la gestione di patologie autoimmunitarie.
La terapia immunosoppressiva è una terapia continuativa e a lungo termine. Pertanto la completa aderenza al piano terapeutico da parte del paziente risulta un punto cruciale per garantire il successo del trapianto. Affrontare il problema dell’aderenza nella popolazione pediatrica è una questione molto delicata, perché prima occorre infondere nei genitori la consapevolezza che la terapia immunosoppressiva rappresenta una condicio sine qua non affinché sia possibile la gestione della patologia o che il trapianto abbia successo e poi insieme, far comprendere, con un linguaggio adatto alla sua età, al piccolo paziente che dovrà prendere i farmaci immunosoppressori per tutta la vita e che non dovrà mai dimenticarli.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Penso possa essere utile sia al personale infermieristico e ai coordinatori per i trapianti, che sono a più stretto contatto con il paziente, soprattutto durante un ricovero in ospedale, sia al personale medico ospedaliero. Questo perché occorre parlare al paziente e ai suoi familiari, che lo aiuteranno a gestire la terapia domiciliare una volta dimesso, di “aderenza alla terapia” prima che venga eseguito un trapianto, o nel momento in cui venga intrapresa questa terapia in caso di malattie autoimmunitarie per infondere l’importante ruolo che i farmaci immunosoppressori rivestono. Tutte le figure professionali devono essere coinvolte in questo percorso educativo, affinché si instauri una consapevole motivazione all’assunzione del farmaco e vengano rispettate le regole per un’adeguata gestione del processo terapeutico.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Io e il Direttore del Servizio di Farmacia, la dott.ssa Piera Polidori, abbiamo più volte incontrato i pediatri e la Responsabile del Servizio Infermieristico pediatrica dell’Istituto. Devo dire che tutti loro hanno accolto con positività il progetto, hanno partecipato alla programmazione delle attività da realizzare per impostare un piano di educazione al paziente e al genitore, coinvolgendo anche gli infermieri di reparto, e sono stati molto disponibili nella revisione del materiale prodotto (schede informative dei farmaci, libretti sul trapianto e relativa terapia e gestione domiciliare diretti alle famiglie e al pediatra di libera scelta).


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

La difficoltà maggiore è stata superare la diffidenza di alcuni genitori e di alcuni adolescenti. Con umiltà ho cercato di instaurare un dialogo, fare capire che il mio ruolo non era quello di rimproverare o intromettermi nella gestione domiciliare della terapia, ma che mi potevano vedere come una risorsa in più su cui potevano fare affidamento per chiarire alcuni dubbi e curiosità che potevano aver maturato durante la gestione domiciliare della terapia.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

In accordo con il pediatra, all’atto della dimissione o durante le visite ambulatoriali, si può stampare uno schema con la terapia del paziente stabilendo gli orari più opportuni per l’assunzione dei farmaci rispettando così le più corrette modalità di assunzione rispetto ai pasti e cercando di ridurre il più possibile potenziali interazioni farmaco-farmaco e farmaco-cibo. Consegnando al paziente un foglio con la propria terapia schematizzata e fissando gli orari che rispecchino il più possibile le sue abitudini è possibile aumentare l’aderenza alla terapia.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

Assolutamente sì, perché per i pazienti trapiantati quest’attività di informazione è molto importante. Sono stati realizzati dei libretti informativi sul trapianto d’organo pediatrico e sulla terapia immunosoppressiva e la sua gestione domiciliare da consegnare ad ogni nuovo paziente. Inoltre, il farmacista continuerà questo processo educativo volto a migliorare l’aderenza, spiegando al paziente/familiare la sua terapia all’atto della dimissione e consegnandogli, insieme ai farmaci, anche le relative schede esplicative sui farmaci in terapia.
Abbiamo anche elaborato un corso FAD gratuito sul trapianto di fegato in età pediatrica, rivolto a tutti i medici e i farmacisti coinvolti nella gestione di questi pazienti speciali e se qualche collega è interessato possiamo fornirgli l’accesso. Il corso scadrà a febbraio 2015.




STRATEGIE TERAPEUTICHE PER IL MANTENIMENTO DELLA REMISSIONE CLINICA STABILE NEL PAZIENTE AFFETTO DA ARTRITE REUMATOIDE IN TERAPIA CON FARMACI BIOTECNOLOGICI
di Alessandro Brega, Sabrina Beltramini, Maria Attilia Grassi, Mattia Riondato, Marco Amedeo Cimmino, Maurizio Cutolo, Giuseppe Zampogna
E-mail: lallobrega@hotmail.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

Il lavoro è iniziato con la mia tesi di specializzazione in Farmacia Ospedaliera dove ho affrontato l’argomento dei farmaci biotecnologici nel trattamento dell’Artrite Reumatoide; con l’occasione ho frequentato più volte il reparto di Reumatologia e mi sono avvalso del contributo di un Reumatologo con il quale è iniziata una collaborazione proseguita anche dopo la discussione della tesi.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Il lavoro potrebbe essere utile a Reumatologi, ma probabilmente anche in altri ambiti dove questi farmaci vengono utilizzati per la cura di patologie autoimmuni, come in Gastroenterologia, dove trovano applicazione ad es. nella Rettocolite ulcerosa e nel morbo di Crohn o nella Dermatologia con la psoriasi a placche moderata-grave.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Come anticipato in precedenza mi sono confrontato con la figura del Reumatologo, con il quale abbiamo da subito condiviso l’obiettivo che riguardava l’analisi delle differenti strategie terapeutiche adottate per il mantenimento della remissione clinica nel paziente affetto da artrite reumatoide e in trattamento con farmaci biotecnologici.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Fortunatamente non abbiamo trovato difficoltà particolari durante lo svolgimento del lavoro se non il reperimento dei dati dalle cartelle cliniche dei pazienti.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

Sarebbe interessante continuare nell’osservazione dei pazienti in trattamento per avere dei dati sul lungo periodo; ma sicuramente anche lo sviluppo di uno studio multicentrico potrebbe rappresentare una buona occasione per confrontarsi con altre realtà.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

Ho cambiato sede lavorativa, pertanto non potrò seguire gli sviluppi futuri, ma mi auguro che ci possa essere una continuazione e magari un coinvolgimento di più Strutture Sanitarie.




GLI ANTI PSORIASICI: UNO STUDIO ITALIANO DI EFFECTIVENESS
di Alessandro Chinellato, Alessandra Bettiol, Roberta Pirolo, Jenny Bolcato, Giulia Franchin, Paola Deambrosis,
Gianni Terrazzani, Pietro Giusti
E-mail: achinellato@ulss.tv.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

La migliore conoscenza di una patologia che prevede l’utilizzo di farmaci biologici importanti e che, se da un lato potrebbero migliorare lo stato di salute dei pazienti, dall’altro notevole potrebbe essere l’impegno di spesa pubblica.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Ai medici e ai pazienti affetti da tale patologia.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Per sviluppare correttamente l’analisi le figure che sono state coinvolte sono stati farmacologi e medici dermatologi, che ci hanno permesso di comprendere meglio le dinamiche terapeutiche e patologiche. L’architettura dello studio è stata sviluppata con gli stessi che hanno aderito con entusiasmo.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Non sono state riscontrate difficoltà di rilievo.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

Ci si è proposto di valutare una sottocorte di popolazione affetta da artrite psoriasica.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

L’applicazione sarà prevalentemente medica cui demandare i risultati dello studio.




ADALIMUMAB, ETANERCEPT ED USTEKINUMAB NEL TRATTAMENTO DELLE PATOLOGIE INFIAMMATORIE CRONICHE DELLA PELLE: ANALISI CLINICA DELLA LORO EFFICACIA TERAPEUTICA
di Andrea D’Alessio, Giacomo Caldarola, Rita Fraschetti, Valentina Della Sala, Elisabetta Manca, Loredana Secondino, Magda D’Agostino, Clara De Simone, Ketty Peris, Laura Fabrizio
E-mail: andrea.dalessio80@yahoo.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

Mi interessano molto i farmaci biologici e le patologia per le quali soni indicati. L’idea è nata con il congresso di Bari dove ho presentato un primo poster che riguardava la compliance dei pazienti affetti da psoriasi e trattati con i farmaci biologi. Questo stesso poster l’ho poi presentato anche al 71° Annual Meeting dell’American Academy of Dermatology.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

A tutti i colleghi che si occupano di biologici. L’utilità è semplicemente quella di “vedere ai fini pratici” quanto questi farmaci siano efficaci.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Mi sono confrontato con i Dermatologi del mio centro, il Policlinico Gemelli, che ad onor di cronaca hanno subito mostrato interesse ed entusiasmo per la mia proposta, mettendomi a disposizione qualsiasi ausilio per il reperimento e la raccolta dei dati.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Assolutamente no. I Dermatologi mi hanno fornito tutte le informazioni di cui avevo bisogno e sono poi stato supportato da colleghi che mi hanno dato una mano nello sviluppo dell’analisi statistica dei dati ottenuti.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

Mi piacerebbe sviluppare anche il discorso dell’onicopatia legata alla psoriasi, che purtroppo non ho potuto sviluppare per mancanza di tempo.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

Sicuramente. Ormai sono due anni che sto lavorando su questo progetto che mi sta dando tantissime soddisfazioni. Sto pensando di sviluppare uno studio di efficacia Psoriasi vs Artrite Reumatoide.




ANALISI DI APPROPRIATEZZA E ADEGUAMENTO DEGLI SCHEMI TERAPEUTICI CONTENENTI ONDANSETRON SULLA BASE DELLA NOTA INFORMATIVA AIFA IN IRCCS-IRST
di Corradina Della Luna, Paolo Silimbani, Laura Crudi, Carla Masini, Sara Antaridi, Valentina Di Iorio, Antonio Maugeri, Caterina Donati, Martina Vittoria Minguzzi
E-mail: corradina.dellaluna@irst.emr.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

L’idea è nata da un’esigenza da affrontare nella Farmacia dell’IRCCS-IRST dove svolgo la mia attività, in questo caso la Nota Informativa AIFA sul rischio di prolungamento dose-dipendente del QTc e di aritmie cardiache correlate all’uso di Ondansetron. Infatti, in qualità di Responsabile di farmacovigilanza, diffondo agli operatori sanitari operanti all’interno della struttura di appartenenza, le informazioni provenienti dalle Autorità Regolatorie (EMA, AIFA, FDA, Agenzie Nazionali), relative alla sicurezza dei medicinali. Tra queste hanno grande rilevanza le Note Informative Importanti, che hanno diversi obiettivi: educare sull’uso appropriato del farmaco; trasmettere ai medici nuove conoscenze; modificare modalità prescrittive.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Questo lavoro ritengo essere utile ai farmacisti ospedalieri, ma anche ai medici oncologi che devono prescrivere schemi chemioterapici e agli infermieri.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Le figure con cui mi sono dovuta confrontare sono stati i colleghi farmacisti e gli oncologi all’interno dei gruppi multidisciplinari di patologia. Infatti in IRST il farmacista di patologia, analogamente al farmacista di reparto, collabora con i clinici oncologi ed ematologi nell’ambito dei Gruppi di Patologia, così organizzati: Gruppo Mammella, Gruppo Gastroenterico, Gruppo Toracica, Gruppo Uro Ginecologico, Gruppo Immunologia e Melanoma, Gruppo Ematologia, Gruppo Radiometabolica, Gruppo di Osteoncologia e tumori rari.
Ciascun Gruppo è costituito da un team multidisciplinare (medici oncologi ed ematologi, biologici, data-manager e farmacisti ospedalieri) che collabora, ognuno con le specifiche competenze, al fine di migliorare l’intero percorso di cura del paziente.
Settimanalmente il Gruppo di Patologia si riunisce per discutere collegialmente le criticità interne nonché per condividere decisioni cliniche e terapeutiche; collaborare nella stesura di linee guida interne; aggiornarsi sull’andamento delle attività di sperimentazione in corso; condividere le problematiche relative all’impiego di farmaci di nuova immissione in commercio e conseguentemente mettere a punto nuovi protocolli terapeutici.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Il lavoro è stato notevolmente facilitato dall’alto livello di informatizzazione del nostro istituto; interrogando opportunamente il database per la gestione delle terapie oncologiche è stato infatti relativamente semplice ottenere tutte le informazioni riguardanti gli schemi di terapia contenenti ondansetron. Il lavoro più impegnativo è stato il confronto diretto di ogni schema di terapia con le raccomandazioni della Nota Informativa sulla base della quale sono stati individuati gli schemi non conformi e in un secondo momento modificati. In questo è risultata cruciale la collaborazione con il team dei colleghi e con gli oncologi.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

Nello specifico lavoro abbiamo approfondito tutti gli aspetti importanti e necessari, anche se occorre sottolineare l’importanza di una continua e attenta valutazione dei farmaci, in maniera particolare di quelli oncologici che sono prescritti nel nostro istituto. Infatti, poiché i metodi di autorizzazione alla commercializzazione si evolvono, portando i nuovi farmaci ad essere disponibili precocemente sul mercato, il ruolo della sorveglianza attiva come “un approccio sistematico“ per la sicurezza dei pazienti è fondamentale.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

Le indicazioni previste dalla nota informativa trovano un’applicazione sistematica nelle attività di routine. Il percorso di informatizzazione del processo terapeutico consente di coniugare obiettivi di efficienza e di efficacia orientati al miglioramento dei risultati e delle garanzie per il paziente.
Gli archivi degli schemi terapeutici, che sono archivi elettronici e dinamici, consentono di gestire in modo programmato le informazioni quali anagrafica degli schemi terapeutici; elenco dei principi attivi, solventi e diluenti, dosi e modalità di somministrazione dello schema di riferimento.
Tutte queste informazioni da standardizzare sono raccolte tramite alcuni documenti: Scheda tecnica, Scheda di sicurezza del produttore, certificati di analisi, documenti particolari come in questo caso le Note informative importanti.




STUDIO PILOTA SU UNA NUOVA MODALITÀ DI EROGAZIONE DEL PARACETAMOLO NEGLI ANZIANI AFFETTI DA OSTEOARTROSI AFFERENTI AL DISTRETTO DI CORREGGIO
di Sara Di Pede, Alessandra Ferretti, Daniela Zoboli, Carmela Curinga, Paolo Giorgi Rossi, Massimo Vicentini,
Pamela Mancuso, Morena Pellati, Alberto Gandolfi, Mauro Miselli, Corrado Busani, Daniela Riccò
E-mail: saradipede84@libero.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

L’idea è nata da una criticità riscontrata nella pratica clinica dei MMG emersa in seguito all’analisi di dati di prescrizione SSN sui FANS e relativa al trattamento dell’osteoartrosi. La maggior parte delle linee guida che affrontano il trattamento dell’osteoartrosi indicano che il farmaco analgesico di prima scelta per il trattamento di questa patologia è il Paracetamolo al dosaggio di 3g/die; i Fans sono raccomandati come farmaci di seconda scelta, mentre l’impiego degli Oppiodi è raccomandato solo dopo il fallimento delle altre terapie. Non essendo il Paracetamolo rimborsato SSN, i medici riferiscono che a gran parte dei pazienti affetti da dolore osteoarticolare cronico (affezione che colpisce per la maggior parte anziani) prescrivono FANS ai quali in molte occasioni associano PPI per effettuare la gastroprotezione. Ci siamo dunque chiesti se la mancanza di una preparazione a base di Paracetamolo prescrivibile a carico SSN potesse effettivamente limitarne il suo utilizzo nella pratica clinica dei MMG, inducendo i medici ad una maggiore prescrizione di FANS erogati gratuitamente in base alle Nota AIFA 66 per non gravare sulla condizione economica dell’anziano. Questa nostra ipotesi è stata confortata da un’analisi condotta nell’ambito di un progetto della A usl di Reggio Emilia inerente le politerapia nell’anziano, che ha riguardato le cartelle cliniche di 600 anziani ricoverati presso alcune case di riposo della provincia di Reggio Emilia dove il Paracetamolo è fornito gratuitamente; tale analisi ha rilevato come il Paracetamolo rappresenti l’analgesico più utilizzato in assoluto e il ricorso ai FANS e OPPIOIDI sia sporadico.
Il nostro studio si è proposto quindi di valutare l’effetto di una nuova modalità di dispensazione del Paracetamolo sulle prescrizioni di FANS, PPI (spesso associati ai Fans per prevenire il rischio di emorragie gastrointestinali) e OPPIOIDI da parte dei MMG. In particolare abbiamo sperimentato l’erogazione gratuita del Paracetamolo su prescrizione del MMG da parte del servizio farmaceutico dell’AUSL.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Penso che il nostro lavoro possa essere di grande utilità ai medici di medicina generale, i quali hanno presumibilmente un numero elevato di pazienti anziani affetti da osteoartrosi essendo questa la più comune patologia reumatica. Essi potrebbero quindi prescrivere il farmaco più appropriato senza gravare sulla condizione economica del paziente anziano.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Le informazioni necessarie allo sviluppo del progetto sono pervenute da diverse figure professionali, in particolare epidemiologi, farmacisti e medici. Il lavoro è stato sempre accolto positivamente e con entusiasmo e questa è stata una condizione fondamentale per lavorare in un clima sereno, collaborativo e produttivo.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Trattandosi di uno studio innovativo, le difficoltà hanno riguardato principalmente la definizione puntuale del disegno dello studio e la sua progettazione in termini organizzativi. Queste difficoltà sono state comunque ampiamente superate grazie al contributo apportato da ciascuna delle figure professionali coinvolte.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

A mio avviso, un aspetto da implementare è la parte dedicata al questionario che è stato rivolto ai MMG a fine studio per valutare la fattibilita’ del nuovo programma di erogazione del Paracetamolo in termini di compliance dei pazienti, dei MMG e di organizzazione del punto di erogazione del farmaco. Sarebbe infatti interessante intervistare direttamente i pazienti che sono stati protagonisti di questa esperienza per desumere il loro effettivo grado di soddisfazione.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

Si prevede un presieguo del lavoro attraverso la sua applicazione a tutti i Distretti dell’Ausl di Reggio Emilia. Infatti, oltre ai risultati positivi raggiunti in termini di diminuzione delle prescrizioni di Fans e Oppioidi in seguito alla erogazione gratuita del Paracetamolo, abbiamo riscontrato un buon grado di soddisfazione del Progetto da parte dei MMG arruolati e un generale apprezzamento da parte di tutti i MMG dell’ Azienda a cui il Progetto è stato presentato in occasione di un corso di formazione in tema di osteoartrosi.
La nostra ambizione è che tale esperienza possa essere di supporto a organismi di competenza regionale e nazionale per interventi volti a rendere il Paracetamolo effettivamente in pratica clinica il farmaco di prima scelta in questa categoria di pazienti.




ANALISI COMPARATIVA DI EFFICACIA DEI FARMACI BIOLOGICI NEL TRATTAMENTO DELL’ARTRITE REUMATOIDE NELL’AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA DI FERRARA
di Daniela Fedele, Rossella Carletti, Anna Marra, Ilaria Farina, Carlo Crespini, Marcello Govoni, Paola Scanavacca
E-mail: danyfedele@hotmail.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

Negli ultimi anni ho collaborato attivamente alla realizzazione di un audit clinico in ambito reumatologico, finalizzato al monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva dei farmaci biologici nel trattamento dell’artrite reumatoide in riferimento alle raccomandazioni stilate da un panel di esperti della Regione Emilia Romagna. Dato il mio particolare interesse per il suddetto contesto clinico, ho deciso di realizzare il mio progetto di tesi di specializzazione in Farmacia Ospedaliera in tale ambito, ponendomi come obiettivo oltre la verifica dell’appropriatezza prescrittiva, anche la valutazione dell’efficacia di tali farmaci utilizzando indicatori presenti nelle suddette raccomandazioni.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Questo lavoro è frutto di una stretta collaborazione tra farmacisti e reumatologi, i quali, anche grazie a quest’analisi hanno ottenuto un importante riscontro degli effetti della loro quotidiana pratica clinica.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

La collaborazione con i reumatologi è stata preziosa per la conduzione dell’analisi: il team dell’audit era, infatti, composto da farmacisti e clinici. Gli obiettivi, i risultati e l’analisi dei dati dell’audit sono stati condivisi dapprima con i componenti del team, e poi con tutti i reumatologi afferenti all’U.O. di Reumatologia. La condivisione del lavoro ed i suoi risultati sono stati molto apprezzati dai clinici che hanno potuto avere riscontro in termini di efficacia delle terapie prescritte nella pratica clinica.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

La fonte dati utilizzata (database regionale) era stata strutturata per finalità diverse (obiettivi di appropriatezza regionali) e quindi è stato necessario più volte consultare le cartelle cliniche cartacee e confrontarmi per alcuni aspetti clinici con i reumatologi prescrittori.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

Dai database consultati ho estratto ulteriori dati, dai quali si potrebbe trarre spunto per future analisi in ambito farmacoeconomico e farmacoepidemiologico.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

In questi ultimi mesi ho cambiato sede di lavoro, ma questo non esclude eventuali applicazioni dei metodi utilizzati in questa nuova realtà o eventuali future collaborazioni con i colleghi con i quali ho collaborato per il proseguio del lavoro intrapreso in passato, con nuovi spunti di indagine.




TRATTAMENTO IN PRIMA LINEA DI MELANOMA STADIO IIIC/IV CON BRAF INIBITORI VS CHEMIOTERAPIA: PRIMI OUTCOME CLINICI PRESSO LO IEO
di Costantino Jemos, Martina Milani, Domenica Sardone, Emanuela Omodeo Salè
E-mail: costantino.jemos@ieo.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

Lo sviluppo di nuovi farmaci per il trattamento del melanoma metastatico ha creato l’opportunità e la necessità di una verifica nella pratica clinica reale dell’impatto delle nuove molecole sugli outcome nella patologia.
Per questo, essendo parte del Coordinamento Nazionale dell’Area dell’Oncologia della SIFO, ho proposto, insieme alla mia Direttrice e Coordinatrice dell’Area Oncologica stessa, la dr.ssa Omodeo Salè, uno studio pilota presso l’Istituto Europeo di Oncologia che potesse poi essere eventualmente ampliato ad altre strutture. Il progetto è stato presentato al Direttivo SIFO ed approvato.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Il lavoro è parte di un più ampio approccio alle decisioni in sanità che è rappresentato dall’outcome research in real practice, finalizzato a conoscere meglio i nuovi farmaci, o le nuove pratiche, in popolazioni non eccessivamente selezionate come invece avviene generalmente nei trials clinici.
Quindi certamente tutti i decisori, sia clinici che amministrativi, possono utilizzare dati di questo tipo per analisi di budget impacting e pianificare in modo più preciso l’allocazione delle risorse. Inoltre in questo modo è possibile creare conoscenza utilizzando fonti indipendenti e cultura legata all’appropriatezza prescrittiva.
Ovviamente l’impatto di un lavoro basato sulla pratica reale dipende dalla numerosità dei soggetti osservati, l’osservazione di un campione limitato ad un solo centro ha impatto sulle decisioni relative al centro stesso a meno che non generi nuove conoscenze. Uno studio multicentrico, invece, potrebbe avere impatto anche a livello di decisioni generali sulle politiche di assistenza e sulla pianificazione della spesa a livello regionale e nazionale.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Il coinvolgimento degli oncologi ed in particolare della dr.ssa Cocorocchio e del dr. Ferrucci è stato fondamentale per chiarire alcune informazioni riportate in cartella clinica e soprattutto perché i dati da cui siamo partiti per le nostre analisi sono generati dall’attività clinica.
Fin da subito abbiamo riscontrato l’interesse e la piena collaborazione da parte della clinica, che ha il nostro stesso obiettivo, ovvero di poter monitorare i risultati nella pratica e la speranza di identificare fattori prognostici, algoritmi decisionali e valutazioni oggettive delle proprie performances


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Il lavoro è stato molto più ampio di quanto riportato nei tre posters inviati al congresso, di cui due premiati a testimonianza della rilevanza del progetto stesso.
La creazione del database con l’individuazione delle informazioni utili alle analisi è stata la prima difficoltà. Un buon database è il fondamento di un lavoro che possa portare a delle conclusioni.
La seconda difficoltà è stata l’interpretazione dei dati riportati nella documentazione sanitaria ed in questo la collaborazione del clinico è indubbiamente di primaria importanza.
La terza difficoltà è stata ricondurre a gruppi omogenei i soggetti considerati nell’analisi osservazionale.
Di fondamentale importanza è stata la collaborazione di tutto il team di ricerca, formato da una tesista dell’Università di Pavia (Domenica Sardone), dai farmacisti dell’Istituto Europeo di Oncologia, dagli oncologi e dalla Direzione della Farmacia, Dr.ssa Omodeo Salè.
Difficoltà di carattere più tecnico e bias di studio sono purtroppo parte ineliminabile di studi di questo tipo. Ad esempio, confrontare gruppi che sono stati selezionati per terapie diverse e non randomizzati è chiaramente metodologicamente sbagliato ed il tempo di osservazione era ancora troppo limitato per la valutazione di outcome quali l’OS che è certamente il più significativo nella valutazione di farmaci come Ipilimumab, ma anche i criteri di valutazione di risposta diversi (RECIST per chemio e target therapy e irRC per immunoterapia) identificano già un bias rilevante nella valutazione di ORR tra gruppi diversi.
Infatti il lavoro non ha come scopo finale il confronto di efficacia tra terapie diverse, ma l’effectiveness di terapie nuove ed il loro impatto sugli esiti attesi. Non è nostro compito dimostrare se i nuovi farmaci siano più o meno efficaci dei vecchi, perché non raggiungeremo mai il livello di significatività statistica di uno studio registrativo, ma possiamo verificarne l’impatto sulla pratica clinica nella maniera più descrittiva possibile soprattutto in determinate categorie di pazienti con Performance Status elevato, anziani, politrattati o con insufficienze d’organo, categorie usualmente poco rappresentate nei trials.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

Assolutamente sì, ci stiamo già lavorando. Dobbiamo infatti considerare che Ipilimuab, Vemurafenib, Dabrafenib e Trametinib sono solo i primi farmaci entrati in commercio in questa patologia che era da molto tempo orfana di trattamenti farmacologici efficaci, ma oggi in pipeline esistono diversi altri farmaci tra i quali i promettenti anti PD1 e anti PDL1, altri MEK inibitori ed anti BRAF. Nel medio periodo potremo passare da un panorama in cui la scelta terapeutica era tra Dacarbazina, Fotemustina, Temozolomide e regimi con taxani, al presente in cui la scelta clinica è complicata più che altro dalla valutazione della progressione in immunoterapia e dalla corretta sequenza di linee terapeutiche nei pazienti BRAF mutati (prima BRAF inibitore o immunoterapia in prima linea?) ad un futuro molto complesso con molti alternativi terapeutici caratterizzati da meccanismi di azione sovrapponibili tra cui scegliere.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

Stiamo ultimando con i nostri statistici la valutazione dei risultati aggiornati a fine settembre sui pazienti trattati nel 2012 e 2013. L’applicazione sistematica di attività di monitoraggio e raccolta dati clinici è, a mio parere, l’unico modo per avere una visione corretta e chiara dei cambiamenti in clinica. Tuttavia questo tipo di attività richiede tempistiche lunghe, risorse e capacità di interagire positivamente con la clinica.
Lo sviluppo di strumenti quali la cartella clinica digitalizzata, i registri AIFA e le banche dati epidemiologiche come il tumor registry, possono essere strumenti importanti per il nostro lavoro. Noi, come singoli operatori e come Società Scientifica, dobbiamo essere pronti a guidare questo sviluppo e a trovare le giuste strategie e metodologie per utilizzare l’imponente mole di dati che sono racchiusi in questi strumenti.
Per molto tempo le farmacie ospedaliere hanno avuto accesso a molti dati di consumo, ora siamo in grado di integrarli con dati di outcome clinico. Credo dovremo imparare ad usare questa opportunità per aumentare la nostra cultura e contribuire al miglioramento della pratica clinica.




ANTIMICROBIAL STEWARDSHIP: PROCESSO MULTIDISCIPLINARE PER LA PREVENZIONE DELLE RESISTENZE E DELLE INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA. UN ANNO DOPO
di Paola Saturnino, Ida Monti, Carmela Simona Serio, Carmela Russo, Alessandro Perrella, Gerardino Amato,
Raimondo Biondi, Filomena Carotenuto, Luigi Contino, Umberto Padiglione, Giuseppe Pellone, Anna Miele, Ciro Coppola, Franco Paradiso, Angela Gallo
E-mail: saturnino-62@libero.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento. L’idea è “nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro” o “frutto di una curiosità particolare”?

Il mio interesse per l’antibiotico terapia e per la prevenzione delle infezioni ospedaliere, è cominciato con la mia attività professionale presso la grande Azienda Ospedaliera “Antonio Cardarelli” di Napoli. Sin dai primi anni, avevo notato un largo uso di antibiotici soprattutto nella profilassi chirurgica. I pazienti, che dovevano essere sottoposti ad interventi complicati, venivano trattati anche tre giorni prima, con antibiotici ad ampio spettro. Con il passare del tempo, quest’uso eccessivo ed inappropriato, ha indotto un notevole aumento delle resistenze che, ovviamente, ha ridotto le opportunità terapeutiche per i pazienti infetti. Aumento delle resistenze, non supportato dalla sperimentazione, quindi il numero dei principi attivi efficaci si riduceva sempre più. Ci siamo trovati di fronte ad infezioni non trattabili con i principi attivi in commercio, e spesso le unità operative inviavano in Farmacia antibiogrammi di emoculture veramente sconcertanti, perché il microrganismo risultava resistente a tutto. Di infezione batteriche si moriva e si muore ancora! Quanto detto, mi ha indotto a rivolgere sempre più il mio interesse verso la sorveglianza dell’uso degli antibiotici, da sola con grande difficoltà, fino a quando nel collaborazione con il CIO, è stato istituito il programma di Antimicrobial Stewardship.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Il nostro è un approccio multidisciplinare, coinvolge tutti, dal microbiologo, al clinico che stabilisce la terapia, al farmacista che ne valuta l’appropriatezza, all’infermiere che la pratica e che deve praticarla senza contagiare il paziente. È coinvolto anche chi ha responsabilità di gestione, per il contenimento della spesa, come le Direzioni Strategiche.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Il reperimento dei dati è stato effettuato valutando le richieste motivate e le cartelle cliniche. È stata fondamentale la collaborazione con il CIO ed in particolare con i referenti della Direzione Sanitaria e della Direzione Infermieristica, con i quali c’è stata condivisione e ottima collaborazione.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Il confronto con i clinici è stato all’inizio alquanto difficoltoso, in quanto non sempre apprezzavano la nostra “intromissione” nelle loro decisioni, ammettevano con difficoltà i loro errori e non tolleravano che un farmacista potesse contestare la terapia stabilita dal medico. Nel sottolineare il nostro ruolo, la Direzione Sanitaria ci ha dato un grande appoggio, è stata dura! Ma ci siamo riuscite. Qualcuno ha anche affermato, che il nostro ruolo nel gruppo, è “fondamentale”.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Dopo circa 4 anni, ritengo, che si sono avuti buoni risultati, anche se c’è ancoro molto da sviluppare, soprattutto l’intervento sull’ingiustificata profilassi medica e chirurgica, consuetudine ancora “dura a morire”.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistemica?

L’Antimicrobial Stewardship deve continuare, è necessario perseverare nel monitoraggio, nell’aggiornamento di protocolli e delle linee guida e non “abbassare mai la guardia”. Colgo l’occasione, per ringraziare le due giovani colleghe (le under 40 del gruppo) Carmela Simona Serio, tirocinante prima e oggi farmacista frequentatore e Ida Monti specializzanda all’ultimo anno, che mi affiancano ormai dal 2011 e 2012, rispettivamente. Con loro ho condiviso e condivido ancora la promozione del “buon uso degli antibiotici”, con tutte le difficoltà interne ed esterne ed anche la soddisfazione di essere riuscite, noi tre, nel nostro piccolo, a cambiare qualcosa; e non ultima, la soddisfazione di essere state premiate.




INDAGINE CONOSCITIVA: LA NUTRIZIONE ARTIFICIALE A LIVELLO NAZIONALE
di Davide Zenoni, Teresa Angelini Zucchetti, Vincenzo Fasano, Elena Loche, Antonella Risoli
E-mail: davide.zenoni@bolognini.bg.it


Cosa ti ha spinto ad affrontare e sviluppare tale argomento, l’idea è nata da un problema che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro o è frutto di una curiosità particolare?

Che la corretta alimentazione sia necessaria per allungare la vita è una verità assoluta. Purtroppo, dal punto di vista scientifico, non è molto semplice dimostrarlo. Inoltre, va considerato come la cultura nutrizionale, quella per intenderci che mira a prevenire e a trattare la malnutrizione, sia purtroppo così poco diffusa presso i luoghi di ricovero e di cura nel nostro paese. Proprio in virtù di quest’ultima annotazione, valutate alcune realtà campione, analizzati i pochi dati di letteratura, abbiamo ragionato, come gruppo di nutrizione clinica, sul ruolo del farmacista SSN e come questo sia inserito nell’ambito della gestione della nutrizione artificiale in ospedale e sul territorio. A tal proposito abbiamo ideato un questionario mirato a rilevare nei vari aspetti gestionali e professionali, ospedale-territorio, il ruolo del farmacista e lo abbiamo inviato a tutti i soci SIFO.


A quali figure professionali oltre i farmacisti ospedalieri ritieni possa essere utile il tuo lavoro?

Oltre ai farmacisti pensiamo che le principali figure coinvolte debbano essere medici, infermieri professionali, dietisti, psicologi e figure manageriali sia di presidio (ADI) sia a livello regionale.


Con quali figure sanitarie ti sei dovuto confrontare nel reperimento delle informazioni? Come hai spiegato il tuo scopo e quali sono state le reazioni alle tue proposte?

Le figure sanitarie che abbiamo coinvolto sono stati prevalentemente farmacisti e possiamo dire che vi è stata ampia disponibilità, sia nella compilazione del questionario, sia nel voler creare una rete che possa garantire a tutti un punto di riferimento.


Hai trovato delle difficoltà particolari nello sviluppare il lavoro? Come le hai risolte?

Le principali difficoltà sono state legate alla stesura del questionario. Per poter dare significato statistico ai dati raccolti, occorre molta attenzione alla redazione delle domande in relazione alle informazioni che si vogliono acquisire. Con questa filosofia di pensiero abbiamo elaborato il questionario.


Ci sono degli aspetti che non hai potuto affrontare ma che ritieni di sviluppare in seguito?

Altre sono le voci che avremmo voluto approfondire quali: normativo, medico-legale, chimico-fisico, il reparto , il territorio, il rapporto con altre società scientifiche ed infine fare rete.


Prevedi un prosieguo del lavoro o una sua applicazione sistematica?

Sicuramente non ci fermiamo qui. L’idea ora è quella di sviluppare le voci identificate nel punto 5. Come fare? Semplice! Con fantasia e voglia di FARE.